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Il “Segreto di Stato”, la strategia della tensione e una storiaccia dimenticata

Tra poco più di 20 giorni ricorrerà il 44° Anniversario della strage fascista-piduista alla Stazione Ferroviaria di Bologna, del 2 Agosto 1980

Spesso tra il Palazzo e la piazza  è una nebbia si folta o un muro sì grosso che non vi penetrando l’occhio  degli uomini, tanto sa el popolo di quello che fa chi governa e della ragione perché lo fa, tanto delle cose che fanno in India,”.(Francesco Guicciardini, Ricordi Politici e Civili 1530)

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Se c’è qualcuno che ha il diritto di dire il falso questi sono i governanti per ingannare nemici e concittadini, nell’interesse dello Stato.” (Platone, La Repubblica, 380-370 A.c.)

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Tra poco più di 20 giorni ricorrerà il 44° Anniversario della strage fascista-piduista alla Stazione Ferroviaria di Bologna, del 2 Agosto 1980, che ci è costata 85 morti e oltre 200 feriti. Come molte altre che hanno segnato, negli anni dal 1969 in poi, le tappe di uno stragismo nero che ha costellato il nostro Paese di morti e feriti, quella strage, meglio l’accertamento della verità giudiziaria su quella strage, ha visto scendere in campo, oltre alla bassa forza fascista e al gruppo composito (ma anch’esso nero) dei mandanti tutta una serie di componenti di Apparati diversi delle Stato – che ancora qualcuno definisce “deviati” – in funzione di agenti depistatori attivatisi per coprire la verità effettuale delle cose, dando coperture le più diverse a chi quelle stragi aveva programmato ed eseguito o negando pervicacemente per anni la verità, come  è accaduto per la strage di Ustica (27 Giugno 1980) di poco precedente a quella di Bologna che – costataci 81 morti – sebbene per motivazione e svolgimento diversa dalle altre, si inseriva perfettamente nel quadro eversivo che in quegli anni si stava disegnando in Italia.

Erano in molti nelle cosiddette istituzioni ad essere in contatto con il Gruppo di Freda e Ventura, la filiale veneta di Ordine Nuovo di Pino Rauti.: Erano in molti ad aiutarli, a spingerli a fare sempre di più. Erano in tanti a coccolare l’Avvocato e le sue ossessioni naziste ed antisemite. Probabilmente, gli serviva così.”. Così scrive Enrico Deaglio nel suo ”La Bomba” (Feltrinelli, 2019) ragionando su Piazza Fontana a cinquant’anni dalla strage e sulle connivenze che gli assassini neri trovarono nelle Istituzioni. Un copione che vedremo riprodotto – data la sua buona riuscita per chi l’aveva messo in scene – molte altre volte, in situazioni se non uguali, simili. Un copione difficile da smontare, la prima o la seconda volta, ma poi – proprio perché sempre uguale a sé stesso: bombe di destra attribuite alla sinistra – prevedibile e che dunque evidenziava non solo la stessa mano, ma anche la poca intelligenza di chi l’attuava.

Quei silenzi, quei depistaggi, quelle coperture hanno tutte un nome che può apparire improprio, ma che, invece, classifica e definisce precisamente quella strategia criminale e il nome è: “Segreto di Stato”; nella sua doppia veste di silenzio pervicace sulla verità effettuale delle cose, vedi. ad esempio, il “Piano Solo” del 1964, scoperto grazie ad un’inchiesta giornalistica ovvero l’”Affare Gladio”, venuto a galla grazie agli articoli di Mino Pecorelli (per il suo Osservatorio PoliticoOP), che non era certo un giornalista democratico, anche se nel suo mestiere bravo.  Oppure, come scritto in precedenza, sotto forma di depistaggi, coperture, falsificazione di prove e documenti, come nel caso delle innumerevoli stragi fasciste (da Piazza Fontana in avanti) attribuite alla sinistra (ananrchici compresi) sebbene fossero tutte opera della destra eversiva  in combutta con elementi della P2 et similia.

