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Da un Tweet alla condanna: Minzolini colpevole di diffamazione contro Virginia Raggi

Il giornalista ed ex senatore di FI ad agosto 2017 pubblicò un post su tweet definendo l'allora sindaca "demente, incapace, intellettualmente disonesta"

Dopo sette anni, il tribunale ha scritto la parola fine su una vicenda che mescola politica, social media e giustizia.

Augusto Minzolini, ex direttore del TG1 ed ex senatore di Forza Italia, è stato condannato per diffamazione ai danni dell’ex sindaca di Roma, Virginia Raggi. Il motivo? Un tweet al vetriolo, pubblicato nell’agosto del 2017, che oggi gli costa caro.

L’episodio:

Il 5 agosto 2017, Minzolini, collaboratore de Il Giornale all’epoca dei fatti, inciampò in una buca durante una passeggiata nella Capitale.

Quell’incidente fu la miccia per un duro attacco social contro Virginia Raggi, all’epoca sindaca di Roma da un anno. Il tweet, oggi al centro della condanna, conteneva espressioni pesanti: Raggi venne definita “demente, incapace, ignorante” e “intellettualmente disonesta”.

Un linguaggio che andava ben oltre la critica politica, come hanno stabilito i giudici. Quelle parole, più che un’opinione, erano un vero e proprio attacco personale, mirato a delegittimare la figura pubblica della sindaca.

La querela per diffamazione:

La pentastellata non lasciò correre, presentando querela per diffamazione nei confronti del giornalista: “Pensò di prendersela con me e mi insultò pubblicamente su Twitter – ha ricordato su Facebook Virgiia Raggi -. Quella strada dove è caduto non era di competenza di Roma Capitale, quindi il Sindaco non poteva intervenire e non aveva alcuna responsabilità. Ma non è questo il punto. Nulla giustifica quegli insulti: io non me li ‘tengo'”

Il processo e la sentenza:

La giustizia ha stabilito che Minzolini ha superato i confini della libertà di espressione, trasformando un commento politico in un’offesa personale.

Per questo, il tribunale lo ha dichiarato colpevole di diffamazione, ribadendo che i social media, anche se percepiti come spazi informali, non sono terre di nessuno: chi li usa deve rispettare le regole della convivenza civile.


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