Categorie: Costume e Società
Municipi: ,

I Sepolcri pasquali nei ricordi d’infanzia

Tra i miei ricordi, quelli più cari di un’età lontana e di tradizioni perdute, ci sono quelli legati alle celebrazioni della Santa Pasqua, in particolare …

“Quest’anno, forse, riesco a fare i Sepolcri”, cominciava a dire mia madre almeno tre mesi prima della santa ricorrenza. Buon’anima, con quattro maschi e la nonna carica di acciacchi per casa, di tempo ne aveva proprio poco, quando la lavatrice (anche se era un’invenzione del tempo dei Borbone) era ancora di là da venire. Quindi, quello di “fare i Sepolcri”, è stato ed è rimasto sempre e solo un pio desiderio.

Quella di “fare i Sepolcri” è un’antica tradizione di celebrazione del Giovedì Santo che ancor oggi trova un discreto seguito tra i fedeli; consiste nel fare visita ad almeno tre diversi altari, dopo la Messa in Coena Domini fino al Venerdì Santo mattina, fermandosi in meditazione e preghiera.

In quanto a visitare le chiese come prescritto, la mamma riusciva a visitare solo le due più vicino casa mentre noi ragazzi invece ci allungavamo a quelle più lontane e talvolta fino alla maestosa Cappella Palatina della reggia borbonica.

L’antica tradizione dei Sepolcri però comprendeva anche  un’altra adempienza, quella di preparare il grano santo.

Per la sua preparazione, che doveva iniziare almeno tre mesi prima della Pasqua, si prendevano dei piatti o comunque contenitori dal fondo piatto più o meno grandi, e dentro si facevano germogliare dei semi di grano. E perché i teneri steli dovessero per il colore avvicinarsi a quello del grano maturo, venivano annaffiati regolarmente e tenuti al buio. Possibilmente non dovevano vedere la luce, mentre per noi bambini era difficile resistere alla tentazione di scrutare le piantine che andavano crescendo di giorno in giorno. Spesso il grano era frammisto anche ad  altri cereali e c’era una gara a chi faceva più bella la composizione con piccole croci, ed altri strumenti della Passione

Toccava infine a noi ragazzi portarli in chiesa dove in una apposita scenografia facevano da cornice al simulacro di Gesù giacente e si prendevano la benedizione in una chiesa dove tutte le immagini sacre e i crocifissi, coperti da drappi viola, trasmettevano dolore ed i tabernacoli aperti e vuoti ci sembravano bocche spalancate e lamentevoli.

 

Federico Carabetta


Questo articolo è stato utile o interessante?
Sostieni Abitarearoma clicca qui! ↙

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Scrivi un commento