L’audizione Protetta: per l’ascolto del minore nei contesti giudiziari
Dalla rubrica Psiche in MovimentoCosa vuol dire la parola ascolto? Che differenza c’è tra l’ascoltare e il sentire?
Il sentire, da un punto di vista lessicale, indica un atto più funzionale, un percepire mantenendo le distanze, non entrando in contatto con la persona; l’ascolto invece, indica una modalità più incisiva, più presente da parte dell’ascoltatore che deve prestare la giusta attenzione, quella che il soggetto gli richiede per esser realmente capito e compreso. Chi ascolta deve saper anche prestar attenzione ai silenzi, all’espressione del volto, allo sguardo del soggetto che sta parlando. Inoltre colui che ascolta deve esser disposto, qualora se ne ravvisasse la necessità, a modificare un’eventuale prima opinione che si è fatto.
Nella nostra esperienza professionale continuamente ci confrontiamo con la parola "ascolto", che è sicuramente uno dei punti cardine di qualsiasi nostro intervento, sia se stiamo svolgendo una consulenza, una terapia, un’analisi psicodiagnostica o un altro tipo di valutazione.
È proprio il saper ascoltare una delle capacità più importanti che dobbiamo avere.
Ma qual è la metodologia migliore che dobbiamo adottare, soprattutto quando ci troviamo di fronte a un minore?
Questo è uno dei quesiti, che spesso ci vengono posti, soprattutto quando lavoriamo in contesti in cui ci relazioniamo con figure professionali diverse dalla nostra. In particolare mi sto riferendo al nostro intervento nel contesto giuridico, che sia nell’ambito penale che nel civile, prevede l’ascolto del minore, mediato dalla figura dell’esperto.
Nel contesto penale il nostro intervento viene specificato con la legge n.66/96 nell’art. 14 "l’audizione protetta", che introduce le modalità particolari di assunzione della prova nel caso di incidente probatorio, nei casi in cui è presente un minore di anni 16, per esempio qualora si proceda per l’accertamento di un reato sessuale.
Ricordiamo che qualora si parli di esperto deve essere realmente un esperto, il rischio è che il suo intervento, vista la delicatezza dei fatti esplicitati, crei un danno ancor più grave sul minore in questione. Tale fenomeno viene definito dalla letteratura vittimizzazione secondaria.
Altro elemento da considerare nell’ascolto del minore è la facilità con cui il bambino può esser suggestionato, forse uno degli aspetti più problematici nella sua deposizione. Infatti il ricordo degli eventi può essere falsato per le deformazioni indotte dalle suggestioni che, più o meno volontariamente, vengono fornite dalle persone vicine al minore o comunque dalla persona che l’ha ascoltato per la prima volta, tali ascolti possono inquinare l’attendibilità della testimonianza resa.
È evidente che questi fattori di disturbo aumentino con il crescere delle occasioni che sono date al minore per rielaborare le informazioni in suo possesso.
L’esperto, a tal proposito, deve: analizzare, primariamente, se il minore è in grado di differenziare i suoi pensieri e sentimenti dai dati reali e se è in grado di cogliere il significato della sua posizione di testimone; appurare, in un secondo momento, l’influenza delle valenze affettivo-emotive sulle funzioni della memoria e sulle sue capacità di giudizio morale specie in relazione alle sue concezioni di verità e bugia.
Occorre, dunque, esaminare la qualità delle relazioni intercorrenti nel nucleo familiare e il valore attribuito da tutti i componenti della famiglia alla testimonianza della presunta vittima e, soprattutto, valutare le possibili influenze positive e negative che i genitori potrebbero trarre da tale deposizione.
Il setting utilizzato è specifico per l’audizione. Esso è munito di specchio unidirezionale e materiale per la fono e videoregistrazione. L’esperto ha il compito di provvedere alla formulazione di domande utilizzando un linguaggio comprensibile e adeguato all’età e alle condizioni psicofisiche del minore, sulla base delle indicazioni in precedenza evidenziate dai giudici e dagli avvocati i quali, attraverso un citofono interno, possono richiedere direttamente di approfondire alcune circostanze.
L’esperto per valutare l’attendibilità della testimonianza, resa dal minore, potrà avvalersi della tecnica dell’intervista cognitiva o della step wise interview.
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