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Urgente una terapia d’urto per risolvere l’emergenza casa a Roma

Gli “Ammessi” in graduatoria per avere una casa popolare al 31 dicembre 2023, sono 18.608 famiglie (circa 50.000 persone)

Stiamo passando a Roma dall’emergenza abitativa a quella sociale, con gravi e preoccupanti riflessi sui comportamenti e sui legami in tante realtà territoriali.

Sembra che per le Istituzioni e le forze politiche, ai diversi livelli, la questione casa non sia un problema urgente e primario, quando migliaia e migliaia di famiglie vivono una precarietà abitativa impressionante che causa disagi e fragilità.

A cercare di far conoscere e capire la condizione di quotidiano malessere e riportare con i piedi a terra chi dovrebbe governare e trovare soluzioni a questa grave e drammatica “sottovalutazione abitativa”, sono i dati delle graduatorie pubblicate nella prima decade di giugno, con la DD (Determinazione Dirigenziale) del Dipartimento Valorizzazione del Patrimonio e Politiche Abitative del Comune di Roma, dove sono riportati i numeri delle persone che chiedono una casa popolare all’Amministrazione Capitolina.

Gli “Ammessi” in graduatoria al 31 dicembre 2023, che hanno titolo per avere una casa di ERP (edilizia residenziale pubblica) sono 18.608 famiglie per un totale di circa 50.000 persone, con un incremento rispetto alla graduatoria dell’anno precedente di circa 2.000 famiglie, infatti la lista di attesa si fermava a 16.631.

Gli “Esclusi” sono molte migliaia e vanno tenuti presenti perché il motivo dell’esclusione, per gran parte dei soggetti che hanno partecipato al bando, sono riconducibili a “errori formali e di distrazione” come la mancanza di firma, l’assenza di copia del documento d’identità o il non invio della  raccomandata senza avviso di ritorno, e tali soggetti rappresentano una domanda reale di un fabbisogno abitativo non censito dal Comune. 

Il quadro di questa “sottovalutazione abitativa” deve tenere necessariamente conto della precarietà alloggiativa rappresentata dalle occupazioni di stabili in disuso, almeno 80 realtà per molte migliaia di persone nella Città Eterna (il caso più evidente è l’ex ENPAS), le migliaia di famiglie che vivono abusivamente in case occupate di proprietà pubblica senza titolo, oltre ai tanti sfrattati che hanno trovato sistemazioni precarie e di fortuna, e alla disperazione degli studenti fuori sede che studiano nelle Università di Roma. Questo fenomeno che caratterizza Roma in modo particolare, anche rispetto ad altre grandi città metropolitane italiane, è accompagnato sistematicamente dal nascere di dormitori abusivi, di tende per strada o piazze in posti significativi della Capitale, che vengono rimosse dai Vigili Urbani e dalle Forze dell’Ordine. I problemi sociali, purtroppo, non si risolvono come se fossero questioni di ordine pubblico. 

Di fronte a questa situazione che i numeri documentano nella loro crudezza, l’iniziativa capitolina come il “Piano casa per Roma”, è solo un tentativo di buona volontà ma non offre prospettive di assegnazioni e soluzioni a breve termine.

Non a caso all’indomani della pubblicazione delle graduatorie del Comune di Roma, la Caritas Diocesana ha parlato di “Una città nella città”, sostenendo con adeguate argomentazioni un appello che si riassume con queste parole: “Subito risposte all’altezza della dignità delle persone”.

E’ necessario cambiare passo con una terapia d’urto, che significa gestione trasparente, rigorosa e più veloce del patrimonio pubblico esistente, acquisizione di nuovo patrimonio, housing sociale, e costruzione di nuovi alloggi, anche per le famiglie composte da una sola persona. A Roma questa situazione rappresenta il 46% delle famiglie romane. Tutto ciò mentre aumentano le disuguaglianze sociali, ed è presente un latente impoverimento nella Capitale del nostro Paese che attende da anni una legge per uno status che attribuisca nuovi poteri a Roma Capitale simili a quelle di altre Capitali Europee, in grado di competere sul piano internazionale. Per il nostro Parlamento questa legge forse non è prioritaria e neanche urgente. 

Ecco perché la politica dell’abitare per la Capitale del nostro Paese deve vedere l’impegno non solo di Roma Capitale ma anche della Regione Lazio e del Governo, attraverso il Ministero delle Infrastrutture. 

Un esempio c’è stato alcuni giorni fa per i fondi destinati alla rigenerazione, al recupero, alla riqualificazione e alle ristrutturazioni per le  case popolari di Roma e dei comuni del Lazio, con un accordo siglato dal Presidente Rocca e il Ministro Salvini, per un finanziamento di 10 milioni della Regione e 43,9 milioni del Governo. Tuttavia l’accordo sopperirà alle mancate manutenzioni alle case popolari che in questi ultimi anni non sono state effettuate per mancanza di fondi, ma sarà sostanzialmente ininfluente per chi aspetta un alloggio. 

Che fare oggi?

Oggi cosa si dovrebbe fare per dare risposte a questa emergenza casa, che è ormai strutturale e rischia di degenerare, se non governata con buon senso e visione di futuro per Roma Capitale? 

Due itinerari per far comprendere la gravità di questa “sottovalutazione abitativa”: il primo una iniziativa di confronto, promossa dal Comune di Roma con tutti i soggetti interessati, sindacati, associazioni, imprenditori e volontariato, e valutare il reale fabbisogno abitativo di edilizia residenziale pubblica, che secondo stime ponderate, è sui 35 mila alloggi. Il secondo un urgente incontro fra i livelli istituzionali: Roma Capitale, Regione Lazio e Governo, in particolare il Ministero delle Infrastrutture, per chiedere l’applicazione della Legge n.133/2008, art. 11. Si tratta del Piano Casa, che ha come obiettivo prioritario la garanzia del “rispetto dei livelli minimi essenziali di fabbisogno abitativo sul territorio nazionale”.

La terapia d’urto si può fare, occorre una forte determinazione politica, ci vuole un po’ di coraggio per aiutare Roma a guardare e sperare nel futuro più solidale e più giusto.                                


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4 commenti su “Urgente una terapia d’urto per risolvere l’emergenza casa a Roma

  1. Vivo in pieno l’emergenza casa in quanto inquilina di un appartamento di proprietà Enpaia, la cui politica di dismissione è nota a tutti. Mi auguro che si dia voce anche a questa realtà.

  2. Articolo indubbiamente utile e veritiero
    E senza vergogna da parte di tutti i nostri Amministratori passati e presenti avrei molto da dire perché ho avuto modo di conoscere questa realtà sé VuoiSné riparliamo a voce.

  3. Sono in graduatoria da cinque anni
    di preciso sono 114 esimo nella graduatoria delle persone singole nonostante io vivo in centro di emergenza Sto aspettando ancora che mi chiamano per la casa
    sono anche invalidito

  4. Sono in graduatoria da 6 anni, sfrattato e da 2 senza fissa dimora. Ricevo aiuto nazionale viveri (Scarso) farina, zucchero pasta e fagioli in scatola. Costretto ad essere ospitato da amici e conoscenti, ma dopo qualche giorno l’ospite puzza. Ho versato all’Inps più di 250.000 € come contributi volontari, ma non ho 20 anni di versamenti, ma circa 18 se non erro. A 70 anni dove vado?

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