Memoria omosessuale: i “femminielli”, il fascismo e la Resistenza. Un Libro

Il libro proposto per la lettura è “L’Isola dei Femminielli” di Aldo Simeone

Memoria resistente partenopea:

Quando scoppiarono le insurrezioni, i femminielli scesero in strada sparando al fianco di noialtri. Si trattava di maschi omosessuali travestiti da donna, presenti a decine nel quartiere dove erano soliti riunirsi in un terreno nella zona di Piazza Carlo III”.

Così inizia sul Numero del Settimanale L’Espresso del 27 Settembre 2007, un pezzo a firma di Luigi Mastrodonato che racconta la storia dei “femminielli” napoletani, che combatterono in prima linea per la liberazione della loro città nelle famose “Quattro Giornate” di Napoli (27-30 Settembre 1943).

Eugenio Bennato, “Il Canto degli Scugnizzi” e le “Quattro Giornate” di Nanni Loy, in musica e immagini. Ovvero: ”Napule resist”  e “Simme tutte giganti!

27-30 Settembre 1943, le “Quattro Giornate di Napoli” videro scendere in armi contro i tedeschi, occupanti e assassini, tutto il popolo napoletano: uomini, donne, ragazzi e…. femminielli.

Quelle “Quattro Giornate” il pezzo di Eugenio Bennato intitolato “il Canto degli Scugnizzi”  –  che qui potete ascoltare e vedere, con l’ausilio delle immagini del celebre “Le Quattro Giornate di Napoli”, film del 1962 diretto da Nanni Loy– ce le racconta  alla perfezione.

Ma chi erano i “femminielli”? Una definizione esatta la danno, nel 1983, Pino Simonelli e Giorgio Carrano in Masques, Revue des Homosexualités. “I femminielli sono uomini che vivono e sentono da donna: abbigliati e truccati da donna. Spesso prostitute ma non necessariamente: ogni vicolo ha il suo femminiello accettato dalla comunità”. 

Definiti gli antenati dei transgender, i “femminielli” erano una comunità che non rispondeva alle logiche della moderna transessualità, che non faceva uso di ormoni e chirurgia estetica e non rivendicava particolari diritti politici e civili, e che possedeva un’identità di genere che si discostava dalle aspettative sociali dettate dal genere maschile.

Queste persone non avevano niente da perdere, tranne la propria vita.: Ripudiati dalla famiglia, senza figli e tollerati (ma anche rispettati) dalla comunità sociale in cui vivevano (ma solo entro certi limiti) non lo erano, invece, affatto dal fascismo mussoliniano che li perseguitò e li mandò al confino, ma in Colonie penali separate da quelle dei normali, seppure antifascisti.

Questo il tema del libro che oggi vi propongo. Si tratta di “L’Isola dei Femminielli” di Aldo Simeone, pubblicato quest’anno da Fazi. Anche se lo potrebbe sembrare, non si tratta di un Romanzo, ma di una storia vera, ripescata dagli anfratti profondi della nostra Memoria e riportata alla luce: la storia dei “femminielli”, degli “arrusi” (siciliano occidentale equivalente al romano “froci”) ovvero dei “pederasti” (termine fascista) che il regime mussoliniano mando al confino dal 1939, ma separandoli dagli altrconfinati, colpevoli di antifascismo, affinché non spargessero il vizio, ovvero il “morbo” da cui erano affetti.

Nota linguistica: ”Pederastia”= tendenza o pratica erotica che nel significato originario del termine è costituita dal rapporto sessuale di un adulto con un adolescente; con significato più ampio, e più comune nell’uso moderno,  con questo  termine si indica l’omosessualità. maschile” (Vocabolario Treccani della Lingua Italiana)

Nell’Italia fascista, nessun articolo del Codice Rocco (che prende il nome dal suo principale estensore, il Guardasigilli del Governo Mussolini Alfredo Rocco) vietava l’omosessualità, perché, nell’Italia del duce, semplicemente gli omosessuali non esistevano e, se esistevano, erano «pederasti» e «invertiti» ed erano come mele marce, sparute ma dannose per l’equilibrio e la credibilità della nazione. Dunque, i “pederasti” erano una “categoria” inizialmente non compresa tra quelle destinate al confino di polizia da parte del regime fascista, ma categoria sociale che venne dai fascisti prontamente aggiunta al mucchio dei “diversi” e dei “pericolosi”, per “liberare” le strade dal vizio che quegli uomini, che si sentivano donne e come tali si comportavano, rappresentavano.

