Gianfranco Marinelli, l’artigiano dell’elettrodomestico

La storia di un protagonista del commercio locale in un'intervista nel suo negozio a Centocelle in via dei Frassini 126

Gianfranco Marinelli, classe 1941, ci accoglie cordialmente nel suo negozio GIMAR di via dei Frassini 126 a Centocelle e, dopo le rituali presentazioni, esordisce così: “Sono tanti, troppi anni che sto sulla breccia, l’età si fa sentire ogni giorno di più, e penso seriamente di mollare”.

Nel corso dell’intervista che ci concede (sono con mio figlio Enzo Luciani – le foto sono le sue), emergerà invece tutta la sua vitalità e l’attaccamento al suo lavoro di provetto artigiano dell’elettrodomestico, con una propensione, da sempre, al ricambio ed al riuso, al non sprecare e al non gettare via.

Da quanto tempo Gianfranco sei qui a Centocelle? Anzi come è iniziato il tuo lavoro e quali sono stati gli stimoli in avvio?

Tutto è iniziato grazie a mio padre nel lontano 1955. Da lui ho appreso il mestiere ed ho iniziato che avevo appena 10 anni.

Il luogo dove si svolgeva l’attività era in via degli Aceri 93. E fino a 3 o 4 anni fa, lì ha continuato ad operare mio fratello che poi ha smesso; per  raggiunti limiti di età e ha lasciato perdere.

Cosa ricordi dei primi anni del mestiere?

Ricordo tanta sofferenza e tanta tribolazione. Siamo venuti su piano piano e così siamo a mano a mano cresciuti.

Quando sei subentrato a tuo padre?

Nel 1968/69. Poi ho aperto l’attività prima in via dei Platani e poi qui, in via dei Frassini 124, nel 1982.

Quindi sei in grado di ricostruire la storia di Centocelle dagli anni 50 del secolo scorso fino ai giorni nostri…

E capirai! Io Centocelle la conosco palmo a palmo e grazie a Dio la memoria ancora non mi difetta.

Chi erano i clienti di allora, e cosa chiedevano?

Agli inizi lavoravamo soprattutto sulle cucine, perché il frigorifero era un sogno irraggiungibile dai più. All’epoca un frigorifero costava 1000 lire al litro e quindi un 160 litri costava 160 mila lire ma lo stipendio era di sole 15, 20 mila lire e quindi si facevano le cambiali, tante cambiali.
Il frigorifero si è diffuso negli anni dal ’60 al ’65, perché prima per conservare gli alimenti si usava il ghiaccio, il blocchetto di ghiaccio.
Una curiosità: i primi frigoriferi avevano addirittura la chiave (e ce ne mostrerà in seguito un esemplare) ma ci si metteva a rinfrescare solo l’acqua (ride). E persino l’acqua con l’Idrolitina era considerato un lusso.

Un passo indietro, parlaci delle cucine.

Nel magazzino conservo delle cucine degli anni ’30/’35 ed una ha 4 fornelli ed accanto 2 fornelli a carbone perché prima di andare a gas si andava a carbone.

Quando è arrivato il gas?

A Centocelle il gas è arrivato solo negli anni ’50. Mi ricordo ancora adesso quando venne la Romana Gas: fece un impianto, mise un tubo, lo collegò ai fornelli ed accese la fiamma. Io rimasi sbalordito e incantato e mi ricordo ancora oggi la grande emozione che provai. Perché noi andavamo avanti ancora con il carbone, la ventola, il fumo che riempiva le stanze di casa.
Ricordo che rimasi senza parole; ero felice perché non si doveva più andare a comprare il carbone per cucinare.

Poi vennero fuori gli elettrodomestici moderni e per il rinfrescamento di casa…

Sì, il condizionamento. Io fino a 2 anni fa me ne occupavo, ma con tutte le modifiche burocratiche che si sono susseguite è diventato quasi impossibile operare ed ho lasciato perdere, io come del resto molti altri nel settore. Gli unici che riescono a farlo sono quelli dei Centri Commerciali.

