A spasso per Roma (7). Il Caffè Greco, luogo di pace dal 1760

Intervista al titolare l’Ingegner Carlo Pellegrini

Anche se adesso si chiama come lui questo crocevia con via Condotti e, proprio sul palazzo in cui aveva vissuto, c’è una targa grande così, Carlo Goldoni non fu apprezzato dal pubblico sguaiato di Roma, ancora amante dei soli burattini. Papa Gregorio XIII, per di più, vietava alle donne il palcoscenico, conferendo ai personaggi femminili della sua commedia, interpretati da castrati, un carattere lascivo che lui mal sopportò. Roma non fu proprio in grado di capirlo ma lui, dalle sue quattro stanze in via del Corso, osservò le liti, le baruffe, le urla dei vicini e tutto riversò in uno dei suoi capolavori. Pure passeggiò, come noi questa mattina, in questo tratto di strada, che lo stesso Gregorio XIII battezzò, facendovi passare nel sottosuolo le condutture dell’acqua Vergine, via della Condotta. E immaginiamo che, proprio di fronte al palazzo in cui fino alla morte abitò Marconi, Goldoni deve essersi fermato, come intendiamo fare subito, a prendere un caffè. Infatti, proprio mentre per la prima volta andava in scena Pamela Maritata, apriva in via della Condotta il Caffè Greco. Era il 1760.

“In quell’epoca nascevano in Europa i primi caffè. – racconta l’Ingegner Carlo Pellegrini, titolare dell’Antico Caffè Greco – Questa bevanda proviene dal Medio Oriente, la portarono qui mercanti turchi e greci. Era greco infatti Nicola della Maddalena che aprì questo caffè forse anche prima del 1760. Indichiamo questa data perché in quell’anno fu fatto un censimento da cui risultava esistente, ma era citato già, nelle memorie di Casanova, un caffè in via della Condotta che presumiamo fosse appunto il Caffè Greco”.

Quando diventò un punto di ritrovo per artisti e intellettuali?

Nell’Ottocento, in pieno romanticismo, è aumentata la notorietà del Caffè Greco, che era soprannominato il caffè tedesco perché molto frequentato da letterati tedeschi, ma anche da persone provenienti un po’ da tutto il mondo. Si incontravano tra questi tavolini mentre poi sui campi di battaglia si sparavano addosso. Il Caffè Greco è sempre stato un luogo di pace in cui ci si ritrovava.

Nella foto, scattata nel 1948, ci sono Aldo PalazzeschiGoffredo PetrassiMirko BasaldellaCarlo LeviPericle Fazzini (in piedi), Afro BasaldellaRenzo VespignaniOrfeo Tamburi (primo piano), Libero de LiberoSandro Penna (in piedi),  Lea PadovaniOrson WellesMario MafaiEnnio FlaianoVitaliano Brancati

 

Sarebbe bello se avesse questo ruolo ancora oggi…

Attualmente stiamo organizzando degli incontri, prendendo spunto dall’attuale crisi, per dare luogo ad un confronto sul tema di questa guerra in Ucraina che è assurda. E assurdo è il fatto che assuma toni di censura nei riguardi degli intellettuali. Ci sarà un bel contraddittorio con inviti a personaggi autorevoli, sarà aperto al pubblico e veicolato sui social. Non si capisce bene cosa abbia a che vedere la storia e la letteratura con questa guerra. Il Caffè Greco è sempre stato un luogo d’incontro, una volta c’erano i tavolini dei polacchi, i tavolini dei russi, i tavolini dei tedeschi…

Cosa li attraeva?

Innanzitutto il caffè che era una novità. Poi, la posizione geografica strategica del Caffè Greco perché era in centro ma affacciava su Roma nord e da lì arrivavano tutti i turisti dell’epoca. Si trattava in genere di giovani di buona famiglia per i quali era quasi un obbligo educativo fare un periodo di permanenza in Italia, che era la culla della civiltà occidentale. Al caffè abbiamo ancora una cassetta del fermoposta, quegli avventori che non avevano una dimora stabile davano come proprio recapito il Caffè Greco. Abbiamo anche in archivio una sorta di rubrica con gli indirizzi di tanti personaggi, alcuni dei quali poi sono diventati famosi.

