

Negli ultimi anni, sulla scia di una generale sensibilità più spiccata verso il connubio tra alimentazione e salute, si parla molto spesso di nutrienti e composti in grado di impattare in maniera importante su aspetti del benessere come la funzionalità del cuore e la riduzione del colesterolo.
Approfondire questa tematica vuol dire, per forza di cose, parlare di steroli vegetali.
Se stai leggendo queste righe, vuol dire che li hai già sentiti nominare prendendo informazioni su supplementi di varia natura – uno dei più famosi è danacol plus, integratore per il colesterolo, che li vede in associazione con la vitamina B1, o tiamina, nutriente prezioso per la funzionalità cardiaca – e che ti interessa approfondire le loro caratteristiche.
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Lipidi che, come dice il nome stesso, sono di origine vegetale, gli steroli che stiamo analizzando in queste righe si possono trovare nella frutta secca e in diverse tipologie di oli vegetali, ma anche, seppur in quantità decisamente più blande, nella frutta fresca e nella verdura.
Ormai da mezzo secolo e oltre, alla scienza sono noti i loro benefici inerenti la riduzione dei valori del colesterolo.
Le principali società scientifiche hanno decretato che, per poter parlare di quantità sufficiente nella dieta quotidiana, è sufficiente avere a che fare con dosaggi compresi fra 1 e 3 grammi al dì.
Per ottimizzare l’apporto di steroli vegetali, l’industria alimentare ha non a caso elaborato, come risposta alle sempre più centrali esigenze di salute dell’utenza, diversi cibi fortificati ai quali sono stati aggiunti.
Non bisogna però dimenticarsi di quelli che già di loro li contengono. Tra questi spiccano i broccoli (o cavoli), verdure crucifere note anche per i loro benefici antitumorali.
Numeri alla mano, in 100 grammi di broccoli a crudo possiamo trovare circa 39 mg di steroli vegetali.
Sono più o meno 30 i mg in più di steroli vegetali che, sempre a singolo etto, caratterizzano la composizione del frumento.
L’efficacia degli steroli vegetali contro il colesterolo è stata dimostrata, negli ultimi decenni, da oltre 60 studi ad alto impatto. A questo punto, è interessante vedere come agiscono questi lipidi su quello che, di fatto, è un altro grasso.
Nel momento in cui vengono assunti attraverso la dieta o tramite la supplementazione, da approcciare sempre chiedendo aiuto al proprio medico curante e solo in caso di effettive carenze, prendono il posto del colesterolo a livello delle micelle miste, aventi a loro volta il compito di trasportare il colesterolo fino agli enterociti, ossia le cellule epiteliali.
A differenza di quanto accade con il colesterolo, quando si ha a che fare con i fitosteroli soltanto una piccola quantità riesce ad arrivare fino al fegato.
Si innesca così un meccanismo che, con l’obiettivo finale del mantenimento dell’omeostasi del colesterolo stesso, arriva alla riduzione della quantità plasmatica di quello di tipo LDL, altrimenti noto, in linguaggio non scientifico, come colesterolo cattivo.
Nel corso del tempo, si è arrivati a scoprire che il meccanismo appena descritto è dose-dipendente, motivo per cui, a fronte di quadri di ipercolesterolemia importanti, gli specialisti tendono spesso a consigliare i sopra citati alimenti arricchiti – o funzionali – o mettono a punto piani di integrazione.
Sempre a proposito del meccanismo di dose-dipendenza, è bene ricordare che, a una decina di giorni dall’interruzione dell’assunzione dei cibi e degli integratori, gli effetti dei fitosteroli si interrompono.
Non c’è che dire: è una chiara dimostrazione di come siano vere le affermazioni che parlano dell’importanza della costanza nella dieta sana – per incrementare i fitosteroli, si può dare spazio a olive, olio di germe di grano, olio di mais – sottolineando il fatto che il corpo risponde bene alle abitudini sane portate avanti giorno dopo giorno.
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