I comandanti che hanno ordinato le esecuzioni sommarie e le decimazioni nella grande guerra non devono essere ricordati

Sono passati quasi 110 anni dall’inizio della Grande Guerra, che è stata una immensa carneficina (quasi 9 milioni di morti e 21 milioni di feriti), una “inutile strage” come ha scritto il Papa Benedetto XV nella sua Nota Ai Capi dei Popoli in guerra del primo agosto 1917.

Purtroppo, è ancora viva la retorica di quella guerra, considerata il “compimento del processo di Unificazione Nazionale”, iniziato nel 1848 con la Prima Guerra di Indipendenza e conclusosi nel novembre 1918 con la liberazione delle “terre irredente”, in particolare le città di Trento e di Trieste.

In questo modo, collegando simbolicamente la Grande Guerra all’Unità Nazionale, si tende a giustificare quel terribile “massacro”, che ha causato al nostro Paese circa 650.000 morti e quasi 1.100.000 feriti e mutilati (tra i quali circa 4.500 “scemi di guerra”).

Di quella “carneficina” sono responsabili molti Alti Comandanti, in primis  il Comandante Supremo, il generale Luigi Cadorna, che hanno mandato a morire centinaia di migliaia di soldati in inutili assalti alle trincee nemiche, ben difese, e molto spesso inespugnabili, dalle quali le mitragliatrici (che sparavano fino a 500 colpi al minuto) “falciavano i soldati come spighe di grano durante la mietitura”.

Sarebbe stato opportuno, in occasione del Centenario della Grande Guerra, che si facesse piena luce sulle responsabilità dei nostri Vertici Militari, che hanno dimostrato  non solo grande “incapacità strategica”, continuando ad attuare tattiche superate, in particolare mandando al massacro, con freddezza, come “carne da cannone”, centinaia di migliaia di soldati, ma soprattutto grande spietatezza d’animo  nell’applicare ai propri Reparti, con estrema facilità, la Giustizia militare sommaria, con le esecuzioni sommarie  e le decimazioni.

generale Andrea Graziani

Al riguardo, ho ricordato in un articolo pubblicato il primo novembre il generale “fucilatore” Andrea Graziani, nominato il 2 novembre 1917 da Cadorna Ispettore Generale del movimento di sgombero delle truppe in ritirata verso il Piave, dopo la “disfatta di Caporetto” del 24 ottobre 1917, il quale girava in auto tra i Reparti in ritirata, con una scorta di Carabinieri a cavallo, ai quali ha ordinato di procedere a ben 35 esecuzioni sommarie, alle quali se ne aggiungono almeno altre 15, per un totale di 51 (tutte documentate dalla Commissione speciale di inchiesta, istituita nel 1919 e presieduta dal generale Tommasi), e che sicuramente sono molte di più.

È necessario, pertanto, che a distanza di oltre un secolo dalla Grande Guerra si prendano iniziative, non solo per “riabilitare” i condannati a morte dai Tribunali Militari (circa 750) e i militari vittime delle esecuzioni sommarie e delle decimazioni  (almeno 350), come prevedeva la Proposta di Legge approvata all’unanimità dalla Camera il 21 maggio 2015, poi non approvata dal Senato, e la Risoluzione approvata il 10 marzo 2021 dalla Commissione Difesa del Senato, ma anche per valutare obiettivamente l’operato di quei Comandanti che, con estrema facilità, hanno mandato al massacro i propri  soldati ed hanno ordinato le esecuzioni sommarie e le decimazioni, per stabilire se essi meritano di essere “ricordati con la dedica di strade e di piazze”.

Al riguardo è lodevole l’iniziativa presa dal Comune di Udine, con il sostegno di migliaia di cittadini, comprese alcune eminenti personalità del mondo culturale, per rinominare la Piazza Luigi Cadorna in Piazza dell’Unità d’Italia.

Si è conclusa così una lotta pluriennale portata avanti, con coraggio e con tenacia, da un Comitato locale, che  ha voluto in questo modo “punire”, con un atto formale, anche se a distanza di un secolo dai fatti, il generale Luigi Cadorna, Comandante Supremo del nostro Esercito nella Grande Guerra, tristemente famoso per aver emanato, fino alla sua sostituzione con il generale Armando Diaz dopo la “disfatta di Caporetto” del 24 ottobre 1917, una serie di Circolari e di Bandi che ordinavano ai Comandanti dei Reparti di procedere, con fermezza, all’applicazione della “giustizia sommaria”, per reprimere, con le decimazioni e le esecuzioni sommarie, non solo ogni minima manifestazione di indisciplina da parte dei soldati al fronte, ma anche per contrastare il cosiddetto “disfattismo” (che il Partito Socialista era accusato di propagandare), che fu considerato da Cadorna e dai Vertici Militari la causa principale della “disfatta di Caporetto”, per coprire le loro gravi incapacità nella conduzione della guerra.

Pertanto, quello che è stato fatto per Cadorna ad Udine si dovrebbe fare con tutti quei Comandanti che hanno ordinato esecuzioni sommarie e decimazioni per reprimere, con spietatezza, ogni minima manifestazione di indisciplina dei propri soldati, e che sono ricordati con la dedica di strade e di piazze, come eroi di guerra,

Questo naturalmente presuppone una accurata ricerca storica sulla “giustizia militare sommaria” applicata al fronte, non solo negli Archivi militari e negli Atti Parlamentari (soprattutto le Interrogazioni presentate dai Deputati alla Camera nel 1919), ma anche nei giornali dell’immediato dopoguerra, nelle fonti letterarie (ad esempio i romanzi storici, come quelli di Emilio Lussu o di Curzio Malaparte) e nella memorialistica (i diari dei combattenti), per cercare di ricostruire le responsabilità dei Comandanti per le esecuzioni sommarie e le decimazioni ordinate nei loro Reparti.


Questo articolo è stato utile o interessante?
Sostieni Abitarearoma clicca qui! ↙

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Scrivi un commento