Nella sala Omnibus si tenevano le cene degli intellettuali e degli artisti, c’è un motivo per cui sceglievano proprio questa sala?

Il motivo è molto semplice, fino ad una certa epoca Omnibus era l’unica sala. All’inizio quella che oggi noi chiamiamo la prima e seconda sala erano adibite a retrobottega. Entrando al Caffè Greco, a destra, dove adesso c’è il bancone, c’era un passaggio per entrare nella sala Omnibus che era l’unica sala e che è oggi comunque la sala più importante in quanto più antica.  Tutti adesso amano la sala rossa ma la sala rossa inizialmente era una rimessa per carrozze e cavalli, infatti ha un ingresso in via delle Carrozze. Successivamente diventò una sala da biliardo che neanche faceva parte del Caffè Greco. Fu acquisita dalla famiglia Gubinelli, in seguito Gubinelli-Grimaldi, che ha gestito il Caffè da metà Ottocento fino al Duemila, quando hanno venduto a noi.

Perché il nome Omnibus?

Perché, nella forma, la sala ricorda proprio un omnibus. L’omnibus era una carrozza collettiva. Ha quella forma allungata perché in realtà prima era un cortile coperto con un lucernario che ancora esiste.

È veramente nato al Caffè Greco l’uso della tazzina piccola da caffè come la usiamo oggi?

È riportato su alcuni testi autorevoli, ma insomma “si dice” che la tazzina fu inventata qui. Durante il periodo napoleonico, con il blocco navale imposto a causa della guerra fra Napoleone e la Gran Bretagna, fu impedito il commercio delle spezie provenienti dall’Oriente, tra le quali c’era il caffè. Così il caffè era diventato un prodotto difficile da reperire e molto costoso. Il Caffè Greco inventò la tazzina piccola per ridurre la quantità di caffè offerta. Dunque aumentarono il prezzo, ridussero la quantità usando una tazza più piccola ma continuarono a servire vero caffè, a differenza di altri commercianti che sostituirono il caffè con surrogati come orzo, cicoria.. Il Caffè Greco ha sempre avuto la vocazione a distinguersi per la qualità.

Se oggi mi siedo al Caffè Greco cosa mi consiglia di ordinare?

Qualunque dolce offerto dalla nostra pasticceria, ovviamente oltre al caffè. Noi sul caffè non risparmiamo, scegliamo i migliori fornitori e facciamo il caffè con 9 grammi, mentre normalmente lo si fa con 7, il nostro caffè è quindi molto più intenso. Ma la novità è la pasticceria che è stata introdotta dalla nostra famiglia quindici anni fa. La nostra è una pasticceria fatta con ingredienti naturali, senza additivi, senza prodotti di stampo industriale, fatta giorno per giorno.

Il Caffè Greco attrae ancora la clientela di una volta, quindi artisti e intellettuali, o è cambiata?

Le cose nel tempo sono cambiate, via Condotti è diventata via della moda nel periodo della dolce vita, è diventata la via del lusso. Dopo la caduta delle Torri Gemelle si è sviluppato il business dei voli low cost, per far fronte alla crisi del trasporto aereo, quindi la clientela è cambiata ancora, si è esteso il turismo anche a popolazioni che magari vent’anni fa non venivano a Roma. Ad esempio, in questi ultimi due anni, nonostante le restrizioni per il Covid, sono venuti al Caffè moltissimi sudamericani, poi gli arabi, e c’è sempre la clientela più tradizionale quindi tedeschi e americani.

I romani?