Io, pensa, ho dovuto prendere il patentino… dopo 40 anni che, da esperto, li montavo e riparavo! Ma dai!

Come hai resistito all’assalto dei supermercati e dei centri commerciali?

La volontà e la passione per il mio mestiere di artigiano, mi hanno guidato e sorretto. Ma la lotta contro lo strapotere dei centri commerciali è stat ed è impari. E io avrei dovuto, prendere provvedimenti già 5 o 6 anni fa, e se lo avessi fatto allora sarei stato meglio finanziariamente. Adesso il locale va in remissione e solo l’amore per il mio mestiere e la soddisfazione di risolvere piccoli e grandi problemi della mia clientela mi tiene  e sostiene. Ma per quanto tempo ancora?

I locali sono i tuoi?

Questa parte qui sì, quell’altra è di Fabozzi e l’altra di Bonfili che non mi hanno mai voluto vendere le loro parti. In 45 anni che sto qui me lo sarei pagato e strapagato.
Ma lo sai come ho preso questo locale?

No, raccontacelo.

Perché ogni mattina del 3 di ogni mese alle ore 9:30 avevo sempre il proprietario che arrivava, puntualmente, per riscuotere l’affitto. Io non dovevo neanche guardare l’orologio o il calendario. Quando lo vedevo voleva dire che era il 3 del mese, ore 9:30 precise.
Un giorno mi sono arrabbiato e gli ho detto: “Dimmi quanto vuoi per il locale, perché che non ti voglio più vedere. Gli ho dato pure 20 milioni di più, ma non lo sopportavo proprio!

I motivi della tuo successo commerciale, quali sono stati?

Le persone mi sceglievano per la professionalità e la qualità e l’onestà. Mio padre non mi ha lasciato niente, ma quando venivano i clienti mi dicevano: “ah, suo padre, che brava persona che era!” La stima, l’affidabilità, cercare di risolvere i problemi dei clienti nel migliore dei modi e in maniera economica: questi sono state le cose principali che ho messo nel mio lavoro e che mi vengono riconosciute.
Sono uno che se sbaglio lo faccio in buona fede e quando sbaglio riconosco l’errore, costi quel che costi.

La fiducia per me è importante e imprescindibile: se il cliente non ha fiducia in me e me lo fa pesare io non desidero servirlo e glielo faccio intendere.

Abbiamo notato che sei circondato di quadri e quadrucci…

Io qui nel negozio tengo appese delle massime e l’ho fatto perché io credo in questi messaggi; ad esempio qui c’è scritto:

“C’è solo un capo. Il cliente. E può licenziare chiunque in azienda, dal presidente in giù, semplicemente spendendo i suoi soldi altrove”.

Più sei onesto, più sei serio, più sei professionale e più hai successo ed io ho avuto dei successi.

Facendo un passo molto all’indietro, tu cosa ti ricordi della Guerra?

Sono del 1941 ma, anche se ero piccolo, ho dei ricordi incancellabili. Ricordo quando c’erano i bombardamenti e sentivi gli aerei che facevano oooooooommmmmmm (e mima il loro rumore); io ero piccoletto, mi prendevano e mi portavano al ricovero che era qui vicino, in via dei Glicini e lì le persone più anziane pregavano in continuazione.

Mio padre era impiegato alla Cassa Mutua, poi non so per quale motivo si è messo a riparare le cucine e nessuno glielo ha insegnato. All’epoca non c’erano i pezzi di ricambio e dovevi essere capace a riparare i pezzi a mano.
Io mi sento ancora un riparatore perché ancora so usare una lima e gli altri attrezzi. Oggi se chiedi a qualcuno di usare una lima non sa neanche che cosa è.

Una volta se eri capace a riparare i pezzi a mano andavi avanti, altrimenti abbandonavi, non era come oggi che su internet trovi di tutto, una volta non era così.

Qualche ricordo particolare? 

C’era un artigiano in via della Scrofa che riparava ed aveva sempre qualcosa di interessante e mio padre mi mandava da lui a prendere qualche pezzo. Ci andavo con i mezzi, il 70 o il 64… ma non ricordo bene.

