A spasso per Roma (5). Il vero Alfredo, re delle fettuccine

Intervista a Ines Di Lelio che oggi gestisce il ristorante con sua figlia Chiara

Un giorno Augusto visitò la tomba di Alessandro Magno in Egitto e ne volle una simile per sé. E non è come se oggi, tornando da New York, volessi costruirmi la casa di Carrie Bradshaw di fronte al Colosseo. Ciò che desiderava realmente Augusto era l’immortalità. Che poi, va detto, ebbe una morte logisticamente complicata. Morì a più di 200 km da Roma, dovettero trasportarlo qui dalla città dei Gigli, ebbe due orazioni funebri e i senatori lo portarono a spalla fino al Campo Marzio dove venne cremato. Neanche a farlo apposta, un vecchio pretoriano giurò allora di aver visto salire al cielo il fantasma dell’imperatore. Voilà, rimane leggenda immortale nei nostri libri, su Wikipedia e davanti ai nostri occhi, appunto in piazza Augusto Imperatore. Va detto altresì che, proprio davanti al monumento descritto da Strabone nella sua “Geografia”, c’è chi nello scorso secolo ha portato Roma oltreoceano, allargando al nuovo mondo i confini dell’impero della cucina romana. Da Il vero Alfredo nasce la leggenda immortale delle fettuccine al doppio burro, per gli americani le impareggiabili “fettuccine alla Alfredo”.  Da Marilyn Monroe a Frank Sinatra, da Ava Gardner a Liz Taylor, da John Wayne a Terence Hill, non c’è divo che non si sia seduto nel ristorante aperto da Alfredo Di Lelio per la prima volta nel 1908.

Abbiamo chiesto a Ines Di Lelio, che oggi gestisce il ristorante con sua figlia Chiara, che tipo era il nonno Alfredo.  

Mio nonno aveva un carattere forte. Era nato nel 1883 a Santa Maria in Trastevere in una famiglia numerosa non abbiente, non aveva una grande istruzione, era stato un ragazzino di strada ma non come lo si può intendere oggi. Conobbe a 14 anni il suo amico Ettore Petrolini che era del rione Monti. All’epoca – racconta Ines – c’era rivalità tra i rioni Trastevere e Monti e i ragazzi si scontravano nelle famose sassaiole. In uno di questi scontri Petrolini fu colpito, gli uscì il sangue e mio nonno lo soccorse e lo portò ad una fontanella, così nacque la loro amicizia. Ognuno prese poi la propria strada, ma negli anni ’30 Petrolini, che aveva già raggiunto il successo, un giorno andò a trovare nonno al locale e gli disse ‘fammi vedere cosa sai fare!’. Nonno in quegli anni era già famoso per le sue fettuccine. Petrolini gli suggerì allora di scattare fotografie ai personaggi illustri che frequentavano il locale e appenderle al muro perché – disse – ‘così le persone tornano anche per vedere le loro foto’.

Le pareti del ristorante sono infatti piene di magnifiche fotografie, ma come nacque la ricetta delle fettuccine alla Alfredo?

Ava Gardner con Alfredo

Questo piatto è nato in modo casuale e romantico: quando nonno aprì la piccola trattoria nel 1908, inizialmente situata in piazza Rosa, la moglie, con cui abitava in un paio di stanze proprio sopra al locale, era incinta di mio papà. Partorì, come tutte le donne dell’epoca, dentro casa. Siccome era un po’ prostrata e affaticata dal parto, lui che adorava la moglie, giovanissima, di Trastevere anche lei, le preparò un piatto molto nutriente. Fece le fettuccine all’uovo condite con una crema di burro di panna e parmigiano freschissimo, e mia nonna si tirò talmente su che gli disse di metterle sul menù della trattoria.  Le famose bionde! Nonno amava il suo lavoro, curava i suoi clienti tavolo per tavolo, le fettuccine venivano portate al tavolo su un piatto ovale dove lui le mescolava con delle movenze, una sorta di balletto al suono della tarantella, si muoveva con un’arte che ammaliava i clienti, aveva una personalità magnetica. Era empatico, rispettoso, educato, ma aveva una incredibile confidenza con re e regine, presidenti, attori, perché tutti andavano da lui. Ci sono tanti aneddoti da raccontare su personaggi che lo amavano tantissimo..

Ad esempio?

Ad esempio Ava Gardner era innamorata di mio nonno, abbiamo una fotografia in cui si guardano in modo languido e quando poi è stato male (e purtroppo dopo due anni morì) lei gli mandò a casa un fascio enorme di rose rosse. Nonno era una persona che lasciava il segno, al di là delle fettuccine che curava personalmente. Nel 1927 gli furono regalate due posate d’oro con la dedica incisa “To Alfredo the king of the noodles”, da due famosi attori del cinema muto: Mary Pickford e Douglas Fairbanks.

Liz Taylor

Vennero a fare la luna di miele a Roma, mangiarono nel locale di mio nonno che in quel momento era in via della Scrofa e lui ogni volta preparava per loro piatti particolari. Loro erano estasiati e dopo una settimana, prima di partire, gli regalarono queste posate. Ritornarono più volte a Roma a trovarlo e ci fu un’eco di questa storia in America.

Grazie a loro gli attori americani volevano mangiare qui con le posate d’oro, ci fu un passaparola mondiale. Un aneddoto carino – continua Ines – è quello accaduto con Liz Taylor. In quel periodo, dopo la morte di mio nonno, gestiva il ristorante mio padre e Liz Taylor venne qui nel tempo con tutti i suoi mariti. Dunque con Eddie Fisher, poi Richard Burton, e tutti gli altri, e faceva la fotografia con le posate d’oro o con le bionde, insieme al marito del momento. Allora lei ogni volta che veniva diceva “No Alfredo, no!” e copriva la vecchia fotografia. Dopo il quinto marito e la quinta fotografia coperta mio padre le disse che era meglio fare la foto insieme a lui. Infatti abbiamo la fotografia di Liz Taylor, nel giorno del suo compleanno, con mio padre e la torta.

John Wayne

Poi John Wayne che a Roma andava al Plaza e quando non poteva venire si faceva mandare le fettuccine in albergo…

Cosa significa per lei avere questa attività ed essere parte di questa storia?

Mio papà seguiva le orme del padre, facevano orari massacranti, non c’era neanche la chiusura della domenica. Io e mio fratello se volevamo vedere papà dovevamo andare al ristorante, quindi anche a Natale, Capodanno, Pasqua, la domenica, per me questa è stata come una seconda casa. Per questo quando è morto mio fratello purtroppo otto anni fa, ho abbandonato la mia professione e ho iniziato a gestire il ristorante. Non era il mio lavoro ma avendo vissuto qui fin da bambina alla fine me la sono cavata. Il mio palato lo avevano educato i miei genitori nel corso degli anni, saper riconoscere la qualità degli ingredienti è oggi molto importante. Mi piace come questa storia è cominciata, con un piatto preparato per amore, e allora vado avanti.

Cosa è cambiato?

È cambiato il modo di mangiare, prima si faceva un pasto completo, c’era una tradizione, si perdeva più tempo a tavola. È cambiato il cliente, i clienti stranieri adesso sono pochi, i ricchi spendono molto nei vini, vengono molti giovani, molti romani. In questi ultimi anni abbiamo riempito il locale di romani, soprattutto il fine settimana quando le famiglie fanno la passeggiata in centro. Certo abbiamo passato brutti momenti, speriamo bene.

 

La vita è una combinazione di pasta e magia. Federico Fellini

 

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