“Ci vogliamo vive”: presidio alla Sapienza contro le molestie e la violenza di genere

La richiesta dei studenti e studentesse: "Vogliamo un tavolo permanente con la rettrice"

Università La Sapienza, davanti al maestoso Rettorato di piazzale Aldo Moro, le voci si sono alzate forti e chiare. “Ci vogliamo vive, libere e sicure”. Uno striscione, retto da mani giovani e determinate, ha dato il tono al presidio andato in scena nel pomeriggio dell’8 maggio.

A pochi giorni dalla marcia che ha visto oltre 2.000 studenti e studentesse sfilare in ricordo di Ilaria Sula, studentessa dell’ateneo uccisa brutalmente, la comunità universitaria è tornata a farsi sentire.

Stavolta, non nelle aule o per le strade del quartiere universitario, ma sotto le finestre del potere accademico, mentre al piano di sopra si riuniva in via straordinaria il Senato accademico. All’ordine del giorno, la voce più attesa: “Prevenzione e contrasto di tutte le forme di violenza di genere”.

Fuori, ad aspettare, c’erano le ragazze e i ragazzi del progetto Athena, un’assemblea autonoma nata all’indomani della tragedia, con un obiettivo chiaro: fare dell’università un luogo realmente sicuro.

Abbiamo redatto un documento raccontano e chiediamo un tavolo permanente con la Rettrice. Basta parole di circostanza, servono azioni concrete per prevenire la violenza patriarcale”.

immagine di repertorio

Il presidio si è svolto in un clima composto ma determinato. Cartelli, interventi al megafono, dati alla mano. Tra questi, quelli raccolti in quattro questionari, distribuiti da collettivi e associazioni negli ultimi mesi: su oltre 300 persone interpellate, il 17% ha dichiarato di aver subito molestie all’interno dell’ateneo.

Numeri che fanno riflettere, soprattutto se affiancati ai dati dello scorso anno, quando Sinistra Universitaria aveva registrato 160 episodi di molestia su 1.318 risposte raccolte.

“La Sapienza deve cambiare pelle”, gridano le studentesse in cerchio. “Serve formazione obbligatoria per chi lavora e insegna, sportelli di ascolto indipendenti, percorsi chiari per chi denuncia”. L’università, dicono, deve diventare un luogo dove ogni persona discriminata, per genere, orientamento o identità, si senta tutelata.


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