Il “confino di polizia” non è stata un’idea fascista

La prima introduzione della misura del “confino di polizia” nell’Ordinamento giuridico italiano risale al 1863: per contrastare il fenomeno del brigantaggio venne varata la “Legge Pica” – dal nome del suo ideatore – una Legge speciale che introduceva, insieme ad altre misure drastiche, l’obbligo di domicilio coatto in una determinata località per soggetti sospettati di pericolosità per l’ordine pubblico. La pratica del confinamento di soggetti ritenuti pericolosi cambia però radicalmente con l’avvento del fascismo al potere. Con le “Leggi fascistissime” del 1926, infatti, il fascismo modifica radicalmente l’Istituto giuridico del “confinamento”. Il nuovo istituto prevedeva che i soggetti ritenuti sovversivi potessero essere condannati a risiedere in una determinata località, sotto sorveglianza, da uno a cinque anni, eventualmente prorogabili; il semplice sospetto di attività antifascista, anche in assenza di reati commessi, era sufficiente a motivare e giustificare il confino.

Confinati in un’Isola tutta per loro, l’Isola di San Domino nelle Tremiti., i pederasti – tra i quali molti napoletani e siciliani – -erano sottoposti alle stesse restrizioni dei confinati normali, ma ricevevano solo quattro Lire al giorno, una in meno rispetto agli altri confinati. (*)

San Domino è un fazzoletto di terra buttato nel mare Adriatico davanti a Foggia: poco meno di dieci chilometri di costa dall’aria salubre e dal suolo fertile. San Nicola, sua gemella, è la più estesa delle isole Tremiti e la più popolata. Con l’unificazione del Regno d’Italia, tutto l’arcipelago venne adibito a prigione di Stato: i carcerati della zona erano detenuti comuni e piccoli malviventi, costretti al lavoro coatto ma, deflagrata la Prima Guerra Mondiale, questa porzione di Puglia diventa il luogo perfetto in cui spedire i detenuti per motivi politici, in maggioranza socialisti e anarchici. Con l’avvento del fascismo, San Domino diventa l’Isola di confino degli omosessuali.

Confino di polizia, i divieti

I soggetti sottoposti al confino di polizia non potevano: ubriacarsi, schiamazzare, detenere carte e arnesi da gioco, detenere macchine e / o attrezzi atti alla trasmissione e / o segnalazione ottica, frequentare locali di pubblico intrattenimento, andare in barca per diporto, commerciare alcunché (senza il consenso del Direttore della Colonia di confino) e erano obbligati a tenere una buona condotta, onde non dare adito a sospetti.

Nonostante i numerosi divieti di cui sopra, nel suo libro Simeone ci racconta la storia e la vita quotidiana di uomini “liberi” sulla “loro” isola. Ci racconta dellanascita di una comunità e  del nascere e rinsaldarsi di una fratellanza tra quei confinati.

Nel Giugno del 1940 – al momento dell’entrata in guerra dell’Italia – quella Colonia di confino viene chiusa e molti degli ex confinati sono richiamati alle armi e mandati in guerra. Dunque, la fraternità costruita a San Domino si spezza definitivamente e la guerra “inghiotte” “femminielli” e “arrusi”. E forse tra  i  molti “femminielli” che presero le armi contro i tedeschi, quattro anni dopo quel Giugno del 1940, nelle “Quattro Giornate” napoletane alcuni di loro erano stati “ospiti” del fascismo a San Domino.

Nota finale: non ho trovato un dato certo su quanti fossero i confinati omosessuali. Non ci sono molti Studi sull’argomento. Qui potete leggere del lavoro che la fotografa Luana Rigolli ha condotto sulla storia di 45 “arrusi” catanesi confinati a San Domino nel 1939 (“L’Isola degli Arrusi”) tirato in appena 400 copie: https://www.linkiesta.it/2023/04/isola-arrusi-confino-fascismo/

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(*) Occorre ricordare che, anche in Germania gli omosessuali saranno perseguitati e uccisi dal nazismo hitleriano e ancora che anche in Germania,  la persecuzione poliziesca di quelle persone era stata precedente all’avvento al potere del nazismo. Nella Germania pre-hitlereiana esisteva infatti, dal 15 Maggio del 1871, un Paragrafo del Codice Penale, il Paragrafo 175, che considerava reato l’omosessualità e l’atto sessuale tra persone dello stesso sesso. Venuto al potere, il nazismo modificò in senso peggiorativo quel Paragrafo del Codice Penale e la sua applicazione, da parte dei Tribunali nazisti, rese possibile la deportazione e la successiva morte di circa 600mila omosessuali tedeschi. Il Paragrafo 175 del Codice penale germanico rimase in vigore fino al 1994, quando venne abolito. Diversi anni dopo quell’abolizione, nel 2016, il Governo della Germania Federale decise di risarcire economicamente gli omossessuali tedeschi deportati che fossero, ancora in vita.

Sulla storia degli omosessuali tedeschi e sulle conseguenze mortifere dell’applicazione del Paragrafo 175, esiste un Docu-film (“Paragraph” 175”) di Rob Epstein e Jeffrey Friedman. Il Docu-film venne presentato, per la prima volta, nel 2000 al Sundance Film Festival, con la voce narrante di Rupert Everettprovocando un grande sconcerto tra gli spettatori. (Qui una breve clip in inglese: https://youtu.be/bAz19uArOUA) Il Docu-film è disponibile in italiano in unn DVD intitolato “Paragrafo 175”.


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