

L’ipotesi più probabile, ancora al vaglio, è quella di un gesto estremo, consumato nel silenzio di una sera qualunque dietro le sbarre
Erano da poco passate le 21.30 di ieri giovedì 4 settembre, quando, all’interno del carcere femminile di Rebibbia, le compagne di cella hanno fatto la drammatica scoperta: una detenuta italiana di 52 anni giaceva priva di vita.
L’ipotesi più probabile, ancora al vaglio, è quella di un gesto estremo, consumato nel silenzio di una sera qualunque dietro le sbarre.
La vicenda accende i riflettori su una realtà che da tempo denuncia criticità insostenibili. A riportare i dati è Massimo Costantino, segretario della Fns Cisl Lazio:
“L’istituto conta oggi 105 detenuti in più rispetto alla capienza. Nel mese di agosto, il sovraffollamento carcerario nel Lazio ha raggiunto quota 1.519 persone in eccesso: significa un tasso del 28,6%, in crescita rispetto a luglio”.
Un’emergenza che non colpisce solo chi vive la detenzione, ma anche chi ogni giorno garantisce la sicurezza: a Rebibbia, dove mancano quasi 40 agenti di polizia penitenziaria rispetto all’organico previsto, la carenza sfiora il 20%.
“Il sovraffollamento – sottolinea la Fns Cisl Lazio – compromette la sicurezza e rende inaccettabili le condizioni di lavoro del personale penitenziario. Occorre tutelare tutti: operatori e detenuti”.
La morte della 52enne diventa così l’ennesimo campanello d’allarme: un dramma personale che si intreccia con quello più grande e collettivo delle carceri italiane, dove il limite è stato superato da tempo.
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