A spasso per Roma (2): Limentani apparecchia le tavole delle celebrità

A spasso per Roma è una rubrica che tende a sfuggirci di mano. Sebbene si trovi in un giornale fatto da gente che a Roma ci abita, qualunque sia il punto di partenza e la destinazione, capita che il redattore si perda per strada. Stavolta, per dire, era al Portico d’Ottavia, fantasticando sui segreti desideri di Giunone Regina e Giove Statore, e specchiandosi in una vetrina che era giusto di fronte, si è irrimediabilmente inchiodato al 1820, quando gli ebrei erano chiusi nel ghetto e apriva la porta del negozio il signor Leone Limentani.

“Sette generazioni fa” – dice Bruno Limentani, attuale titolare del negozio, che racconta ad Abitare a Roma:

“L’attività inizialmente stentò a decollare perché si poteva commerciare solo tra ebrei e non era consentito farlo in beni preziosi, perciò Leone Limentani vendeva ceramiche di seconda scelta e bicchieri fatti con vetro riciclato. Nel 1870 con la breccia di Porta Pia furono aperte le porte del ghetto, questa zona di Roma diventò più frequentata ed il commercio prese un’altra piega. Leone Limentani iniziò a viaggiare in Europa per comprare ceramiche, porcellane e cristallerie più pregiate ed iniziò a servire anche un tipo di clientela diversa. Nella nostra famiglia, per tradizione, i primogeniti si chiamavano sempre Leone o David. Quindi David, figlio di Leone, continuò l’attività che si tramandava sempre di padre in figlio. Nel 1943 con l’invasione dei tedeschi, per non essere deportati, mio nonno con moglie e figli piccoli si rifugiarono a Civita Castellana, ospiti di un loro fornitore di ceramiche. Mio papà, che era il figlio più grande e all’epoca aveva 13 anni, fu internato nel collegio San Giuseppe, con l’aiuto dei preti gesuiti di piazza di Spagna che gli fornirono documenti falsi. Il negozio, essendo l’immobile più grande che c’è al Portico d’Ottavia, fu requisito dalle SS e diventò il loro quartier generale nel quartiere ebraico. Quando gli americani liberarono Roma, la famiglia riprese possesso del negozio, nel quale i tedeschi, prima di andare via avevano appiccato il fuoco… C’era la ricostruzione della città, si misero a commerciare anche sanitari per i bagni, oggetti per la costruzione, attrezzi. Col passare del tempo tornarono a vendere solo materiale per la tavola, l’azienda diventò più importante, si vendevano già porcellane di Limoges, bicchieri di St Louis, di Baccarat, posate di Christofle… Negli anni ’70 e ’80 prese piede la moda delle liste di nozze, e fu una grande fortuna per l’azienda.

Ancora oggi i giovani usano fare le liste di nozze?

Mentre prima tutti potevano permettersi il lusso di farsi regalare degli oggetti non indispensabili, quindi magari piatti più ricercati, bicchieri di cristallo e posate in acciaio argentato, oggi purtroppo ci troviamo nella situazione in cui la gente non ha la possibilità del superfluo, gli manca spesso l’indispensabile, e allora la lista di nozze è stata sostituita dal regalo dei parenti in denaro, in un aiuto agli sposi per costruire il loro futuro. Non che le liste non si facciano più ma le fanno le persone molto benestanti e siccome queste sono forse il 5-10% della popolazione, io faccio il 5-10% delle liste che facevo un tempo, anche se di più alto profilo.

Avete apparecchiato tavole di persone molto importanti, da Evita Peron allo Scià di Persia, a Papa Giovanni Paolo II, ci sono tutt’ora clienti illustri?

