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Essere alle solite

Una favola antica di qualche giorno fa

Li chiamò a raccolta. Era da tempo che non lo vedevano così preoccupato. C’era Ostìcolo in rappresentanza dei Cherubini; Mansueto, meglio conosciuto come il Pacificatore; Nazario, il suo braccio destro da secoli, insieme a sua madre, Mary dei Miracoli. 

“Dio sa – e perciò, a fortiori, lo so bene io! – che tra tutti i pianeti dell’Universo, se devo preoccuparmi ogni due per tre è sempre per colpa loro. Sarà che li ho fatti lunatici. Ma non c’è solo la luna nera. Sarà pure che, in buona fede, li ho dotati all’inizio di eccessiva intelligenza, in confronto successivamente agli abitanti di altri pianeti, e il loro ingegno lo attestano senza dubbio, e scoperte eccellenti: dalla ruota, all’energia atomica. Tutto bene, purché utilizzate a scopo di pace e di mutua collaborazione. Macché, niente di tutto ciò. Sarà che è stata la prima comunità che è andata formandosi, quando era mia intenzione comporla come un’unica coppia; una prova pilota per passare, semmai, a qualcosa di più numeroso in seguito, dopo avere appurato che la cosa era fattibile. Invece è stata la riprova che anche i potenti – Dio mi è più che testimone – talvolta incorrono in gravi errori di valutazione. Li avevo fatti belli, intonsi, con un corpo liscio, senza neanche una smagliatura. In quel giardino dove li avevo collocati, insieme a tutti gli altri animali che avevo costruito, eccitato dalla mia fantasia, erano liberi di fare quello che avessero preferito, tranne… E invece mi sono scappati di mano proprio lì! Mai fidarsi… Ma è inutile che mi stia a ripetere: ormai la storia la conoscete meglio di me. 

Quindi sarà anche per questo che la generazione cui hanno fatto seguito i due è insolente, ribelle, sempre pronta a deviare dai principi fondamentali del quieto vivere e del reciproco rispetto. Mannaggia a loro!” 

Si fermò pensieroso, nel totale silenzio dei presenti, incerti e preoccupati; dubbiosi su quale sarebbe stata la sua decisione per gestire una situazione che si presentava grave, come già accaduto in passato. Lo comprendevano anche loro a chiare lettere. 

“Forse…” Azzardò Mary. Ma non riuscì a proseguire.

“No! Ti ringrazio, ma non serve. Anzi. Smetti di comparire e di lacrimare, ché sono tutti sforzi inutili. Quando la gente deragliata, strafatta, vissuta tra le canne, odora, pardon, adora abbeverarsi di coca, avendo eliminato preventivamente la cola, cosa volete sperare? Considerateli intelligenti quanto vi pare, ma l’intelligenza della quale avevo equipaggiato i loro progenitori, al presente si è trasformata ormai in qualcosa di malvagio, tendente principalmente al male.” 

“Padre, è evidente che alla base della vostra lamentela c’è la continua guerra tra loro che vi preoccupa e vi addolora, ingenerando quel senso di sconfitta che da un po’ di tempo vi connota, senza che finora abbiate avuto voglia di parlarne con noi, anche nella speranza di raccogliere un suggerimento utile a rintracciare una via d’uscita. E’ così, o mi sbaglio?” Nazario aveva trovato il coraggio e l’occasione per intromettersi in quel monologo lungo e disperato.

“Hai ragione, sì, è così. E adesso che ho colto l’occasione per confessarvi lo sconforto che non riesco più a nascondere, avete qualche suggerimento da offrirmi in aiuto?” 

I presenti si scambiarono uno sguardo di impotenza. Tuttavia, Nazario, che era riuscito a rompere il ghiaccio del silenzio, volle continuare la disamina.

“La volta scorsa, quando mi inviaste laggiù, messaggero di pace, a predicare la fratellanza fra le genti,” e suoi occhi erano rivolti verso Mansueto, anziché sul padre, come a chiederne il consenso, “ricordi come finì? Con un buco nell’acqua. E non venire a dirmi che il mio sacrificio – e che sacrificio! – è stato fondamentale per dar vita a quella dottrina che oggi annovera svariati milioni di credenti sul pianeta. Mi dispiace che non sia qua con noi, impegnato com’è tuttora a scrivere nuove lettere ai grandi della terra, reiterate insieme a quelle di un tempo, rilette ancora ogni domenica a quei pochi rimasti a seguire l’usanza della messa. Ma è a Paolo che va il merito, alla sua caparbia volontà di diffondere in giro il messaggio che allora potei lasciare soltanto a qualche centinaio di fedeli a Gerusalemme e dintorni. Eppure, tra coloro che non riescono a fare a meno della guerra, non sono pochi quelli che oggi si dichiarano cristiani.” Si guardò attorno e colse nei presenti un chiaro cenno di consenso. Anche negli occhi del vecchio padre. Quindi riprese.

