Municipi:

Da un occidente debole una speranza per la Palestina

Cosa succederà? Nulla di buono, finché Europa ed USA continueranno a gestire le relazioni tra Palestina e Israele

«Palestina» è un nome amaro. Fu dato dai Greci alla regione a sud della Siria, ma i Romani, quando dispersero per il mondo il popolo ebraico, lo usarono per indicare il territorio che dal Giordano al mar Mediterraneo occupava le regioni della Giudea e della Galilea; intitolare quella terra con un nome che richiamava i nemici storici delle tribù israelitiche, i Filistei, era l’ultimo sberleffo.

E da lì ci mancano, gli ebrei, da due millenni, almeno la gran parte di loro, eppure quella terra rimane stabile nel loro cuore: non vi saprà mai rinunciare, in una fedeltà che va ben oltre ogni capacità umana. Il possesso di quella terra è legato per loro alla promessa di Dio in occasione dell’alleanza con loro, segno ancor’oggi dell’identità di ogni ebreo.

Quel popolo è stato scelto per portare la benedizione di Dio in tutto il mondo – dice la Bibbia – e per farlo conoscere a ogni creatura: è questo lo scopo dell’alleanza. Il popolo però non è andato in massa a predicare Dio per il mondo, ma vi è stato costretto dalle circostanze. E se benedizione hanno portato, per loro tutto è stato segnato da dolore e maledizione.

Il possesso di quel territorio testimonierebbe che il popolo ha corrisposto alla Sua vocazione, che è rimasto fedele all’alleanza con Dio; per questo ogni esilio, ogni diaspora non fa che acuirne il desiderio, che è soprattutto desiderio di quel particolare rapporto con Dio, di quell’elezione che è la loro identità. Israele non potrà mai rinunciare a quella terra, salvo voler rinunciare ad esistere.

Se non si comprende questo, è impossibile ogni dialogo. La storia ebraica è assurda, è un’eccezione sotto ogni punto di vista, e di questo dobbiamo tenerne conto. Ogni altra terra sembra rigettarli, ogni popolo in cui hanno pensato di inserirsi li ha ghettizzati, perseguitati o rigettati; l’odierna Palestina rimane per ciascuno di loro la casa che li attende. Essa però – dice sempre la Bibbia – sarà dono di Dio, non sappiamo come, non sappiamo quando.

Quella terra tuttavia non è mai stata, in fondo, del tutto loro. Anche nel momento storico di maggior splendore,  quando regnavano Davide e Salomone, la terra era abitata anche da altre popolazioni, di altra religione ed etnia. La convivenza con altre genti – poche volte pacifica – è sempre stata motivo di sconcerto, sin dai tempi più antichi.

Il popolo palestinese che abita oggi quei territori è di altra etnia e religione, ma assomigliano molto all’Israele di un tempo. Anch’essi sono tra i poveri di questa terra (“ebreo” è il termine biblico con cui si indicano gli schiavi stranieri in Egitto, che vennero insieme liberati da Mosè e sotto il Sinai divennero un unico popolo). Anch’essi appartengono a quei popoli invisibili della storia, di cui poco si sa e ancor meno ci si preoccupa; sono infatti invisibili nelle decisioni dell’ONU e delle autorità britanniche dell’inizio del secolo scorso, sono appena percepiti come un fastidio, in seguito, per la realizzazione delle decisioni europee. Anch’essi hanno cercato rifugio in altri paesi, in particolare nei paesi vicini che consideravano fratelli, e vi sono stati ghettizzati, sfruttati o rigettati. Anche loro sembrano non avere alternative a quel territorio che per loro è casa. E l’Israele moderno per loro è ciò che furono per Israele gli antichi romani.

Tuttavia, non è proprio così: Israele non è Roma, non ne ha il potere e il cinismo. Le decisioni sui popoli del Mediterraneo allora si prendevano a Roma, ma oggi non si prendono a Gerusalemme, bensì a Washington D.C. e nelle sue capitali-satelliti europee.

L’Europa ha prima tentato di sterminare il popolo ebraico (anche la Russia, nonostante le proclamazioni contro l’antisemitismo da parte di Stalin, non fu da meno degli altri paesi) per poi decidere di creare in modo artificiale l’odierno stato d’Israele per lavarsi la coscienza ed espellere una volta per sempre dai propri confini, recitando il ruolo di benefattrice, ciò che restava del popolo ebraico. Gli Stati Uniti, con l’appoggio reverenziale degli europei, ne ha approfittato per estendere il suo controllo sul Medio Oriente, attraente per petrolio e commercio. E i palestinesi ci sono andati di mezzo.

È un capolavoro di malizia: riuscire a trasformare agli occhi della pubblica opinione due popoli perseguitati in cerca di casa e identità in terroristi senza scrupoli, mentre coloro che hanno generato queste tensioni e le hanno alimentate passano per pacifisti santi e immacolati.

Cosa succederà? Nulla di buono, finché Europa ed USA continueranno a gestire le relazioni tra Palestina e Israele. Niente di buono, finché Israele non vedrà nei palestinesi il proprio volto di bambino, quando era  soggetto ai capricci dei potenti di turno. Niente di buono, finché i palestinesi, liberatisi dai falsi amici vicini, non vedranno nel popolo di Israele un volto fraterno, il volto di coloro che sono stati anch’essi diseredati e perseguitati. Per la prima volta nella storia si potrebbe realizzare un accordo tra “deboli”, una volta liberatisi ciascuno dalla stretta dei propri potenti padroni.

Dalla schiavitù egiziana, grazie a Mosè – e a Dio – nacque una nazione nuova, un popolo indistruttibile, in cui i discendenti di Giacobbe si mischiarono a gente di ogni razza e religione: furono essi a portare al mondo una sapienza che ancor’oggi illumina miliardi di persone. Dalla schiavitù occidentale chiediamo a Dio e agli uomini di buona volontà di dare vita a un popolo che sia luce abbagliante di pace e riconciliazione, tale da stupire il mondo intero.

La debolezza politica europea e la debolezza di leadership degli Stati Uniti siano oggi non l’inizio di un nuovo dominio con nuovi padroni, ma l’occasione perché nel cuore degli uomini possa risuonare la voce di Dio che, se ha promesso al popolo ebraico un territorio, non si offenderà di certo che esso sia condiviso con il popolo palestinese, coloro che, per la loro debolezza e povertà, sono ugualmente cari al Suo cuore di Padre.

don Domenico Vitulli


Questo articolo è stato utile o interessante?
Sostieni Abitarearoma clicca qui! ↙

2 commenti su “Da un occidente debole una speranza per la Palestina

  1. Complimenti, un ottimo articolo, peccato che la soluzione proposta non verrà mai perseguita fino a quando il Dio Denaro sarà dominante.

  2. Se posso aggiungere una postilla…. Re Davide e Re Salomone sono personaggi biblici, non sono personaggi storici, almeno fino ad oggi l’archeologia e la storiografia non ha prove circa la loro esistenza.
    Cosi come non c’è prova archeologica di alcun Primo Tempio di Salomone anche questi re sono frutto di tradizioni religiose ma che fuori dai racconti biblici non trovano altre prove “terze”.

    Un saluto

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Scrivi un commento