25 febbraio 2013: a dieci anni dalla morte di Alberto Sordi

Uno striscione dal cielo: “Sta vorta ciài fatto piagne!”

Il 25 febbraio 2003 a Roma, Alberto Sordi, attore cinematografico, doppiatore, regista, lasciava questo mondo, all’età di 82 anni. Era nato a Roma il 15 giugno 1920. Sembra ieri, ma sono già passati dieci anni!

Grande interprete della storia del cinema italiano, con Vittorio Gassman, Nino Manfredi, Ugo Tognazzi e Marcello Mastroianni, fu uno dei “mostri” sacri della commedia all’italiana nonché, insieme ad Aldo Fabrizi e Anna Magnani, rappresentante della romanità.

La figura del personaggio Alberto Sordi, chiamato affettuosamente dai romani Albertone, è descritta con efficacia ed essenzialità nel libro di Enzo Biagi: “Dizionario del novecento”, un libro dove sono narrate storie di uomini e donne, oltre a fatti e parole, che hanno segnato la nostra vita e quella del mondo.
Biagi descrive così Sordi: “La notizia, o la conferma, la diede Pippo Baudo: l’attore più caro al nostro popolo è Alberto Sordi; infatti non rappresenterebbe soltanto un colorito personaggio di Trastevere, ma interpreta, e credo sia vero, la psicologia dell’italiano medio, è, in poche parole, un eroe nazionale.

C’è chi ha detto che viene dalla commedia plautina (ideata dal commediografo latino Plauto). Sarà, ma anche dal Teatro Jovinelli, con Bambi, Brugnoletto e via dicendo.
Sullo schermo recita un tipo di pataccaro che esiste in Parlamento, nella diplomazia, negli affari e anche, oserei dire, nell’informazione. E’ uno che fa capire di saperla lunga, di contare moltissimo, di volere e di potere, sbruffone, sfrontato, indifferente, desideroso di riuscire in ogni modo simpatico a quello che considera un possibile superiore e padrone.
Ma oltre al bullo romano, c’è anche il bauscia milanese, e non dimentichiamo il servo di piazza e il ruffiano delle commedie goldoniane, o l’enfatico dottor Balanzone delle maschere bolognesi”.
Albertone ha detto più volte: “A me è capitato di incontrare i personaggi che ho portato sullo schermo. Dovevano rispecchiare una realtà della vita: io li ho visti così. Ma insomma, più o meno, sono italiani”.

Perché ricordare quanto accadde a Roma, dieci anni fa, alla notizia della scomparsa di Alberto Sordi?

Le risposte sono tante, ma per i romani, non era morto solo un attore o un personaggio famoso, ma un amico, con il quale sembrava di avere una specie di parentela, perché se è vero che “Roma è la città eterna, è anche un grande paese” e alla fine, il cinema e la televisione, poi, ci fanno conoscere tutti.

Ripensare le immagini del funerale di Sordi, significa capire quanto i romani abbiano amato il loro Albertone, rendendo omaggio alla camera ardente in Campidoglio in 500 mila, e partecipando in 250 mila, al “rito laico” in piazza S. Giovanni in Laterano, dopo il funerale religioso nella Basilica Lateranense, gremita all’inverosimile, celebrato dal card. Ruini, alla presenza delle massime Autorità Istituzionali, residenti nella Capitale. Il Vicario del Papa, dall’altare cita, durante l’omelia, un passo del Vangelo (“qualunque cosa farete al più piccolo di questi, lo avrete fatto a me”) e dice che sembra adattarsi perfettamente al dono dell’allegria, che Sordi ha fatto non solo ai romani ma a tutti gli italiani, e ricorda con emozione la generosità verso i più sofferenti che Albertone seppe mostrare e manifestare, con uno stile di rara riservatezza”.

La commemorazione nella storica piazza della Basilica romana, è svolta con le testimonianze, che ricordano la vita di Sordi, da parte di protagonisti del mondo dello spettacolo, come Verdone, Proietti, Scola, Arbore, Monicelli, De Crescenzio e tanti altri.

Arriva anche un saluto, inaspettato, dal cielo. Sopra la piazza volteggia un piccolo aeroplano, con uno striscione, con su scritto in dialetto romanesco: “Stavorta ciài fatto piagne”.

