A spasso per Roma (6). TEBRO, la biancheria su misura dal Re al Presidente

Intervista al titolare Stefano Pizzolato, presidente dell’Associazione Negozi Storici d’Eccellenza di Roma

Viene quasi da pensare che conti poco ciò che accade nel Palazzo di Montecitorio se lo gnomone di Augusto si rifiuta, nonostante la direzione indicata dalla meridiana, di puntare l’ombra al suo portone. L’antico obelisco egizio, collocato nel 10 a.C. come gnomone del solarium Augusti in Campo Marzio, servì a verificare la validità della riforma calendariale di Giulio Cesare, che erroneamente prevedeva un anno intercalare ogni tre anziché ogni quattro. E meno male perché, sebbene chi scrive non sia superstizioso, non può non osservare che il detto ‘anno bisesto anno funesto’ è stato nuovamente confermato dal 2020. Oggi, leggendo la dedica di Augusto al sole, incisa sulla base del saggio gnomone per l’eternità, torniamo a pensare a chi può raccontarci almeno una porzione di quel tempo trascorso che il romano con tanta precisione ha sempre voluto misurare. Ci spostiamo appena dietro la piazza, all’angolo tra via dei Prefetti e via di Campo Marzio, dove nel 1867 aprì uno dei magazzini tessili più esclusivi di Roma: TEBRO.  Il titolare, Stefano Pizzolato, racconta: Tebro nasce come azienda retail ed il nome è un acronimo che sta per Tessuti e Biancheria Roma. È una delle poche aziende romane che non prende il nome della famiglia proprietaria, anche perché nacque dalla fusione di due attività e la mia famiglia iniziò a gestirla solo nei primi anni del 1900.

In quel periodo storico cosa si vendeva di più e chi erano i vostri clienti?

All’epoca si vendevano molti tessuti perché le signore cucivano in casa i propri capi. Essendo una delle poche aziende di pregio che facevano commercio di tessuti e abbigliamento, la Casa Reale si rivolgeva a noi, facevamo biancheria su misura per tutte le famiglie nobili e importanti. Veniva fornito da noi anche il Vaticano, abbiamo servito gli ultimi sette Papi. Ma facevamo anche i grembiuli scolastici per i bambini, facevamo abiti da lavoro, insomma un po’ di tutto. Negli anni poi c’è stata una specializzazione sempre più forte nei settori della biancheria per la casa e dell’intimo e nel 1990 abbiamo abbandonato l’abbigliamento.

Lei ha servito gli ultimi papi, che tipo di indumenti le hanno chiesto?

Di persona ho seguito Papa Giovanni Paolo II, Papa Ratzinger e Papa Francesco. Ogni volta che finisce il Conclave, ci chiamano e noi forniamo la biancheria per la stanza del Papa. Le esigenze poi sono diverse, posso raccontarle ad esempio che in occasione dell’ultimo compleanno di Papa Giovanni Paolo II abbiamo fatto le tovaglie e sia le tovaglie che i tovaglioli riportavano naturalmente lo stemma del Vaticano. In più abbiamo pensato di ricamare le iniziali del Papa sul tovagliolo. La cosa interessante fu che la Madre Superiora che gestiva all’epoca la Domus Sanctae Marthae, ci fece ricamare per il Papa ben nove tovaglioli, tutti per la stessa cena. Io rimasi abbastanza stupito, mi chiedevo come mai non bastasse un tovagliolo, ma poi ho scoperto che c’è una consuetudine all’interno del Vaticano per cui si fa realizzare per il Pontefice, in determinate occasioni, un po’ più di biancheria da conservare; in quel caso nove tovaglioli perché durante il pasto man mano glieli cambiavano e una parte del personale del Vaticano li avrebbe tenuti, un po’ come una reliquia. È successo anche con Papa Ratzinger che dormì per alcuni giorni alla Domus prima di trasferirsi nelle stanze vaticane, per quei primi giorni ci fecero realizzare una decina di federe e anche quelle poi vennero distribuite. Posso dire che per Papa Francesco, la biancheria richiesta è stata molto basic, non ha voluto niente di ricamato, niente di particolare, anzi quando abbiamo mandato la biancheria all’interno della Domus Sanctae Marthae, che avevamo immaginato dovesse essere un po’ più importante, ce l’hanno rimandata indietro e abbiamo dovuto rifornire una biancheria più standard. Ogni Papa ha un suo modo di pensare.