Il Segreto di Stato

Il Segreto di Stato è un vincolo posto dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Secondo la normativa italiana vigente, è il più elevato istituto giuridico di protezione delle informazioni. Esso si distingue dall’altro Istituto di protezione delle informazioni, la Classifica dei Documenti, per l’opponibilità all’Autorità giudiziaria (ovvero, ove venisse posto, l’impossibilità, anche da parte dell’Autorità Giudiziaria, di acquisire e/o visionare informazioni e Documenti su cui sia stato appunto apposto il Segreto di Stato) che, al contrario, non è consentita per quanto riguarda i Documenti classificati.

L’Istituto del Segreto di Stato è presente nel Diritto domestico italiano fin dal 1930. Nel secondo dopoguerra, diverse sono state le norme che hanno disciplinato questo Istituto giuridico, a partire dalla Legge N. 801/’77, passando per la Legge n.124/2007, fino ad arrivare al DPCM N. 5/2015.

Ma non scriverà qui di quelle stragi. Tratterò,  invece, di una storia che ha a che fare col Segreto di Stato, ma è una storia accaduta  ormai molti anni fa e che è stata da tempo dimenticata dalla nostra Memoria e dunque è il caso che la si riporti alla luce .Mi riferisco alla sparizione di Graziella De Palo e Italo Toni, avvenuta esattamente il 2 Settembre 1980, ovvero u8n mese esatto prima della strage fascista-piduista alla Stazione Ferroviaria di Bologna.

La De Palo e Toni erano due giornalisti del Quotidiano romano del pomeriggio “Paese Sera”, inviati in Libano per indagare su di un traffico d’armi con base di partenza Beirut. I due giornalisti, il 2 Settembre di 44 anni fa scomparvero, senza lasciare traccia alcuna e i loro corpi – ad oggi – non sono stati ritrovati.

Graziella De Palo, 24 anni, indaga sui traffici di armi per il quotidiano Paese Sera e per la rivista l’Astrolabio, mentre Italo Toni, 51 anni, è un esperto di questioni mediorientali e per questo collabora con diverse testate, anche internazionali.  Da dieci giorni si trovavano in Libano per raccontarne la guerra civile, coacervo di contraddizioni politico-militari e terreno di scontro di più raggruppamenti, politico-militari, nonché laboratorio di quella che sarà, due anni dopo, l’invasione israeliana mossa da Ariel Sharon. Ma soprattutto il loro obiettivo è indagare sui traffici d’armi e sugli intrighi internazionali che vedono anche la partecipazione dei servizi segreti italiani.

Italo e Graziella sono ospiti del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP), Formazione politica e militare di estrazione marxista guidata da George Habbash, che gli ha promesso di condurli a sud sulle colline, dove si trova il Castello di Beaufort, sulla linea dello scontro con l’esercito israeliano.
I due hanno scoperto che proprio in Libano avvengono traffici internazionali d’armi in violazione degli embarghi sanciti dall’ONU per loro è quindi una grande occasione unirsi a un gruppo di guerriglieri per raccontare proprio questo tipo di traffici.

Il 2 Settembre del 1980, dopo aver confermato le stanze d’Albergo e avvertito l’Ambasciata italiana, i  due giornalisti partono con alcuni militanti del FPLP. Da quel momento le loro tracce scompaiono nel nulla. E una pesante coltre di silenzio e nebbia, di quella spessa calerà sulla loro storia. Quel silenzio e quella nebbia hanno un nome: si chiamano “Segreto di Stato”.