“Da anni cerchi di impaurirli terrorizzandoli con le conseguenze del riscaldamento globale di cui non possono in gran parte non sentirsi colpevoli, con un comportamento dissennato, dissoluto spolpando a mani basse le risorse che il pianeta aveva in serbo per loro. E non mi riferisco solo a coloro che credono di doverti qualcosa, ma anche agli altri, a quelli che da sempre credono in un diverso ente supremo da ossequiare ed al quale rendere grazia. Per non parlare degli atei che, in fondo, riterrei una minoranza, sperando di non sbagliare. Qui le cose sono due: o si convincono che devono cambiare rotta, mutando il comportamento, comprendendo che sono tutti sulla stessa barca e al momento diretti verso un inevitabile naufragio, oppure è inutile scendere ancora tra loro nel nome di un singolo salvatore come la volta scorsa. Padre, ammesso che qualcuno aderisse, fidando nella salvezza dell’anima, si troverebbe davanti coloro che, continuando a credere nel proprio messia, non deporrebbero le armi per sopraffare l’infedele.” E si arrestò temendo di cadere nell’eresia, ammesso di non esserci già caduto. Il padre lo guardava con benevolenza.

“E dunque, accettando il tuo punto di vista, ammesso tu abbia una soluzione al problema, quale proposta avanzeresti?” Chiese il vecchio saggio, a sottintendere che non basta una corretta diagnosi senza la conseguente terapia.

“Se posso permettermi…”

“Permettiti, ti prego. Ne hai la piena facoltà.” Lo interruppe il Patriarca.

“Allora ti espongo la mia strategia. Scegli un nuovo ambasciatore. Sceglilo tra gli esseri di qualche altro pianeta dell’universo: oppure tra uno di noi, escludendo me, per favore, che il mio l’ho già fatto e potrei essere anche per questo riconosciuto. Ma io preferirei un extra terrestre il quale, giungendo sul pianeta terra, si presenterebbe col carisma inequivocabile assegnatogli da una civiltà di gran lunga più evoluta. Porterebbe quel segno di pace che non fa capo ad alcuna dottrina rivelata e successivamente imposta, con in bocca, per evitare equivoci, la loro stessa lingua di cui non è difficile dotarlo. Il messaggio da porgere dovrebbe essere lapidario: visto che avete inventato la globalizzazione che vi piace tanto, o imboccate la strada della solidarietà globalizzata, o vi sarà tolta l’intelligenza che vi è stata donata in natura e il pianeta andrà avanti con voi altri, dipendenti dall’intelligenza artificiale – che programmeremmo noi – di cui ultimamente vi state riempiendo la bocca. Prendere o lasciare. Se non è un deterrente questo, allora davvero sarà meglio lasciarli al loro destino, accettando che il pianeta si autodistrugga per colpa dei suoi abitanti di genere umano e mi dispiace per le altre creature che scomparirebbero insieme a loro.”

 Il vecchio scosse il capo in senso di possibile consenso alla proposta e volse lo sguardo intorno, a valutare l’espressione dei presenti che ugualmente si mostrarono ottimisti nei confronti della proposta di Nazario. Fiducioso che la strategia potesse sortire l’effetto sperato, sottolineò che nell’idea vedeva vincente soprattutto la minaccia, contenuta nel messaggio, di togliere all’umanità la possibilità di manovrare l’intelligenza artificiale, equivalente alla perdita del libero arbitrio, relegandola a un branco di pecore. Stante l’arroganza acquisita nel tempo da ognuno di loro, un simile rischio non lo avrebbero accettato mai. 

“Ne abbiamo provate tante,” concluse il Patriarca. “proviamo anche questa, accettando con fiducia la proposta.” Guardò sorridente i presenti, altrettanto fiduciosi della buona riuscita e per non coinvolgere nel tentativo anche un solo abitante dell’universo, pregò Mansueto di approntare un’astronave bislacca e di camuffarsi come un extraterrestre mai immaginato prima, studiando alla perfezione il discorso che avrebbe preparato insieme a Nazario. 

 Il Pacificatore, non nascose l’orgoglio di essere stato il prescelto per una missione di tale importanza. Si preparò in fretta e, con una astronave di ultima generazione, prestatagli dal pianeta generosity, in meno di 10 minuti sbarcò sulla terra, colmando la distanza di circa 180 anni luce.


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