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Diritto alla salute e memoria di solidarietà

Lode ai nostri ragazzi che a volte ci insegnano …

Scriveva Gianni Rodari: “E’ difficile fare le cose. Difficile parlare al sordo, mostrare la rosa al cieco. Bambini, imparate a fare le cose difficili: dare la mano al cieco, cantare per il sordo, liberare gli schiavi che si credono liberi.” (“Lettera ai Bambini”, in “Parole per giocare”, 1979). Facile a scriverlo, difficile a farlo.

Eppure, i nostri ragazzi – molto spesso vituperati perché ritenuti ignoranti, svogliati e riluttanti ad ascoltare i consigli dei “grandi” (per definizione sapienti. Ma spesso le definizioni definiscono il nulla) – qualche volta ci danno una lezione di saggezza sociale e di azione civica collettiva e soprattutto concreta; lezione di cui, noi adulti, dovremmo fare tesoro, più spesso di quanto non facciamo.

La storia: è successo a Frigento (Avellino). i ragazzi di una Classe di Scuola Media Superiore hanno rinunciato, in blocco, alla gita a Barcellona, programmata prima dell’Esame di Maturità, quando hanno saputo che la Società che doveva farli viaggiare fino alla Capitale della Catalogna, non aveva un pullman con la pedana e ancora che nel Traghetto non c’erano cabine per un loro compagno disabile, che guarda il mondo da una sedia a rotelle e che, dunque, per questa “piccola differenza” con loro, il ragazzo sarebbe, gioco forza, rimasto a casa.

Rinunciare alla gita per marcare la loro forte contrarietà. Una cosa difficile da fare, una decisone difficile da prendere tutti insieme. Eppure, quella cosa è stata fatta. Eppure, quella decisione è stata presa, tutti insieme. E, come si dice: “cosa fatta, capo ha”. Dunque, niente gita, ma tutti solidali con il loro compagno disabile, “senza se e senza ma”.

Impariamo, gente, impariamo. Ah, dimenticavo, Il Dirigente Scolastico della Scuola di Frigento ha dichiarato: “Sono fiero dei ragazzi”. E ne ha certamente motivo.

 

Altra storia su cui riflettere!

In Italia, i malati rari sono dai due milioni ai 3 milioni e 500mila e 100mila di loro sono ancora senza una diagnosi precisa e dunque senza una possibile cura. Le malattie da cui sono colpiti sono qualche migliaio (dalle 6mila alle 8mila quelle note, ma molte restano sconosciute e senza cura per lungo tempo). Per avere una diagnosi certa, molti di loro aspettano anche anni e anche quando la diagnosi c’è – e magari anche la medicina, cosa non sempre scontata per un malato raro – fanno centinaia di chilometri per raggiungere il Centro Specialistico che cura la loro malattia e che è, spesso, fuori della loro città o addirittura della loro Regione.

Come combattere contro una malattia che si conosce poco (o per niente) per la quale spesso non ci sono farmaci? Poiché le Case Farmaceutiche non li producono, li chiamano farmaci orfani, dati i costi alti della Ricerca ed i ricavi bassi, per via del numero esiguo dei malati con quella particolare malattia …

Non c’è una ricetta per tutti. Alcuni malati rari non ce la fanno: per loro, spesso, il Servizio Sanitario Nazionale non ha cure e diventa un nemico. Altri resistono e si battono, per loro stessi e per quelli come loro, perché la Ricerca medica lavori e faccia progressi e  trovi finalmente i finanziamenti che lo Stato lesina e poi la cura che può salvare una vita o, al peggio, renderla meno pesante.

Sofia, che non c’è più per un tumore ultra-raro, ma ha lasciato il suo segno per il diritto alla salute e la Ricerca medica.

La storia che leggerete tra breve racconta di una malata rara genovese, Sofia Sacchitelli, anni 23, che – conscia che il tumore ultra-raro da cui è affetta non le lascerà scampo – scrive su Facebook: “Ho poco tempo, ma voglio essere utile agli altri”. Come? Studiando Medicina e arrivando al 5° Anno di Corso, battendosi fino all’ultimo giorno della sua vita per la Ricerca sui tumori e le malattie rare.

Sofia se n’è andata qualche giorno fa, dopo che anni di malattia, Aveva scoperto il suo tumore ultrararo (2-3 casi per milione di abitanti) a Novembre di due anni fa, anni che non l’avevano fiaccata nel morale (il corpo, si sa, cede spesso ai farmaci pesanti che i malati di tumore devono assumere e alle terapie a cui devono sottoporsi). Sofia non ha mollato. Prima di andarsene ha fondato un’Associazione, “Sofia Nel Cuore” che, in pochi giorni dopo la sua morte, ha raccolto 100mila Euro, da devolvere alla Ricerca.

Prima di andarsene, la sua Università (quella di Genova) l’ha ascoltata, in silenzio e al gran completo nel Corpo Docente, mentre dal suo letto d’Ospedale, teneva una Lectio Magistralis sulla sua malattia rara e poi l’ha insignita – prima studentessa in Italia e nella Storia – con una Medaglia D’oro al Merito.

Dunque, Sofia ci ha lasciato, l’angiosarcoma cardiaco da cui era affetta (tumore ultra-raro) si è preso la sua vita, ma nel tempo breve che ha vissuto è stata Sofia a lasciarci un segno, insegnandoci – senza retorica e con forza – cosa siano la solidarietà e la vicinanza agli altri da noi che soffrono della nostra stessa sofferenza e ancora ricordandoci. con l’esempio, quanto poco ci voglia per essere con e per qualcuno che ha bisogno di una mano tesa. Grazie Sofia, per averci dimostrato quanto è facile incamminarsi sulla strada della solidarietà e ancora che i malati come te sono rari, sì, ma non sono soli.

 

Ugo Fanti, Presidente della Sezione Anpi di Roma Aurelio-Cavalleggeri “Galliano Tabarini”

 


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