Nicola De Palo, “Omicidio di Stato”, Curcio Editore, 2012  Un libro per ricordare Graziella e Italo, di cui, da tempo, è svanito anche il ricordo

Graziella De Palo, collaboratrice di Paese Sera e L’Astrolabio, viene rapita e uccisa a Beirut il 2 settembre 1980 con il collega Italo Toni, cronista dei Diari. Un disegno criminoso, ideato in Italia, ha messo a tacere per sempre i due giornalisti, “colpevoli” di aver indagato sui rapporti tra i Servizi segreti italiani e la loggia massonica P2, l’industria delle armi e i movimenti terroristici, il “lodo Moro-Giovannone” e, con ogni probabilità, i mandanti e gli esecutori della strage di Bologna. Questa è la loro storia, raccontata in modo rigoroso e sintetico.

Perché nel caso della sparizione di questi due giornalisti si parla di “Segreto di Stato”? Perché in questa storiaccia entra – “a piedi uniti”, si direbbe se stessimo facendo la telecronaca di una partita di pallone -il Colonnello Stefano Giovannone (1921-1985) Agente del SIFAR e poi del SISMI e come tale, Capo della Stazione di Beirut del controspionaggio italiano, con il nome in codice di “Maestro”. Giovannone aveva – nel corso dell’inchiesta giudiziaria aperta dal Giudice Squillante sulla scomparta di De Palo e Toni – fornito ripetutamente informazioni rivelatesi false, artat6amente congegnat5e e comunicate per sviare le indagini. Per questo era stato arrestato e accusato di favoreggiamento e rivelazione di segreti di Stato.

Giovannone, era uno stretto collaboratore del Generale Giuseppe Santovito (Tessera n. 527) faceva parte della “fazione“ dei Servizi Segreti diremmo così filopalestinese avversa all’altra  a questi contraria. (il tempo era quello del “Lodo” stipulato da Moro con l’OLP di Jasser Arafat per evitare attentati dei pale3stinesi in Italia). Ma nella st6yoriaacfcia della scomparsa dei due giornalisti italiani entreranno in scena anche molte altre figure particolari: gli iracheni, la Falange cristiano-maronita di Bashir Gemayel. i fascisti nostrani  Massimiliano Fachini, Stefano Delle Chiaie e Walter Sordi; nonché  personaggi ambigui, targati P2, come il “faccendiere” e uomo dei Servizi Francesco Pazienza e appunto il Generale Giuseppe Santovito.

Insomma, una storiaccia in cui il Segreto di Stato entra a coprire verità scomode per il Governo di allora, in tutt’altre faccende affaccendato, e storiaccia  che ha molte assonanze con l’uccisione, in Somalia il 20 Marzo del 1994,   della giornalista del TG3 Ilaria Alpi e del teleoperatore RAI Milan Hrovatin, anche loro impegnati a documentare un traffico d’armi in cui l’Italia pareva, con diversi riscontri, coinvolta. Storiaccia che ci ricorda, insieme a diverse altre, quanto sia – e resti – difficile  e rischioso il cosiddetto  “giornalismo d’inchiesta.

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(*) Lo stragismo di marca fascista, con annessi depistaggi e coperture della verità effettuale delle cose, era iniziato però molto prima del 12 Dicembre del 1969, il Venerdì nero di Piazza Fontana, a Milano. Era iniziato, ad esempio, il 25 Aprile del 1969, con gli attentati dinamitardi al Padiglione FIAT della Fiera di Milano e alla Stazione Centrale della città, ed era continuato, quell’anno, fino a quel 12 Dicembre milanese, ma anche romano visti gli attentati che pure nella Capitale erano stati preparati (all’Altare della Patria e a Via Bissolati, nella Sede della Banca Nazionale del Lavoro) e che, per fortuna, non fecero le vittime sperate dagli attentatori, certamente fascisti.

Per avere elementi conoscitivi maggiori, a sostegno di quanto ho affermato leggere il Volume: “Gli “Altri” Attentati del 1969”, curato da Paolo Morando ed edito dal Corriere della Sera /Gazzetta dello Sport, per la Collana “Terrorismo Italiano”. Il Volumetto è in Edicola questa settimana.


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