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Stranezze di città, perché i bambini non riprendono a giocare all’aria aperta?

Nel periodo estivo stanno in casa davanti alla tv o al computer o al tablet, tra giochi virtuali e social

Nei giorni di obbligato riposo, gonalgia acuta ginocchio destro… che invidioso ha voluto la stessa attenzione del ginocchio sinistro, ho letto il libro “Dove mi hai portata” di Maria Grazia Calandrone.

Mi ha colpito quanto scritto in un capitolo del libro:

A Crescenzago c’è una casa di ringhiera chiamata la curt de l’America, forse perché, proprio dirimpetto, parte il tram per Stazione Centrale, dove si prende il treno per Genova, e poi si salpa per il vivo, per il sogno a colori della Merica.

Negli anni sessanta la corte è un microcosmo, un villaggio con i suoi negozi: spaccio alimentare, parrucchiere, ferramenta, panettiere. Il retro del palazzo affaccia sul metro d’acqua del Naviglio, che è insieme spiaggia privata e discarica, pure dei vasi detti “da notte”, benché usati da tutti anche in orario diurno, visto che i gabinetti sono esterni, due per quattro famiglie di quattro o cinque persone ciascuna. Ma si vive anche bene, il cortile è di tutti, i ragazzini giocano a pallone fino a sera, le donne stendono i panni e commentano guai e soddisfazioni di quella comunità fondata sul bisogno; ogni tanto si litiga per una cipolla, poi ci si riappacifica e si mangia insieme”.

Nello stesso periodo il mio amico fotografo mi ha inviato una foto scattata a Centocelle, quartiere di Roma, con una sua annotazione “ er cortile de ’na vorta”.

Il mio amico ha visto i bambini giocare nel cortile mattonato di una casa senza le ringhiere; ha visto donne stendere i panni nel cortile con i fili , qualcuna sul terrazzo condominiale; ha visto anziani seduti a parlare all’ombra dei muri, non degli alberi che non ci sono.

Ho subito pensato di aver trovato “la stranezza di città” di fine luglio 2024.

RALLENTARE BAMBINI ALLEVATI ALL’APERTO è stampato sul cartello con sfondo giallo, con due piccoli segnali di pericolo.

Gli anni sessanta del secolo scorso, non sono gli anni del duemila.

I bambini giocavano all’aperto, giocavano sotto casa con altri bambini, cadevano, si sbucciavano le ginocchia, era la normalità.

Le donne sbrigando le loro faccende domestiche avevano il controllo della situazione.

In quegli anni lavoravano, tanti non trovavano nemmeno lavoro, solo gli uomini adulti.

Il bambino, oggi, ignora quei giochi degli anni sessanta:un-due-tre stella”, “la campana”, “palla avvelenata”, “battimuro”, non sa andare in bici e non si è mai arrampicato su di un albero.

Lo vedo nel mio palazzo a Tor Tre Teste, ma anche negli altri. Dopo la chiusura delle scuole per il periodo estivo i bambini stanno in casa davanti alla tv o al computer o al tablet, tra giochi virtuali e social. 

All’improvviso li senti correre dentro la loro casa, il pavimento di tutte le camere e dei servizi diventa una piccola palestra dell’abitazione.

D’altronde, In qualche modo devono pur scaricare la loro enegia.

Ho scritto all’Amministratore Condominiale, chiedendogli di creare un’area per far giocare all’aperto i bambini.

I giochi all’aperto contribuiscono a sviluppare il sistema immunitario, la vista e la vitamina D utile per le ossa. Inoltre giocando all’aperto i bambini danno libero sfogo al libero pensiero, alla libertà dei movimenti, stimolando la creatività, l’immaginazione e la socializzazione. 

Sviluppano condivisione, cooperazione , empatia e fanno nuove amicizie.

Giocare all’aperto non è come come correre sul pavimento di casa.

Giocare all’aperto aiuta a migliorare l’umore e allentare le tensioni.

I loro genitori lo sanno bene e lo possono ricordare, a loro veniva concesso il cortile del palazzo.

i bambini di oggi, diversamente dai loro genitori, da adulti, non avranno ricordi d’infanzia legati al divertimento e ai giochi all’aria aperta.

Siamo sicuramente passati dalla spensieratezza dei bambini di un tempo, allo stress di quelli di oggi: 

Entrambi i genitori, che oggi lavorano, sostituiscono il gioco all’aria aperta con tante attività scolastiche ed extra scolastiche, corsi di lingue e suonare uno strumenti musicale.

Noi nonni, negli anni sessanta bambini, ricordiamo con allegria il marciapiede sotto casa, un gesso, la campana fatta a mano, due salti e tanti sorrisi per essere felici e spensierati, anche con qualche vestito sporco in più.

Mi è venuto un pensiero, non è che quel cartello fotografato dal mio amico è a Centocelle dagli anni sessanta del secolo scorso, e nessuno lo ha mai tolto?


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