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Er mare de Roma… oggi senza anima

Idroscalo di Ostia, perché questo nome ad un agglomerato di casette al quartiere Ostia di ponente? L’origine è data da un impianto del 1930 circa per l’ammaraggio  e il decollo di idrovolanti  e aerei anfibi a pochi chilometri da Roma. Le case o casette sono venute dopo.

Ho avuto modo di leggere ultimamente degli articoli sull’Idroscalo di Ostia e apprendere che le case e gli abitanti, non molti, ancora ci sono e c’è anche il Porto Turistico che ha cementato centinaia e centinaia  di metri di  spiagge abbandonate e degradate, più che libere. Ho letto anche di residenti italiani e stranieri che in parte vengono aiutati dalla Caritas, che mirano a rimanere uniti nella loro “comunità”.

Sono abitanti “abusivi” e vivono in “baracche”? Non hanno strade asfaltate? Non sono allacciati alla rete idrica e alla rete fognaria? C’è criminalità e racket? Visivamente hanno solo certezza della foce del Tevere a destra e il mare con gli scogli avanti casa, che quando s’ingrossa sbatte contro le pareti di una o più casette e diventa indispensabile salire sui terrazzini per evitare l’inondazione al piano terra. Ho letto anche dell’interesse industriale sul Porto di Ostia e della Compagnia Royal Caribbean sul Porto di Fiumicino.

Alla lettura di notizie di oggi, posso aggiungere che ho anche avuto l’occasione di vivere delle giornate estive tra il 1970 e il 1980 all’Idroscalo di Ostia, a quei tempi un sub-quartiere auto-costruito da romani che si trasferivano “al mare” con la chiusura dell’anno scolastico, giugno, e ritornavano in città con l’inizio del nuovo anno scolastico, fine settembre. Il sub-quartiere dall’autunno alla primavera andava “in letargo”.

Un sub-quartiere di case abusive, anche belline, belle, recintate e indipendenti, ma tanto vicine tra loro sino a creare per estati ed estati una quotidianità collettiva dall’alba a notte fonda; rapporti di famiglia, di amicizia, compagnia, rispetto, educazione. Tantissime case lungo via dell’Idroscalo da ambo i lati e una lunghissima spiaggia, fatta di calette, libera e pulita. Campo di calcio in terra battuta ma regolamentare e recintato, sempre pronto alle partite, vicino allo spiazzo dove è stato ucciso Pier Paolo Pasolini nel 1975.

La spiaggia è stato il mio primo incontro con Ostia di Ponente, da Piazza Gasparri sino alla Piazza dell’Idroscalo,  in divisa da militare e a piedi sotto il sole estivo per due chilometri su una spiaggia grigia, pulita, con pochi bagnanti, qualche barca a remi, tante calette, mare piatto. Seppi successivamente che il poco afflusso era dato dalla vicina foce del Tevere. Qualche anno dopo ne parlai con un mio amico dermatologo. E mi rispose: quanti altri fiumi portano acqua sui tanti litorali italiani, il loro mare è più pulito del nostro? Ostia di Levante, a quattro o cinque chilometri dal fiume Tevere, non ha la stessa acqua di mare di Ostia di Ponente?

Il secondo incontro è stato il pranzo e la cena. Ricordate i pranzi luculliani dei romani sulle spiagge intorno agli anni 1960? Portateli nelle piccole “corti” di ogni singola casa, tavolate da 10/15 persone, con di fronte o di lato altre piccole “corti” di altre case e tavolate culinarie varie, dove si iniziava con: a Pie’ che te stai a magnà? Che voi un pezzetto d’abbacchio? Er vino ce l’hai rosso o bianco? È fresco o callo?

E si finiva con il caffè e il dolce. Il tassinaro, il macellaro, l’attacchino, il gasista, er tipografo e tanto altro, le mogli, i nonni, gli zii e le zie e tanti… bambini. Si mangiava in costume e canottiera.

Anima, c’era anima. Con poco si aveva tutto; non lusso, non cabine, non lidi a pagamento, non ombrelloni e sdraio in fila, non bagnini con la canotta rossa.

Abbronzatura con l’acqua di mare, sveglia al mattino a due passi dalla spiaggia e dal mare, riposare il pomeriggio in una caletta con il materassino e 10 cm di mare che ti culla, la doccia con le bottiglie di plastica riscaldate sul tetto di casa, la brezza di mare la sera dopo aver tolto il costume e vestiti di tutto punto.

Anni 1970, altra epoca. Quel sub quartiere doveva scomparire, come ne sono scomparsi altri dentro la città di Roma: borgata Gordiani, borghetto Flaminio, ecc. ecc.

Non sta a me giudicare l’oggi dell’Idroscalo di Ostia e le case rimaste e i suoi abitanti, non è mio compito. A me spetta scrivere e far leggere ai lettori di Abitare A Roma, se lo desiderano, di situazioni di cui forse non sono a conoscenza e di una realtà della nostra città di cui non si parla molto.


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