A parte il Vaticano, chi sono oggi i clienti importanti?

Noi oggi forniamo la Presidenza della Repubblica, sia per la parte istituzionale, quindi pranzi e cene istituzionali, sia la biancheria per l’aereo del Presidente. Forniamo la Presidenza del Consiglio, diversi Ministeri e più di 40 ambasciate straniere in Italia ed una trentina di nostre sedi diplomatiche all’estero. Poi personaggi di cui non posso fare il nome ma si tratta di attori, cantanti, aristocratici. Le esigenze sono cambiate rispetto a trent’anni fa perché la biancheria richiesta prima era molto ricca e importante, adesso si va su cose di qualità ma non sfarzose. Diciamo che quel tipo di biancheria oggi è predominio della clientela straniera, quella araba, quella russa che adesso non so quando rivedremo più. Il cliente italiano predilige invece un prodotto essenziale, le stesse famiglie nobiliari tendono a comprare cose più moderne e sul moderno si abbandona la ricchezza della biancheria d’un tempo.

Tebro ha superato due guerre mondiali, oggi la pandemia, qual è il segreto per affrontare i periodi di crisi?

Uno dei segreti per sopravvivere nel tempo è dare prodotti di qualità, un ottimo servizio e cercare sempre di fare attenzione alle esigenze del cliente. Anche durante la pandemia abbiamo continuato a lavorare, e anzi siamo andati meglio perché le persone vivendo di più la casa si sono accorte di avere necessità di un maggiore confort. Abbiamo venduto tute per la casa, pigiami, vestaglie, ma anche tovaglie, set da colazione.

La sfida più grande?

Quando si lavora in un’azienda familiare si viene completamente assorbiti da una innumerevole quantità di progetti, di idee. La società era solo un retail, compravamo e vendevamo prodotti finiti, la sfida è stata cambiare il tipo di business: alla fine degli anni ‘90 abbiamo iniziato a produrre, quindi a percorrere la strada del monomarca.  E’ stato difficile all’inizio, non avevo esperienza nel settore, mio padre invece era stato in fabbrica e conosceva le tecniche di produzione, grazie a lui oggi nel settore biancheria siamo un brand. Abbiamo messo a punto il laboratorio, abbiamo creato le collezioni, i tessuti, le stampe, i ricami, c’è stato un grandissimo lavoro durato diversi anni. Oggi quel grande lavoro ci ha ripagato perché possiamo fare innovazione, possiamo creare prodotti che altre aziende non propongono. Questo ci ha consentito di decidere lo stile e la qualità dei nostri prodotti, così mentre le industrie in questi ultimi tempi, per un problema di margini e di costi, hanno abbassato la qualità, noi l’abbiamo mantenuta e riusciamo a controllare i prezzi di vendita non avendo un passaggio intermedio.

Lei è presidente dell’Associazione Negozi Storici d’Eccellenza di Roma, cosa si propone?

Abbiamo dato vita nel 2008 all’Associazione con l’intento di far conoscere le nostre aziende ai flussi turistici in arrivo a Roma dall’Italia e dall’estero. Possono associarsi solo aziende che hanno svolto minimo 70 anni di attività nello stesso settore merceologico e la gestione deve essere stata svolta dalla stessa famiglia per almeno tre generazioni consecutive. Poi ci sono i requisiti di immagine, di decoro, di rispetto delle leggi e delle delibere sul commercio, di rispetto del personale dipendente. Siamo molto selettivi, abbiamo declinato la richiesta di aziende che avevano anche 100 anni di storia, perché non rispettavano le regole. Il nostro intento è di dare supporto alle aziende storiche ma non cerchiamo finanziamenti, la politica sbaglia pensando di dare magari 5 o 10.000 euro alle aziende storiche pensando così di risolvere i problemi. Noi chiediamo alle Istituzioni semplicemente di dare alle aziende storiche la visibilità che meritano. Con l’attuale Giunta Capitolina non abbiamo ancora avuto contatti, ci aspettiamo prima o poi di capire se c’è una volontà di collaborare.

 

“Non credo nell’aldilà, anche se mi porterò la biancheria di ricambio”. Woody Allen

 

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