Alla Camera dei Deputati il convegno “Giudici senza limiti?”

Organizzato dal centro studi Livatino
Aula Gruppi Parlamentari (immagine di repertorio)

Venerdi 20 ottobre 2017 si è tenuto il convegno “Giudici senza limiti?” presso l’aula dei gruppi della Camera dei Deputati a Montecitorio. Il convegno, organizzato dal centro studi Livatino, è stato moderato da Filippo Vari, Domenico Airoma e Alfredo Mantovano, vicepresidenti del Centro Studi.

I lavori della prima sessione – dedicata a “Il quadro internazionale: dialogo fra le corti o Babele del diritto?” – sono stati avviati da Domenico Airoma, ex sostituto procuratore presso la DDA di Napoli e attuale procuratore aggiunto al Tribunale di Napoli Nord. Airoma ha spiegato come oggi – anche sulla scorta del ruolo delle istituzioni europee – si stia andando incontro al rischio di un “attivismo giudiziario” in cui il giudice diventa un protagonista anziché mantenere un profilo basso. Secondo questa visione il ruolo silenzioso del giudice sta lasciando spazio a una pratica che potrebbe costituire un vero e proprio “terremoto sociale”.

Airoma ha spiegato come questa tematica sia particolarmente rilevante in tema di nuovi diritti: “Spetta al giudice, per il tramite dell’interpretazione, occuparsi dei nuovi diritti, come quelli legati alla genetica”. In questo contesto l’emergere della figura di un giudice protagonista fa scattare dei campanelli d’allarme.

Dopo l’intervento di apertura di Airoma ha preso la parola il giudice della Corte di Giustizia UE Anthony Borg Barthet. Il giurista maltese ha spiegato che “è necessario lasciare l’ego fuori dal caso e attenersi ai fatti”. Anche Borgh Barthet ha posto l’attenzione sul rischio di attivismo giudiziario, che spesso porta ad errori anche gravi. “Dobbiamo colmare le lacune del diritto, senza mai preoccuparci se la nostra sentenza è popolare o no. Dobbiamo lavorare nel silenzio”.

Il giudice ha inoltre ammonito sulla necessità di ricordarsi di essere umili: “Dovremmo sempre leggere qualche nostra sentenza passata per ricordarci che siamo umani fallibili e non divinità”. L’intervento è stato salutato con scroscianti applausi provenienti anche dalla ampia porzione di studenti presenti in aula.

Tra gli interventi anche quello di Francisco Javier Borrego Borrego, avvocato dello Stato in Spagna. Borrego Borrego ha espresso la necessità di evitare non solo l’attivismo giudiziario, ma anche quella che lui ha definito “creatività giudiziaria”: “Se possibile – ha spiegato l’avvocato spagnolo – la situazione nel tempo è peggiorata. Dall’attivismo giudiziario, che era pericoloso, siamo passati alla creatività giudiziaria, che è ancora peggiore perché distorce i testi e le leggi”.

Borrego Borrego ha descritto questo rischio sottolineando la presenza di aggettivi che sempre più spesso vengono usati per mascherare elementi ambigui. “Così come appioppare aggettivi alla democrazia porta a degli assurdi come quello della democrazia bolivariana, aggiungere aggettivi all’interpretazione delle norme è pericoloso. L’interpretazione deve essere solo interpretazione, senza aggettivi. Ne va della nostra credibilità”.

Il convegno è proseguito con la seconda sessione, dedicata a “Il quadro nazionale: attivismo giudiziario, diritto e diritti”. Tra i relatori anche Alfredo Mantovano, il quale ha parlato di “superamento dei confini nei fatti”. Il riferimento è all’eccessivo protagonismo che starebbe alimentando i giudici italiani negli ultimi anni. “Basti pensare – ha spiegato il vicepresidente del Centro Studi – che nel congresso dell’ANM di Siena è prevista una sessione dedicata ai nuovi diritti, e che uno dei relatori è il padre di Eluana Englaro”.

Secondo il presidente del Centro Studi Livatino Mauro Ronco “Negli ultimi anni la sovranità degli Stati è stata erosa dai mercati e da Strasburgo, sempre pronta a mettere l’economia davanti alla politica”. Il sistema giuridico internazionale avrebbe perciò contribuito alla formazione di giudici che sono sempre più protagonisti politici piuttosto che arbitri imparziali.


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