Memoria del lavoro (schiavo)

Sono 50 milioni, oggi, gli schiavi del lavoro nel mondo. Lo dice l'ultimo Rapporto dell'ILO
Ugo Fanti, Presidente della Sezione Anpi di Roma Aurelio-Cavalleggeri “Galliano Tabarini” - 29 Agosto 2023

“Ogni lavoro o servizio che viene estorto a qualsiasi persona sotto minaccia di qualsiasi pena e per il quale detta persona non si sia offerta volontariamente.” (definizione di lavoro forzato, secondo la Convenzione ILO sul Lavoro Forzato del 1930).

Ricordando gli 80 anni dal “Discorso del Sogno” di Martin Luther King, ho citato il Proclama di Emancipazione, del 22 Settembre 1862, con il quale l’allora Presidente USA, Abramo Lincoln, abolendo la schiavitù, rese formalmente liberi gli schiavi neri di tutti gli Stati Uniti D’America. Ma qualcuno, in un’altra parte del mondo, lo aveva preceduto e questo fatto storico poco si ricorda. Dunque, facciamone qui Memoria.

Il 29 Agosto 1793, ovvero oggi, 230 anni fa, Leger Felicitè Sonthonax, girondino francese e Commissario della Repubblica dei cittadini nell’Isola di Saint Dominique (l’attuale Haiti) emana un Ordine scritto con il quale abolisce la schiavitù sulla parte Settentrionale dell’Isola, quella di sua competenza. La stessa cosa farà, due giorni dopo, il Commissario della parte Meridionale dell’Isola, Etienne Polverel. I due Provvedimenti, al secondo Articolo, recitano: “Tutti i negri e i meticci ora in schiavitù, sono dichiarati liberi di godere di tutti i diritti connessi alla qualità di cittadini francesi. Saranno tuttavia soggetti ad un regime le cui disposizione sono contenute negli articoli seguenti.”

Il primo Articolo ordina, invece, di affiggere su tutta l’Isola la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino, approvata dall’Assemblea Nazionale francese, il 26 Agosto 1789. L’abolizione della schiavitù diventerà Legge, su tutto il territorio francese, il 4 Febbraio 1794.

Lincoln – che sicuramente conosceva la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino – era a conoscenza anche di quei due altri Documenti, diciamo così isolani? Forse si o forse no. Ma poco importa. Questi due Documenti sono ormai Storia  – come la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino – anche se un’analoga Dichiarazione che riguardava le donne, redatta dalla Cittadina e militante rivoluzionaria, Olimpia De Gouges, la Dichiarazione dei Diritti delle Donne e della Cittadine, da lei scritta il 5 Settembre 1791 e presentata all’Assemblea Nazionale per essere approvata, non avrà la stessa fortuna: la Dichiarazione nella versione femminile sarà, infatti, respinta e la sua autrice ghigliottinata sulla pubblica piazza il 3 Novembre 1793, dopo un periodo di carcere duro, perché affetta da “paranoia rivoluzionaria”. Ma questa – come scrivo spesso, prendendo a prestito un’espressione dello scrittore parmense Carlo Lucarelli – è un’altra storia. 

Torniamo ora alla schiavitù e in particolare al lavoro schiavo. Qui occorre una precisazione: il lavoro schiavo di cui appresso leggerete non è quello di cui si servirono i nazisti durante la Seconda guerra mondiale, ma quello che sussiste tutt’oggi, in molte parti del mondo, sebbene una Convenzione Internazionale delle Nazioni Unite e tre Convenzioni Internazionali dell’ILO (la International Labour Organization, Agenzia dell’ONU che si occupa delle questione relative al lavoro) lo vietino in tutte le sue possibili forme. Elenco qui di seguito questi importanti Documenti-

– la Convenzione ONU per la soppressione del traffico di persone e dello sfruttamento della prostituzione altrui è stata approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 2 Dicembre 1949, è entrata in vigore il 21 Marzo 1950, e l’Italia l’ha recepita ai sensi della Legge di recepimento e applicazione. 23 Novembre 1966, n.1173;

– la Convenzione ILO N.29, sull’abolizione del lavoro Forzato, approvata nel 1930 ed entrata in vigore nel 1932;

Dar Ciriola

– la Convenzione ILO n. 105, approvata nel 1957 ed entrata in vigore nel 1959: 

– la Convenzione ILO n,.182, sulla proibizione delle forme peggiori di lavoro minorile, approvata nel 1999 ed entrata in vigore nel 2000. 

