Cosa fare dei bambini, in questa storia tragica del coronavirus

Chi paga e pagherà il costo più alto, salvo i morti in conseguenza del contagio, sono senz'altro loro

Stiamo tutti in attesa della cosiddetta ripartenza e il timore è che questo periodo di compressione fisica e psicologica generi un effetto “tappo di spumante”, portando ad un frenetico riallacciarsi dei rapporti interrotti e ad un’euforia incontrollabile come ai primi tempi del “popolo dei balconi”.

Naturalmente la paura di una ondata di ritorno della propagazione del virus non è affatto senza ragione. Tuttavia c’è una paura maggiore che ci blocca. Cosa fare dei bambini. In tutta questa storia tragica del coronavirus, considerando chi ne paga e pagherà il costo più alto, salvo i morti in conseguenza del contagio, sono senz’altro i bambini.

Le famiglie di oggi, soprattutto nelle città, sono composte in gran parte da due genitori e un figlio, molto spesso anche da un genitore separato con un figlio a carico, la maggior parte donne. Spesso l’assistenza dei nonni è fondamentale per consentire ai genitori di mantenere il proprio lavoro e di fornire ai nipoti tutti quegli spazi di relazione e crescita, dai giochi al parco con gli altri bambini ad essere accompagnati ai vari corsi e attività programmate per mantenerli occupati in modo costruttivo.

In questi mesi di separazione forzata e di clausura i bambini hanno avuto come unico riferimento i genitori o il genitore, la televisione, il computer. Le relazioni con l’ambiente, il territorio, gli altri bambini, gli affetti, la scuola, il nido, intese come insieme complesso e dinamico di rapporti e reciproche influenze e contaminazioni, sono venute a mancare.

E quel che è peggio, così come si prospettano le cose, forse le cose non torneranno a ristabilirsi interamente almeno fino a settembre, data in cui potrebbero riaprire le scuole, ma mentre per le scuole dell’obbligo si stanno prospettando soluzioni, anche provvisorie, basate su turni e didattica via web – e con ovvie grandi difficoltà – per la fascia 0/6 anni stiamo in alto mare.

È evidente che nella nostra società liberistica e consumistica l’interesse predominante vada a dati sul prezzo del petrolio o sulla riapertura delle fabbriche e delle attività, senza sottilizzare sulla loro utilità sociale o sul loro contributo al benessere collettivo, però che non ci sia spazio per considerazioni sul futuro dei nostri figli, mi pare sia un grosso problema da affrontare, alla pari con il cambiamento climatico o l’inquinamento da plastica globale.

Ne parlo perché sono particolarmente sensibile al destino dei più piccoli, non senza far notare che rappresentano la nostra speranza di futuro. Sono figlio di una pedagogista montessoriana e sposato con un’altra pedagogista che ha curato per anni l’inserimento dei bambini con inabilità nei nidi comunali. In aggiunta negli ultimi 10 anni lavorativi ho gestito il Centro Educazione Ambientale del Municipio V realizzando progetti e iniziative per far esplorare il territorio e l’Ambiente ai bambini e attualmente in pensione, mi occupo di Formazione come Educatore Ambientale per insegnanti e operatori.
In tutti questi anni ho condiviso ideali e sforzi di quanti hanno cercato di riportare la scuola ad essere il centro propulsivo del rinnovato rapporto dei bambini con l’Ambiente naturale.

Fino ad oggi il destino dei bambini non è solo venuto in secondo piano ma è stato completamente ignorato, se non nei settori specializzati, in accordo alla visione direi ‘negazionista’ della nostra società riguardo alla prima infanzia, delegandone il peso quasi interamente sulle famiglie salvo poche compensazioni economiche di scarso peso.
Non penso che si riuscirà a cogliere l’occasione di questa pausa forzata per pensare ad una ripartenza con un progetto di rinnovamento sociale che includa e comprenda le esigenze dell’infanzia.

Vorrei però invitare alla discussione e proporre l’idea di utilizzare gli spazi verdi delle scuole e dei nidi per far partire progetti che permettano di “liberare” i bambini dalla loro prigionia dentro casa, magari a turno, utilizzando insegnanti ed educatrici e volontari delle associazioni specializzate.
Non entro nel dettaglio ma teniamo conto che in altre Nazioni del Nord Europa già si stanno attivando in tal senso, naturalmente considerando un numero fortemente ridotto di bambini per operatore e gli spazi a disposizione.

 

Antonio Citti, Accompagnatore escursionistico di Sentiero Verde


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