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A proposito dell’intelligenza artificiale

Un tema di crescente interesse

Premesso che stiamo vivendo in un periodo nel quale l’intelligenza globale sembra soffrire terribilmente dell’analogo riscaldamento, liquefacendosi in mille rivoli di universale, egoistico profitto; dovendo poi riconoscere che viviamo una situazione tanto squilibrata da lasciar presagire il peggio a chi non abbia un briciolo di ottimismo in serbo da giocarsi un dollaro d’onore sul tavolo della speranza, un po’ d’intelligenza artificiale a disposizione (di quella onesta, garantita) non guasterebbe a supporto di quella naturale. Ma dove la vendono? E poi ci sarà da fidarsi?

Sembra scoppiato un improvviso interesse per questo tipo di intelligenza surrogata e c’è chi ne cerca l’origine nel passato, senza tuttavia suggerire una credibile somiglianza con quello che oggi si sta muovendo a grandi passi verso un profilo di stretta somiglianza a quella di origine umana.

Non ritengo la si possa ricercare in Pinocchio, burattino nato alla fine dell’ottocento dalla fantasia del Collodi (al secolo Carlo Lorenzini) dove Geppetto s’inventa un trastullo per colmare la solitudine e che, soltanto in corso d’opera l’autore viene convinto a cambiarne il finale, con la trasformazione del burattino in bravo ragazzo, per lanciare un messaggio ai lettori più piccoli, a sottolineare quanto sia  necessario l’abbandono delle marachelle durante la crescita, per maturare l’adulto che è in loro. Per inciso, nella prima versione, pubblicata a puntate, era sua intenzione lasciar morire l’inguaribile discolo Pinocchio, impiccato all’albero dove lo avevano appeso il gatto e la volpe.

Un finale terrificante, senza speranza di redenzione, tanto che l’autore fu costretto a rivedere la fine del racconto con l’intervento misericordioso della fatina a evidenziare e ribadire che tutti i bambini devono essere aiutati a redimersi seguendo l’insegnamento dei genitori ed ubbidendo ai precetti impartiti, per essere all’altezza del compito che la vita, in seguito, richiederà loro.

Né può essere considerato prodromo dell’intelligenza artificiale il Golem di ebraica memoria, in quanto privo di identità propria, al servizio del padrone, simile a un robot capace soltanto di obbedire agli ordini.

Così come non è possibile intravedere l’antenato dell’intelligenza artificiale nel mostro che costruisce il dottor Frankenstein – raccontato da Mary Shelley – il quale non si ripropone affatto di creare un’intelligenza artificiale, quanto manipolare cadaveri per l’ambizione di sentirsi, se non un creatore, almeno un demiurgo agli occhi di chi ancora non è riuscito nell’intento di riportare in vita un essere vivente, assemblando organi da cadaveri, i più disparati. La macabra arlecchinata si incammina, nel corso del romanzo, verso una tragica conclusione, data la sofferenza del mostro per la sua bruttezza, il ribrezzo dell’umanità e la solitudine per non avere una compagna al suo fianco. L’odio che scaturisce nei confronti del demiurgo si risolverà in una continua persecuzione dell’inventato ai danni del suo inventore, in un continuo inseguirsi fino al polo nord, dove ognuno dei due troverà la morte.

Al contrario, per chi fosse interessato ad una visione più moderna sull’intelligenza artificiale, consiglio di leggere il bel romanzo di Jan McEwan, dal titolo “Macchine come me” – Einaudi 2020. Il romanzo tenta di porre in evidenza quanto sia delicato convivere con un replicante dalle fattezze umane, con le problematiche che possono insorgere da una programmazione sbagliata della macchina, nonostante tutte le buone intenzioni del programmatore per avere al suo fianco un compagno fidato e collaborativo. Il romanzo parte da una struttura di calcolatore realmente esistito durante la seconda guerra mondiale che, con una inventata fantarealtà, viene convertito in un cervello paranormale, a immagine di quello umano. La cura che McEwan impiega nella meticolosa costruzione dell’impalcatura su cui poggia il romanzo (come sua abitudine in tutti quelli che scrive) non si smentisce, lasciando il lettore perplesso e titubante alla fine del racconto.


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Un commento su “A proposito dell’intelligenza artificiale

  1. È sempre interessante leggere i commenti di Ettore Visibelli sulle problematiche attuali, commenti espressi con acuta umana intelligenza.

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