“Pensaci, Giacomino!” di Luigi Pirandello al Teatro Quirino

Un feroce atto d'accusa contro la società perbenista e ipocrita degli inizi del '900

Al Teatro Quirino ho vista ieri sera, venerdì 22 marzo 2024, questa commedia (con Pippo Pattavina, per la regia di Guglielmo Ferro) poco nota e poco rappresentata di Luigi Pirandello del 1916; un Pirandello ancora non assurto nell’Olimpo dei grandi autori del teatro nazionale e internazionale di ogni tempo, ma già sulla buona strada, e ciò a causa della netta e chiara presenza, nel testo, di quei “topoi”, tipicamente “pirandendelliani”, che renderanno celebre nel mondo il drammaturgo agrigentino: i paradossi esistenziali, la pluralità dei ruoli e la mancanza di un’identità ben definita, il rapporto conflittuale tra individuo e società, l’abbattimento del confine tra ragione e follia, le oscure e ambigue dinamiche che s’instaurano all’interno delle famiglie.

In “Pensaci, Giacomino!” il ruolo dell’individuo in lotta contro le convenzioni sociali e i pregiudizi moralistici, che condizionano la vita dei singoli, è assunto da un anziano professore di scienze naturali in un liceo di una cittadina siciliana, Agostino Toti, celibe e ormai prossimo alla pensione, oggetto di derisione tanto all’interno della scuola quanto al di fuori, a causa della sua bontà e disponibilità nei confronti dei giovani studenti. Un giorno il prof. Toti, per protesta contro uno Stato che gli corrisponde un modesto stipendio e che gli verserà tra non molto una pensione altrettanto esigua, e del tutto incurante di ciò che penserà e dirà la “gente”, decide di prendere moglie scegliendola povera, incinta, giovanissima; e ciò al fine di assicurare a lei, al suo giovane e disoccupato amante (il Giacomino del titolo) e al nascituro, un futuro sicuro grazie ai suoi beni che lascerà loro in eredità e alla pensione di reversibilità (che spetterà per molti decenni alla giovanissima moglie). È ovvio che il matrimonio che unirà il professor Toti alla moglie Lillina sarà solo apparente e che l’anziano docente, in realtà, vuole solo fare da padre ai due amanti e da nonno al bambino, ma ciò susciterà non solo i pettegolezzi da parte dell’intera società cittadina (sempre più scandalizzata dallo strano comportamento del professor Toti, ritenuto immorale perché in contrasto con le ipocrite regole e convenzioni sociali), ma anche la condanna “moralistica” all’isolamento sia del professore che della sua strana “famiglia”. A ciò si aggiungono le manovre che un uomo di chiesa (il parroco Landolina), con l’aiuto della sorella di Giacomino, metterà in atto per gettare fango sul professore e separare Giacomino da Lillina, lasciando così il povero bambino senza un padre. A tali manovre si opporrà il protagonista della pièce, il quale, con la sola forza della sua coscienza morale e affrontando coraggiosamente il reale potere dell’uomo di chiesa, riuscirà a convincere Giacomino a rifiutare il fidanzamento per lui “combinato” dalla sorella e ad assumersi le sue responsabilità di padre.

La scena “clou” della commedia è proprio l’ultima, quella nella quale, mentre Giacomino corre con in braccio il bambino da Lillina, il professore si scaglia contro il prete, don Landolina, con queste parole” «Vade retro! Distruttore delle famiglie! Vade retro!»,
e quando il sacerdote tenta di ribattere, rivolgendosi imperiosamente al ragazzo: «Giacomino, io credo…», Toti gli urlerà, quasi avesse assunto lui il ruolo del sacerdote (un sacerdote della scienza e della libertà di coscienza,) nei confronti del peccatore: «Che crede? Lei neanche a Cristo crede!».

“Pensaci, Giacomino!” è una commedia che scaturisce da una visione che unisce l’analisi impietosa e realistica dei “vizi privati e pubbliche virtù” di una società corrotta moralmente, e arretrata culturalmente (e non è un caso che il protagonista positivo sia un modesto professore di scienze naturali e che l’antagonista sia un uomo di chiesa, una chiesa fortemente compromessa con il potere), ad un profondo e anticonvenzionale impegno morale.

La pièce messa in scena al teatro Quirino riproduce con fedeltà il testo pirandelliano e, pertanto, non resta che fare i complimenti tanto al regista Gugliemo Ferro, quanto agli interpreti, tra i quali emerge l’anziano e sempre validissimo Pippo Pattavina, a perfetto agio nei panni del prof. Toti.

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