C’era una volta la Collatina Antica (3)
Dopo un rocambolesco viaggio attraverso spenti sobborghi, piazze confuse tra ferrovie e container, la Collatina finalmente appare in tutto il suo splendore. Ma non possiamo toccarla. Né ammirarla da vicino. È rinchiusa sotto un emporio qualsiasi. Il “nuovo” mercato di quartiere, che doveva essere pronto da anni (i lavori sono iniziati nel 2005!). E invece tutto è immobile, statico. Come se fosse passata una nube tossica e non avesse lasciato scampoli di vita, tracce di vegetazione o di presenza umana.
Sarebbe il primo tratto suburbano che riemerge senza essere seppellito. Dalle sue stesse rovine. Intatta. Perfettamente conservata. Quasi trenta metri di asse viario con necropoli annessa, dopo duemila anni. Bellezza, funzionalità, solidità.
Sotto il nuovo mercato di Casal Bertone. Ma non si capisce perché dopo un decennio il progetto di conservazione o di musealizzazione è ancora fermo. L’idea sarebbe stata quella di mettere in sicurezza il sito e aprire lo spaccio alimentare.
Una delle tante opere apparentemente concluse e mai inaugurate.
Il nostro motto vitruviano è diventato: costruzione, abbandono, degrado.
In questo territorio dovevano essere numerosi i torrenti, gli specchi d’acqua, i boschi.
Ora soltanto ponteggi corrosi, travi e transenne.
Alcuni documenti antichi testimoniano che dopo l’era buia del Medioevo, la via Collatina sparisce dalla toponomastica. Nel suburbio la strada consolare viene tagliata e il suo tratto si ferma poco prima dell’Acqua Bullicante. In questo percorso attraversa un luogo chiamato Mola Barbara. Nel corso dei secoli il nome della località e della via si assesta in Malabarba, fino a quando l’amministrazione di Roma Capitale, all’inizio del 900, decide di cancellare anche questo pezzo di memoria storica.
L’origine del nome è incerta, ma lo studioso Giuseppe Tomassetti afferma di aver riconosciuto nelle scritture antiche l’esistenza di un oratorio dedicato a Santa Barbara sul percorso dell’antica Collatina, edificato probabilmente nel periodo costantiniano e scomparso senza lasciare traccia.
Nel terreno annesso alla chiesa c’era forse una mola dove i contadini si recavano per macinare le frumento.
La via costeggia molti ruscelli, ne lambisce il corso, li scavalca. Sono tutti affluenti dell’Aniene, adesso declinati in cloache: Fosso di Pratolungo, la Marrana di Tor Sapienza, la Marranella, arcaici corsi d’acqua ma elementi fondamentali per la biodiversità della campagna romana. Da torrenti che affondano le radici nel mito (il fiume Marranella nasce nel territorio dei Castelli Romani) a luoghi sociologici. Qui i poveri ci facevano il bagno, mentre i ricchi ne se andavano altrove. E poi negli ultimi 50 anni, complice una scomposta modificazione antropica e urbanistica, molti chilometri di fossi o addirittura fossi interi sono stati cancellati del tutto, spesso per costruirci sopra casermoni e alveari di cemento armato.
Oggi la Collatina non può offrire salvezza, nel magma degli ecosistemi alterati.
In questa terza tappa ci accompagna Luigi, un chimico di periferia che studia l’evoluzione degli asteroidi e l’inquinamento delle falde acquifere. Il tratto nel quartiere di Portonaccio è misterioso, di un’alchimia quasi disperata.
Ci chiede: sapete che fine abbia fatto la Marranella?
Giriamo la domanda agli abitanti del Portonaccio, dove pare che il fiume avesse un tratto copioso, poco prima di essere attraversato dalla Collatina. È una ipotesi suggestiva, ma nessuno ne conosce il percorso, i pochi che ne hanno testimonianza parlano di un fosso che si estendeva fin sotto la ferrovia, nei pressi della Casa dello Studente.
Alcuni ci rimandano a un sottosuolo ipotetico, di coltre umida e terragna, che forse esiste soltanto nella loro testa. Altri rimangono disorientati, provano a rispondere: cercate sul navigatore, ormai non più abituati agli interrogativi fuori luogo. I navigatori hanno reciso la comunicazione orale che si tramandava sul percorso migliore da fare, sui suggerimenti, sulle scorciatoie. Ormai la risposta è satellitare: la tua destinazione non esiste.
I corsi d’acqua rappresentano, invece, punti di riferimento del paesaggio, sono elementi territoriali all’interno di una stessa comunità. Non svolgono una funzione passiva ma dovrebbero avere un ruolo decisivo nella conservazione degli ecosistemi e del patrimonio storico-biologico.