A dieci anni dalla scomparsa del grande Alberto Sordi, la città di Roma, lo ricorda con tanti eventi, manifestazioni, concerti e l’ intitolazione di una strada con il suo nome.

L’omaggio più significativo e rappresentativo, certamente il più prestigioso, è quello presso il Complesso del Vittoriano, con una mostra intitolata: “Alberto Sordi e la sua Roma” che mette in evidenza lo straordinario rapporto dell’attore con la capitale attraverso fotografie, filmati, lettere autografe, materiali audio e video, sceneggiature, installazioni, oggetti e documenti, molti dei quali inediti, provenienti dalla casa, dallo studio e da archivi privati.
Una parte è dedicata alla sua carriera, attraverso i 56 film girati a Roma e l’altra ai momenti più significativi della vita di Sordi a Roma: tra i tanti, la sua casa, il suo studio, il giorno in cui fu per ventiquattro ore, Sindaco della Capitale – in occasione dei suoi 80 anni, il 15 giugno 2000 – durante il mandato di Rutelli, l’addio alla lira, e il suo particolare e personalissimo rapporto con Giovanni Paolo II.

Un aspetto di questo grande personaggio romano,( anche se veniva definito “un po’ tirchio” da qualche “maldicenza,”) è l’umanità di Albertone, che è stata profonda, discreta e riservata al tempo stesso, fatta di altruismo innato, gesti quotidiani di comprensione e condivisione, mai plateali.
Una umanità che ha trovato la sua forma compiuta nella Fondazione Alberto Sordi, istituita dall’attore nel 1992, e riconosciuta come Ente Morale, con Decreto Ministeriale, nell’ottobre 1995; “ questa istituzione promuove: la ricerca scientifica sulle patologie dell’età avanzata, e l’assistenza qualificata alle persone anziane, nel rispetto prima e nella valorizzazione poi, della dignità della persona umana e del suo diritto alla vita e alla salute.”

Oggi ci dobbiamo interrogare, su cosa e come i “messaggi culturali” dei film di Alberto Sordi, hanno inciso nel pubblico, di diverse generazioni, non solo romano ma italiano.
Questo perché l’esperienza e la formazione, di Albertone, era “professionalmente eccellente”, maturata attraverso un lungo e faticoso lavoro: da comparsa a doppiatore, dal teatro di prosa e di rivista alle trasmissioni radiofoniche, dagli esordi cinematografici ad interprete di grandi film, da regista alla televisione, dall’attività di giornalista a paroliere di canzoni, insomma aveva conosciuto tutti i segreti del mondo dello spettacolo.

I “messaggi culturali” che Sordi, in più di mezzo secolo di carriera, è riuscito a fornirci un ideale valido della storia dei valori e dei costumi, dell’italiano tipico, dal periodo bellico ai giorni nostri. E’ praticamente impossibile enumerare tutte le sue interpretazioni, ma per argomenti si può comprendere un Sordi diverso.
La narrazione, l’interpretazione e la “morale” delle sue opere, hanno svolto una funzione di conoscenza e di denuncia, con risvolti che ancora oggi sono di grande attualità. Le vicende della giustizia, con i film: “Detenuto in attesa di giudizio” e “Tutti dentro”; i problemi della sanità, con “Il medico della mutua” e altri film complementari; le rievocazioni storiche, su questioni dove ancora mancano giudizi condivisi, come i conflitti mondiali del secolo scorso, con “La grande guerra” e “Tutti a casa”; la rappresentazione
della Roma papalina, realizzata con ironia e amarezza, ne “Il Marchese del Grillo” e “Nell’Anno del Signore”; i drammi delle rivoluzioni regionali in Africa, con la pellicola “Finché c’è guerra c’è speranza”.

La lunga carriera di Albertone, annovera, inoltre nella sua filmografia ben 190 film, alcuni dei quali restano a tutt’oggi degli autentici capisaldi nella storia e nella cultura del nostro cinema.

Questi sono alcuni “segreti” che rendono Alberto Sordi, vivo e attuale, sempre presente, anche grazie alla televisione che ripropone i suoi film, nel ricordo dei romani e non solo.  


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Commenti

  1. francodatrani  

    e che puoi dire di qualcuno che t'ha fatto ridere(o pensare?) in tutte le salse? meo male che l'abbiamo avuto noi italiani,per tanti anni suoi compagni-esattonoi suoi compagni-da cui traeva lo spunto dei suoi personaggi-TUTTI VERI

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