

Il patrono di Marino nella storia e nella tradizione locale di Ugo Onorati
Alla fine della lettura di questo libro* – pubblicato nel 2010 dall’Associazione Senza frontiere, ma di cui sono venuta a conoscenza solo da poco – , una domanda mi è venuta spontanea. E’ questo un libro di storia locale, nell’accezione comune del termine?
Sono convinta di no: la grande Storia entra con ampio respiro nelle pagine del libro insieme alle descrizioni minuziose delle cappelle, dei quadri, delle statue, del pulpito, dell’organo e di ogni particolare che Ugo Onorati ha descritto e analizzato – oso dire centellinato – con grande precisione e acutezza. Il fascino di questo testo nasce nell’intreccio continuo fra la storia cosiddetta locale e quella europea, non solo italiana. Merito dei Colonna forse, ma soprattutto dell’autore che ha sempre saputo dare una sorta di ampiezza a tutti i suoi lavori storici, come se il suo sguardo fosse rivolto non solo a Marino e ai Castelli, ma all’umanità di ogni uomo a cui la sorte ha dato di nascere in una certa epoca e in un certo luogo.
Cominciamo da San Barnaba, nato e martirizzato a Cipro, cugino di San Marco patrono di Venezia. La reliquia di un frammento osseo di un suo braccio – collocata in un artistico braccio d’argento – ha viaggiato fortunosamente attraverso il mare Mediterraneo e probabilmente per merito della moglie di Fabrizio Colonna, la nobile Anna Borromeo, nipote del cardinal Federico di manzoniana memoria, è arrivata a Marino. Onde tranquille – forse – quelle che hanno accompagnato la reliquia in Italia insieme a molte altre, sparse oggi in varie regioni. Mentre sono piene di sangue, di grida, di morte quelle della battaglia di Lepanto, di cui si conserva nella Collegiata uno scudo. Uno scudo di legno, ricoperto di cuoio, che spicca realistico, concreto fra i dipinti colorati e le statue di marmo. Scrive Ugo Onorati ”…lascia pochi dubbi che non si tratti di uno scudo tolto al nemico, quanto piuttosto dell’ex voto di un combattente cristiano testimone diretto dell’evento e con tutta probabilità nato a Marino”.
Con il fragore della decisiva battaglia contro i Turchi entrano in scena la Lega Santa, Pio V e soprattutto Marcantonio Colonna, e ancora una volta l’ isola di Cipro e san Barnaba. Il papa, volendo mettere in risalto l’aspetto religioso dell’avvenimento, nominò Marcantonio Capitano generale e Prefetto dell’armata navale della Santa Sede proprio l’11 giugno, anniversario del martirio del santo .
Interessante per la storia della Collegiata anche la personalità del cardinale Girolamo Colonna, figlio di Filippo, la cui statua monumentale in atto di preghiera biancheggia all’interno. Il cardinale, pur restando per lunghi anni a Bologna come arcivescovo di quella città – lo sarà poi di Frascati -, continuò a occuparsi costantemente della costruzione del duomo di Marino. E ci volle una sua statua che lo celebrasse, ma nello stesso tempo cercò – a detta di Onorati, pensiero che condivido – di risparmiare sul quadro del martirio di San Barnaba, affidandolo alla bottega del Guercino e non al Guercino stesso, con il quale ebbe una breve corrispondenza, ora nell’archivio Colonna.
A voler essere ancora più sintetici, con un salto di quasi due secoli si giunge a Napoleone e ai sacerdoti della Collegiata che rifiutano di prestare giuramento di fedeltà al nuovo imperatore, subendo per questo l’internamento e la deportazione.
E ancora nel 1851 la vista del re di Napoli, Ferdinando II, e di Pio IX che insieme entrano nella Collegiata. E infine papa Giovanni XXIII che chiude, in qualche modo, il mio discorso ritornando a San Barnaba con le parole rivolte ai Marinesi: “…cari Marinesi, tra noi c’è una parentela spirituale: io come Patriarca di Venezia mi tengo sempre figlio di San Marco, i buoni Marinesi sono figli del loro patrono San Barnaba. San Marco e San Barnaba erano cugini. Veniamo quindi dalla famiglia di due cugini, siamo parenti”.
Naturalmente anche il popolo minuto è presente in questo libro: la popolazione di Marino elegge San Barnaba suo protettore molti anni prima della consacrazione ufficiale. Così la leggenda: sembra che per tre anni consecutivi a partire dal 1615 una terribile grandinata abbia devastato le campagne di Marino proprio nel giorno di San Barnaba. Ritenendo tale avvenimento un segno soprannaturale, i Marinesi chiesero la protezione del Santo e da quel giorno nessuna grandine venne più dal cielo, almeno in quel periodo. E poi la peste del 1656 che riduce la popolazione da 3000 anime a 800, tragico avvenimento che rallentò la costruzione della Chiesa. Di qualche anno precedente un episodio che ha il sapore dell’attualità: il cardinale Girolamo Colonna aveva consegnato una somma destinata alla costruzione della Collegiata nelle mani del camerario e degli ufficiali del castello. E loro, tranquillamente, pensano bene di spenderla facendo una cavalcata fino a Roma e una volta giunti lì di “ pazzeggiare alle osterie”.Dovevano essere noiose, interminabili le ore da passare al castello.
Infine non potevano mancare alcuni gustosi detti popolari che si riferiscono a San Barnaba: ” Ce vorìa u bracciu ( per risolvere una situazione difficile), “ Nun basta nemmeno u bracciu” ( Situazione disperata in cui non bastanemmeno ilbraccio di San Barnaba), “ Te sì magnatu pure u bracciu” (si può rivolgere ad una persona insaziabile, specialmente a tavola).
Ci sono ancora molte notizie interessanti e altri detti in questo libro- io ne ho soltanto dato una spruzzata. Da leggere con attenzione, seguendo la prosa colta e insieme limpidissima di Ugo Onorati e gustando le belle foto a colori.
* Ugo Onorati, San Barnaba Apostolo nella storia e nelle tradizioni di Marino, Marino, Tipografica Renzo Palozzi, 2004.
Le foto presenti su abitarearoma.it sono state in parte prese da Internet, e quindi valutate di pubblico dominio. Se i soggetti o gli autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, non avranno che da segnalarlo alla redazione che le rimuoverà.