Tutte queste forniture a personaggi importanti le abbiamo fatte perché la tradizione della mise en place è prevalentemente europea.  Eva Peron dall’Argentina, così come lo Scia di Persia demandavano gli acquisti di questi beni preziosi ai loro ambasciatori in Europa, i quali potevano essere a Roma, Parigi, Londra, Berlino. A Roma però abbiamo due ambasciate per ogni nazione, quella presso la Santa Sede e quella presso il Governo italiano per cui, a differenza dei nostri concorrenti inglesi, francesi, tedeschi, avevamo il doppio delle possibilità di intercettare questo tipo di clienti. Ma erano sempre gli ambasciatori a contattarci, solo qualche volta è successo che un Capo di Stato sia entrato qui dentro o che io stesso sia andato in visita dal Papa per fargli scegliere il servizio di piatti. Prima comunque tutto questo era fatto in modo semplice e meno regolato, adesso io servo persone di questo tipo ma devo firmare un contratto di riservatezza per cui non posso divulgare l’oggetto e tantomeno la persona a cui sto vendendo. Lo scorso anno ho curato personalmente la fornitura per una barca di 107 metri di un oligarca russo, la barca più grande mai costruita in un cantiere italiano. Noi non vendiamo più solo piatti, bicchieri e posate ma anche gli oggetti decorativi, le lenzuola, le coperte di cachemire, perché queste barche hanno sempre l’aria condizionata a mille.  Mai come adesso facciamo questo tipo di forniture per grandi yacht, per aerei privati, ville importanti. Oggi il mio concorrente non è più il negoziante della porta accanto o di un altro quartiere, adesso il mio concorrente può essere chi fa il mio lavoro a Mosca, a New York, a Panama City.

Avete ricevuto qualche richiesta particolarmente originale?

Ciò che contraddistingue queste persone che hanno tanta disponibilità è che, quasi sempre, non vogliono avere quello che possono avere anche gli altri. Quindi c’è una volontà di stupire: quando tu inviti qualcuno sulla tua barca o nella tua villa vuoi in qualche modo che la tua tavola abbia qualcosa che l’ospite non ha mai visto in nessun altro luogo. Questo fa sì che noi riceviamo le richieste più strane e tendiamo ad esaudirle. Perché quando si viene a sapere che puoi risolvere i problemi poi c’è un passaparola, si viene a sapere in quell’ambiente che tu sei la persona giusta per esaudire i loro desideri. Ci hanno chiesto di tutto, una volta una scaletta di cristallo da inserire sotto ai piatti fondi per prendere meglio il brodo con il cucchiaio. Piatti con forme strane, con decori che riprendano la tappezzeria della sala da pranzo, o le gambe del tavolo, ci chiedono qualsiasi cosa e qualsiasi cosa diviene fattibile se hai i contatti giusti e la conoscenza.

I romani entrano ancora da Limentani?

Si, un po’ a ondate. Nell’immediato post lockdown tantissima gente è venuta a comprare pentole e padelle. Evidentemente durante il periodo hanno cucinato molto e vivendo tanto la casa si sono resi conto di ciò che gli mancava. Magari prima andavano a fare l’aperitivo al bar e chiusi in casa si sono accorti di non avere lo shaker o magari un bicchiere adeguato, mentre l’unico lusso che ti concedevi era proprio farti quel bicchiere di Martini alle sei…

Qual è il segreto del vostro successo?

Noi siamo qua da 200 anni, abbiamo sempre lo stesso indirizzo, se lei mi chiede un consiglio io cercherò di darle quello che intuisco le servirà, sconsiglio alle persone a volte di comprare delle cose perché secondo me non gli saranno utili o non vanno bene per loro. Un approccio con il cliente amicale e onesto è ciò che paga, legato naturalmente alla professionalità.

“Le candele dei candelabri si specchiavano come fiammelle allungate nelle campane d’argento, i cristalli sfaccettati, velati da un vapore opaco, si rimandavano pallidi raggi di luce lungo la tavola per tutta la lunghezza della quale erano disposti in linea diritta mazzolini di fiori, e, nei piatti decorati con una larga bordura, i tovaglioli piegati a forma di mitra avevano fra le due pieghe un panino ovale.”

Madame Bovary

 

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