Per alimentarmi con il lavoro sono andato a fare l’idraulica in via Arenula, Santa Maria ai Monticelli. Lì abitava anche Carlo Delle Piane – divenuto poi attore famoso –  e giocavamo insieme a pallone. Lui era più grande, ed era un fijo de na ***** (ride). Quindi lì sono andato ad imparare a fare l’idraulico perché non potevamo campare riparando solo le cucine, dato che all’epoca nelle case non c’era molto di elettronico.

Ho imparato il mestiere abbastanza bene, ho ancora oggi tutti gli attrezzi del mestiere di allora. Guadagnavo, ricordo, 3500 lire a settimana e i genitori mi lasciavano 500 lire per mio uso e consumo. Ero pieno di entusiasmo perché sognavo: prima mi imparo bene il mestiere e prima guadagno. Un giorno passavo in via Principe Amedeo numero 150 dove c’era una utensileria e il proprietario mi fece una scheda con tutti gli arnesi del mestiere ed io tutte le settimane passavo e gli lasciavo le 500 lire.
Io con questi arnesi ci ho lavorato, li ho ancora, mantenuti bene, e se li vedi, non ci credi che hanno tutti quegli anni.
Ci ho sempre tenuto agli strumenti perché tu puoi essere pure bravo, ma se non hai lo strumento giusto non fai una buona riuscita.
Tu ti devi sacrificare e comprarti e saper usare quello strumento adatto che ti fa diventare professionale.

Poi devi anche tenerti aggiornato?

Sì, io mi sono sempre tenuto aggiornato, ho fatto dei corsi con la Galileo Galilei. Mi è rimasto impresso quello che una volta mi ha detto un ingegnere: “se non vuoi pulire non devi sporcare”. Ed un altro, della Artsana: “noi abbiamo un difetto. Non ci siamo mai accontentati del secondo posto, noi gareggiamo sempre per il primo posto. Se un giorno la Chicco si mettesse a fare i cioccolatini noi allora venderemmo anche quelli”.

Ci incuriosisce molto il tuo magazzino. Perché non pensi di trasformarlo in un museo?

Io con il museo non ci vivrei; mi hanno offerto 2000 euro al mese per il magazzino, col museo invece cosa otterrei?
Quello che sta dentro il magazzino è una mia passione. Io mi sento già ai tempi supplementari, la mia prospettiva è a corto raggio, non faccio più progetti di lunga durata.

Certo il Museo sarebbe una bella cosa… ma con chi lo fai?

Potresti cercare se ci sono già dei musei del genere in Italia; e collegarsi con loro?

Sì mi piacerebbe. Ma, come età, sono ai tempi supplementari.

Abbiamo concluso la chiacchierata parlando di una pentola a pressione di fine ‘800 e del fatto che una volta, come dice Marinelli, con i soldi si facevano i materiali mentre adesso con i materiali si fanno i soldi.

Poi ci siamo trasferiti per una veloce visita al magazzino dove ci sono, tra le altre cose, ben 400 bottiglie di liquori dagli anni ’40 fino ad oggi.
La cucina anni ’30, dei ventilatori, il grammofono, mappamondo, svariati modellini di automobili e motociclette, macchina da cucire della Singer, dei piccoli forni (o caldaie) francesi, la scatola del lustrascarpe, due bilance, due televisori, migliaia di attrezzi, e dei frigoriferi alcuni addirittura con la chiusura a chiave e un fantastico frigo della CocaCola anni ’60.

Marinelli ha un elenco dei materiali che conserva nel magazzino. Ma ci sarà qualcuno a cui interesserà l’idea di un piccolo museo artigiano?

Al seguente link alcuni stralci di altre storie del commercio e dell’artigianato a Centocelle tratte dal libro del 2013 “Storie del commercio e dell’artigianato locale”.

https://abitarearoma.it/le-storie-del-commercio-e-dellartigianato-a-centocelle-parte-prima/


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