I romani non frequentano in maniera continuativa, ma siamo per molte famiglie una tradizione: a Natale vanno al Caffè Greco o per il compleanno della nonna. Ci sono anche molti giovani che portano la fidanzata perché è un locale con un fascino particolare, diverso dagli altri. Il Caffè Greco è un luogo di lusso, di qualità, ma è al tempo stesso popolare, siamo su strada e chiunque alla fine può permettersi un caffè da noi.

In passato si è parlato di sfratto, quali sono gli attuali rapporti con il proprietario dell’immobile?

Noi abbiamo una vicenda di tensione forte con l’Ospedale Israelitico che è appunto proprietario delle mura. C’è in essere un contenzioso, il Ministero dei Beni Culturali si è costituito in giudizio al nostro fianco.

Qual è il motivo dello sfratto? Hanno aumentato il prezzo dell’affitto?

No, fanno girare voci incontrollate e pettegolezzi in cui si dice che vogliono 180.000 euro al mese ma un’offerta reale non l’hanno ancora fatta. Loro non intendono accettare il dettato costituzionale per cui un bene di pubblico interesse, anche se di proprietà privata, comporta il sottostare a determinate limitazioni. Noi non possiamo ad esempio spostare il Caffè Greco altrove, portare via tutte le opere d’arte, gli arredi storici, il personale e la licenza per spostarci da un’altra parte. Anche la licenza d’esercizio è tutelata dal Ministero con uno specifico Decreto del ‘53 che sostanzialmente tutela l’attività del Caffè Greco in quanto storica. Non si riesce ad uscire da questo contenzioso. Abbiamo anche fatto un’offerta di raddoppio del canone, un canone di 20.000 euro che ci siamo offerti di portare a 40.000.

Cosa vogliono?

Vogliono che andiamo via per metterci un loro gestore ma l’azienda è nostra, non possono farlo. Si è costituito il Ministero dei Beni Culturali e secondo il parere dell’Avvocatura dello Stato se l’Ospedale Israelitico vuole mandare via gli attuali proprietari dell’attività, deve comprare l’azienda. Noi comunque vorremmo trovare un finanziamento e comprare le mura, in questo modo il Caffè Greco verrebbe salvato.

Perché, loro vorrebbero trasformarlo in qualcos’altro?

Loro non dicono nulla ma è facile intuire che il Caffè non può garantire introiti che possano coprire gli attuali affitti di via Condotti. Sono insostenibili per una caffetteria. In questo la pandemia ci sta aiutando: sembra che adesso anche i grandi marchi siano in affanno con questi affitti fuori da ogni collegamento con la realtà economica dell’attività.

Quali sono le difficoltà nel gestire un’attività con arredi storici ed opere d’arte così accessibili ad un vasto pubblico?

Premesso che tenere in piedi un’attività non è facile, e questi ultimi due anni sono stati un vero disastro economico, poi c’è la responsabilità del restauro e il problema dell’utilizzo di certe cose. Ad esempio il turista che con una spinta può far cadere a terra un tavolino che, in quanto fatto con marmo antico, si rompe. Abbiamo anche pensato di inchiodare a terra i tavolini, non è facile conciliare la pubblica fruizione con la tutela dei reperti storici. Nel bar, che è molto frequentato, le persone che si avvicinano al bancone, con la spalla sfiorano le cornici delle specchiere che sono rivestite in foglia di oro zecchino. Noi nei periodi buoni facciamo più di mille caffè e settecento cappuccini al giorno al banco bar, ogni giorno duemila persone entrano e di queste almeno il dieci per cento si mette su quel lato e appoggia inevitabilmente la spalla sulla cornice, e l’oro va via. Siamo imprenditori è vero, però noi al Caffè Greco vogliamo bene! Perciò anche se domani ci facessero un’offerta d’acquisto accettabile dell’attività, a noi resterebbe un grande rammarico…

 

“Tutti cercan di fare quello che fanno gli altri. Una volta correva l’acquavite, adesso è in voga il caffè.” Carlo Goldoni (La Bottega del Caffè)

 

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