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L’8 febbraio 2020 – con una cerimonia molto commovente e partecipata – si è inaugurato, con l’inno di Mameli suonato dalla Fanfara dei Bersaglieri, un singolare monumento pavimentale (unico nel suo genere) realizzato con oltre 200 tessere in travertino – recanti incisi i cognomi delle famiglie degli esuli giunte nell’allora “Villaggio Operaio” dal 1947 e le loro città d’origine – incastonate nell’area compresa tra il “Monumento all’Esodo” [(composto dal mosaico del pittore polesano Amedeo Colella unitamente alla stele che reca incisi i famosi versi danteschi: “Tu lascerai ogne cosa diletta più caramente; e questo è quello strale che l’arco de lo essilio pria saetta” (Paradiso, XVII, 55)] e l’entrata principale della chiesa “San Marco Evangelista in Agro Laurentino”. Queste pietre – non d’inciampo – ma del “ricordo” nel loro insieme formano i contorni delle “terre perdute” d’Istria, Fiume, isole del Quarnaro e Zara.
Un’altra targa recante la frase di Seneca: “Nessuna terra è luogo di esilio, ma una seconda Patria”, indica le associazioni storiche del quartiere che, a vario titolo, hanno preso parte a questo progetto: Giuliano Dalmata nel Cuore ONLUS (promotrice del progetto), Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia-Roma, Associazione Cultura Fiumana Istriana e Dalmata-Lazio, Associazione Sportiva Giuliana e Società di Studi Fiumani. Ciò a conferma della volontà degli esuli giuliano-dalmati di ricostruirsi una vita senza recriminazioni, ma guardando speranzosi al futuro.
Un progetto condiviso il cui iter iniziale – ricordiamo – parte con la Risoluzione N° 06/19 (votata all’unanimità) del Consiglio Municipio IX di Roma per proseguire, poi, grazie al contributo delle singole famiglie di esuli e dei rispettivi discendenti senza interventi economici da parte dell’amministrazione.
Tale iniziativa oltre all’evidente valore affettivo (ricordare le proprie “origini”) acquista, anche, un alto valore storico-culturale. Il quartiere, inevitabilmente, con il passare degli anni ha cambiato la connotazione dei suoi abitanti. Del nucleo originario resta qualche testimone prezioso e una percentuale discreta dei discendenti di quei primi esuli. Il “ricordo” è un atto soggettivo ma – nell’ottica di una “memoria condivisa” – reclama di essere riconosciuto da tutti.
Quello che rimarrà è il nome (in nessun’altra città c’è, infatti, un quartiere che porta questa dizione) e le numerose testimonianze “concrete” presenti nel quartiere (monumenti, targhe, mosaici dei Santi Patroni, ecc.): un “museo a cielo aperto” dove, anche, queste mattonelle costituiranno un ulteriore pezzo importante di questa storia italiana.
Una tragedia a lungo dimenticata, trascurata e, soprattutto, strumentalizzata a fini politici che, pur essendo “figlia” di una situazione storica estremamente complessa, rappresenta – come ha ricordato il Presidente Mattarella – una sciagura nazionale, una “pagina strappata” nel libro della nostra Storia.
Brunella Bassetti
Finalmente, ottima iniziativa e un ringraziamento a tutte quelle persone che ci hanno lavorato per realizzare questo sacrosanto riconoscimento a noi profughi.