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Università: futuro fai da te

Intervista al prof. Claudio Bernardi (docente di matematica all’università di Roma La Sapienza) ospite dell’Istituto Cavanis

Il 12 aprile 2013 l’Istituto Cavanis (scuola media e liceo scientifico paritario tra Centocelle e Tor Pignattara) ha ospitato il professor Claudio Bernardi (docente di matematica all’università di Roma La Sapienza) autore di un’interessante conferenza di logica matematica. Dopo la conferenza, durata circa due ore, il professore ha dimostrato una disponibilità e un amore per i ragazzi fuori da comune concedendo a me l’intervista e a ragazzi del quinto più di un’ora di orientamento.

Professore, cosa la spinge a promuovere una materia come la logica matematica, così poco abituale per un liceale?

Credo possa incuriosire parecchio. A scuola c’è un programma da seguire, ma avere qualche idea che possa incuriosire, che possa mostrare qualcosa in più, qualche applicazione, un extra che possa avvicinare lo studente al mondo universitario, credo sia una cosa utile. Credo molto nella collaborazione tra scuola superiore e università.

Durante la conferenza ci ha parlato del test Indam (istituto nazionale alta matematica) e delle relative borse di studio (40 premi da 4000 euro l’anno per tre anni e altre 40 da 500 euro); quanto, nell’università di oggi, le borse di studio vengono date per incoraggiare e quanto per tenere le eccellenze tra gli studenti legate a una determinata facoltà ?

Sono fatte essenzialmente per incoraggiare lo studente a scegliere una determinata facoltà, ma indirettamente hanno una funzione di orientamento: se provo a vincere una borsa di studio in una determinata materia e arrivo ultimo, probabilmente quella facoltà non fa per me.

Quindi il problema è l’opposto, più che tenersi stretti i migliori si vuole allontanare i meno dotati. L’università italiana ha bisogno di una selezione maggiore nell’accettare le iscrizioni?

Non di selezionare ma di orientare. Uno studente che, finita la scuola superiore si iscrive all’università e perde due o tre anni per poi cambiare completamente corso di laurea, non solo rappresenta una sconfitta per lo studente, ma anche un enorme inutile sacrificio per le famiglia, che si fa carico della retta, e un danno per l’università che investe su uno studente che poi andrà via. Per cui è meglio orientare prima, che cercare di rimediare dopo. Avere alle spalle un orientamento, inteso come: mettere lo studente in condizione di fare la scelta giusta, è fondamentale per avere una vita universitaria produttiva.

Ad un professore del liceo, quindi, cosa consiglia, meglio sacrificare una parte di programma e dare un orientamento migliore, o viceversa?

I professori hanno il grande problema del programma, per cui non possono permettersi di saltare argomenti che potrebbero finire nell’esame di stato, nonostante questo potrebbe fare il bene degli studenti. Per cui i professori devono completare il programma, cercando di rendere la propria materia la più appassionante possibile e facendo capire ai propri studenti che la cultura è in continua evoluzione. Per la matematica in particolare l’idea comune è che ormai sia quella, fissa e immutabile, ma non è così. E’ importante far capire quanto la matematica, così come la fisica e le altre scienze, siano materie vive, che ogni giorno risolvono e si pongono nuovi problemi. Bisogna far appassionare gli studenti al sapere, fargli venir voglia di approfondire. Un professore che rinuncia a questo, per fare la solita spiegazione noiosa leggendo dal libro di testo, nel comprensibile disinteresse generale, non sa fare il suo lavoro.

Da professore universitario cosa consiglia a un neo-diplomato?

Di fare quello che più gli piace, cosa che per un diciottenne non è banale. Spesso nella propria vita da studente si è condizionati: dal professore più o meno simpatico, da quello più o meno bravo, dal tipo di frequentazioni che si hanno ecc… E’ importante cercare di capire bene ciò che più piace per avere un percorso universitario sorretto dalla passione. E e se uno studente a diciotto\diciannove anni dice che non gli piace niente… apro le braccia sconsolato.

In un periodo storico in cui lavoro è diventata una parola tabù, l’università dovrebbe essere il luogo di maggiore speranza verso il futuro, perché quindi un ragazzo dovrebbe continuare a studiare non avendo la certezza di trovare il lavoro che gli competerebbe e per il quale si è preparato?

Il problema del lavoro in questo periodo c’è ed è grande e grave a livello nazionale. Quello di cui resto convinto è che se uno ha una buona laurea, presa con convinzione e con competenza, soprattutto nelle materie scientifiche, ha buone speranze di trovare un posto di lavoro. Magari non sarà eccezionale all’inizio, magari sarà scomodo o con uno stipendio non appagante, però ha buone possibilità di trovare un lavoro. Nonostante tutto i giovani bravi laureati qualcosina trovano sempre… il non laureato sta sempre peggio, sono convinto di questo.

Grazie professore, e arrivederci.

Ciao grazie a te.


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