Nonostante questa mole importante di norme Internazionali vieti tassativamente ogni forma di lavoro forzato o schiavo, la situazione che ci si presenta, se approfondiamo il tema, non è delle migliori, anzi. Ce la descrive l’ultimo Rapporto dell’ILO (2022) redatto unitamente alla IOM, l’Agenzia Internazionale ONU per le Migrazioni e a Walk Free, Organizzazione per i Diritti Umani australiana con sede a Perth. Il Rapporto, incentrato sulle “stime globali della schiavitù moderna” parla di 50 milioni di persone in tutto il mondo che sono sottoposte ad una qualche forma di lavoro forzato o schiavo e molte di queste sono minori o ragazzi (nelle stime sono, comprese le donne costrette ai matrimoni forzati). La lettura del Rapporto – ormai vecchio di un anno, ma completamente ignorato dai media – ci da un’immagine del nostro mondo che mai avremmo voluto avere sotto gli occhi.

Da tempo – per fare un paragone – nel nostro Paese si ritiene che la Tubercolosi (TBC) sia stata eradicata da tutto il territorio nazionale. La pratica quotidiana di molti Medici, di Famiglia e Specialisti, dice, invece, che – per via dei numerosi viaggi oggi possibili, in ogni parte del mondo, e delle migrazioni – in Italia sono presenti focolai di TB solo che molti Medici non sanno più riconoscerne i sintomi, dato che difficilmente la Tubercolosi è oggetto approfondito di Studio nelle nostre Facoltà Universitarie di Medicina e di questa situazione si tarda a prendere atto “colà dove si puote”, come direbbe il poeta fiorentino Dante degli Aldighieri. 

Il lavoro forzato e quello schiavo – presenti anche nel nostro Paese – sono situazioni paragonabili alla TBC, ovvero esistono, ma non le si vuole riconoscere. Forse il paragone è realistico all’atteggiamento da struzzo (animale che mette la testa sotto la sabbia per non vedere ciò che lo disturba) e non fa onore alla parte di mondo che si proclama – ad ogni piè sospinto – civile, democratica e soprattutto differente da quella cosiddetta “incivile” o “sottosviluppata”. 

Occorrerebbe, invece, tenere ben alta la testa e bene aperti entrambi gli occhi poiché la cosa inumana che chiamiamo “schiavitù”, anche se non ci colpisce personalmente ci riguarda, poiché, come ci ricordano i versi di un poeta cileno: “siamo tutti figli della stessa acqua”. Di seguito trovate il Comunicato Stampa, datato 12 Settembre 2022, con il quale l’Ufficio dell’ILO per l’Italia, la Città del Vaticano e la Repubblica di San Marino dava notizia dell’uscita del Rapporto. 

Sono 50 milioni le vittime di schiavitù moderna nel mondo

Il lavoro forzato e il matrimonio forzato sono aumentati significativamente negli ultimi cinque anni, riportano le stime aggiornate dell’Organizzazione internazionale del lavoro, Walk Free e Organizzazione internazionale per le migrazioni.

GINEVRA (notizie OIL) — Secondo il rapporto Global estimates of modern slavery: Forced labour and forced marriage  (“Stime globali della schiavitù moderna: Lavoro forzato e matrimonio forzato”), nel 2021 erano 50 milioni le  persone che vivevano in condizioni di schiavitù moderna. Di queste persone, 28 milioni erano costrette al lavoro forzato e 22 milioni erano costrette in matrimonio forzato.

Il numero di persone in forme di schiavitù moderna è aumentato significativamente negli ultimi cinque anni. Nel 2021 le persone in schiavitù moderna erano 10 milioni in più rispetto a quanto registrato dalle stime globali del 2016. Donne e bambini sono maggiormente vulnerabili. La schiavitù moderna è presente in quasi tutti i paesi del mondo e non conosce frontiere etniche, culturali o religiose. Più della metà (52 per cento) del lavoro forzato e un quarto di tutti i matrimoni forzati si concentrano nei paesi a reddito medio-alto o alto.

Lavoro forzato – La maggior parte dei casi di lavoro forzato (86 per cento) si registra  nel settore privato. Il lavoro forzato in settori diversi dallo sfruttamento sessuale commerciale rappresenta il 63 per cento di tutto il lavoro forzato, mentre lo sfruttamento sessuale ai fini commerciali rappresenta il 23 per cento di tutto il lavoro forzato. Quasi quattro su cinque delle persone vittime di sfruttamento sessuale ai fini commerciali sono donne o ragazze. Il lavoro forzato imposto dallo Stato rappresenta il 14 per cento che lavoro contro la loro volontà. Quasi uno su otto di tutti i lavoratori forzati sono bambini (3,3 milioni) e più della metà di essi  sono vittime di sfruttamento sessuale a fini commerciali.