Purtroppo veniamo a sapere che un’asta fluviale della Marranella ha cambiato definitivamente assetto in seguito agli interramenti e ai processi di urbanizzazione.
All’altezza di Largo Preneste, si aggiunge una copiosa sorgente di acqua minerale, famosa nell’antichità per le sue proprietà curative.
Con l’aumentare della portata viene scavata una valle più larga, sul corso della ex via militare, che si strozza tra due sistemi collinari per quasi un chilometro, fino ad aprirsi in un’ampia depressione con lo sbocco nell’Aniene. Qui è ancora visibile, l’acqua che sgorga da millenni, sotto le arcate dell’Acquedotto Vergine. Ma lo stato di incuria è davvero preoccupante.
“Bisogna recuperare la fisicità dei torrenti urbani. Sono seducenti perché fluidi, e perché hanno un aspetto inesplorato tipico del regno sotterraneo.”
Di questi antichi racconti non rimangono che acquitrini, transenne e un po’ di terra smossa.
Il nostro chimico afferma che i tabù nel tratto della Collatina che noi percorriamo dovevano essere molti, per analogia con altri siti rinvenuti. La Fullonica, le acque Bullicanti, un ponte.
“Secondo la religio romana unire ciò che gli elementi hanno separato è un atto molto delicato, che sovverte l’ordine naturale e potrebbe arrecare un’offesa agli spettri del luogo. Le sorgenti ci avvertono la presenza di un pericoloso ambulacro fra mondo dei vivi e mondo dei morti, da cui sarebbe lecito aspettarsi la fuoriuscita di demoni e sciagure.”
Immaginiamo la Collatina percorsa da soldati, schiavi, fullones, fanciulle con anfore piene di ammoniaca. Ma per assicurarsi l’assenso divino e scongiurare calamità infernali sono necessari atti di espiazione, riti sacrificali. Nymphae e Genius Loci potrebbero veramente infuriarsi scatenando epidemie o inondazioni, perché la costruzione di una strada, di un ponte, sono opere considerate violente. Minacciano la stabilità degli equilibri.
Luigi evoca un antico legame con le terre di Portonaccio, in una sorta di interconnessione dell’ecosistema ante litteram. Ci consiglia di seguire ancora una volta la linea dell’antica Collatina.
C’è un cantiere che sembra dismesso, forse è così dal 1934, cioè dall’anno in cui hanno deciso di intubare la Marranella. O forse dal giorno dell’allagamento di un intero quartiere, per una speculazione edilizia in piena regola. Come se il tempo si fosse improvvisamente fermato.
Ma ormai il fiume può stare tranquillo, al riparo dagli spiriti. Perché anche questa zona risulta dimenticata da tutti. Infatti è più facile incontrare alieni che archeologi. Il chimico è chino su quello che resta della sorgente, in mezzo ai cespugli della Collatina. La continuità della via appare bruscamente interrotta da una scarpata sub-verticale, che si estende verso la borgata Gordiani. È un pomeriggio freddo, con il cielo tenebroso e occulto. Si sentono alcune rane spaventate dalle preghiere dei ferrovieri. Più oltre ci sono i campi di calcio che segnano un confine tra un quartiere e un altro. Luigi ha gli occhi rossi per le numerose particelle che in questo tratto si alzano verso la troposfera. Il colore della pelle è olivastro, come di chi ha modificato il proprio metabolismo. Ci spiega che questa vallata è un’aberrazione: convive nel presente affiancata a una stazione ferroviaria fantasma, di un’era inesistente. Come se fosse una percezione alternativa, da un piano temporale parallelo al nostro e pertanto privo di punti in comune con esso. Allora ci fermiamo anche noi, ascoltiamo il suono delle acque della Marranella, trattate come acque di scarico, come un fosso qualunque, un torrente degradato a discarica. Dietro queste acque e queste pietre scomparse si nasconde tutta l’esperienza della nostra storia.
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Per descrivere tutto quello che è accaduto nel territorio di Roma est non basterebbe un libro. Per gli approfondimenti sulla Fullonica, sul mercato di quartiere e sulle opere di compensazione mai realizzate rimandiamo al sito del Comitato di quartiere di Casalbertone. Al sito www.ecomuseocasilino.it, per la storia del lago ex Snia.
Stefano Marinucci
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Pazzesco. La grande bellezza.
Costruzione, abbandono , degrado.
Forse gli alieni citati nell’articolo risolverebbero qualcosa! 😂