Matrimonio forzato – Si stima che, in qualsiasi giorno del 2021, circa 22 milioni di persone si trovino in una situazione di matrimonio forzato, un aumento di 6,6 milioni rispetto alle stime globali del 2016. L’incidenza reale dei matrimoni forzati, in particolare quelli che coinvolgono minori di 16 anni o meno, è probabilmente molto più alta di quanto registrato dalle stime attuali, che si basano su una definizione maggiormente ristretta e non includono tutte le tipologie di  matrimoni infantili. I matrimoni infantili sono considerati forzati perché un bambino non può dare legalmente il proprio consenso al matrimonio.

Il matrimonio forzato è strettamente legato a consuetudini e pratiche patriarcali consolidati nel tempo e assume delle caratteristiche specifiche in base ai contesti. La stragrande maggioranza dei matrimoni forzati (oltre l’85 per cento) è stata determinata da pressioni familiari. Sebbene due terzi (65 per cento) dei matrimoni forzati si verifichino in Asia e nel Pacifico, se si considerano le dimensioni della popolazione regionale, la prevalenza delle persone costrette a sposarsi è più alta negli Stati arabi, con 4,8 persone su 1.000 nella regione.

I migranti sono particolarmente vulnerabili al lavoro forzato – I lavoratori migranti hanno una probabilità più che tripla di essere sottoposti a lavoro forzato rispetto ai lavoratori adulti non migranti. Sebbene la migrazione per lavoro abbia un effetto ampiamente positivo su individui, famiglie, comunità e società, questo dato dimostra la maggiore vulnerabilità dei migranti al lavoro forzato e alla tratta, sia a causa di una migrazione irregolare o mal governata, sia a causa di pratiche di reclutamento illecite e non etiche.

  • “È sconvolgente che la schiavitù moderna continui ad esistere. Nulla può giustificare la persistenza di questo abuso fondamentale dei diritti umani”, ha dichiarato il Direttore Generale dell’OIL, Guy Ryder. “Sappiamo cosa bisogna fare e sappiamo che si può fare. Politiche e normative nazionali efficaci sono fondamentali ma i governi non possono farlo da soli. Le norme internazionali forniscono una base solida ed è necessario un approccio che coinvolga tutti. I sindacati, le organizzazioni dei datori di lavoro, la società civile e la gente comune hanno tutti un ruolo fondamentale da svolgere”.

António Vitorino, Direttore Generale dell’OIM, ha dichiarato: “Questo rapporto sottolinea l’urgenza di garantire che tutte le migrazioni siano sicure, ordinate e regolari. La riduzione della vulnerabilità dei migranti al lavoro forzato e alla tratta di esseri umani dipende innanzitutto da politiche nazionali e quadri normativi che rispettino, proteggano e realizzino i diritti uTagmani e le libertà fondamentali di tutti i migranti — e potenziali migranti — in tutte le fasi del processo migratorio, indipendentemente dallo status migratorio. Le società devono lavorare insieme per invertire queste tendenze, anche attraverso l’attuazione del Patto globale sulla migrazione”.

Grace Forrest, Direttrice fondatrice di Walk Free, ha dichiarato: “La schiavitù moderna è l’antitesi dello sviluppo sostenibile. Eppure, nel 2022, essa continua ad essere parte dell’economia globale. Il problema è causato dall’uomo, legato sia alla schiavitù come fenomeno storico che alla persistenza di disuguaglianze strutturali. In un periodo in cui di  crisi interconnesse, una vera volontà politica è la chiave per porre fine a queste violazioni dei diritti umani”.

Porre fine alla schiavitù moderna – Il rapporto propone una serie di raccomandazioni che, se adottate in tempi rapidi, segnerebbero un progresso significativo verso la fine della schiavitù moderna. Si tratta in particolare di: migliorare l’applicazione delle leggi e delle ispezioni del lavoro; porre fine al lavoro forzato imposto dallo Stato; adottare misure più incisive per combattere il lavoro forzato e la tratta nelle imprese e nelle filiere di fornitura; estendere la protezione sociale e rafforzare le tutele legali, compreso l’innalzamento dell’età legale del matrimonio a 18 anni senza eccezioni. Altre misure prevedono di contrastare l’aumento della tratta e del lavoro forzato per i lavoratori migranti, di promuovere un reclutamento equo ed etico e di fornire un maggiore sostegno alle donne, alle ragazze e alle persone maggiormente vulnerabili.

Fonte: https://www.ilo.org/rome/risorse-informative/comunicati-stampa/WCMS_855151/lang–it/index.htm

Ugo Fanti, Presidente della Sezione Anpi di Roma Aurelio-Cavalleggeri “Galliano Tabarini”


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