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Il “caro” a Roma, al posto di “signore”

Non so se il “caro” anziché “signore”, si stia diffondendo dappertutto, oppure solo a Roma. Sicuramente è diffusissimo a Colli Aniene, il quartiere dove abito. Sarà l’età. Che so? Certo è che non ho ancora fatto l’abitudine a sentirmi chiamare caro anziché signore. Mi sembra strano. Che posso farci?

Ieri ho comprato dell’ottima porchetta in un negozio dove mi reco raramente, anche perché alla mia età non posso approfittare di cose così buone ma pesantucce a digerirsi. La signora che serve mi conosce appena, dunque, eppure per due volte mi ha chiamato caro. Diciassette euro, caro (non vi spaventate, nel prezzo era compreso pane e mozzarella di bufala), buona giornata, caro.

Io l’ho chiamata signora. Non mi verrebbe proprio di chiamarla cara. Come potrei? Io chiamo care le persone care, le care figlie, la cara moglie, magari un caro amico anche se non ne sono certo. Ma come si fa a chiamare caro uno sconosciuto? Per me resta un mistero.

E che dire della commessa di un bar pasticceria dove mi reco ogni tanto per le squisite brioche? È vero, lei mi conosce da anni. Ma che cosa è successo l’altra mattina? L’ho salutata e lei anziché rispondermi come il solito “ciao caro” (io non la chiamo cara), mi ha risposto “ciao amore”. Amore? Da caro ad amore?  Ma si può? Non accadrà  per caso che la parola “amore” sostituirà la parola “caro” che sostituisce la parola “signore”?


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Un commento su “Il “caro” a Roma, al posto di “signore”

  1. Penso che, insieme a “Salve”, “Caro” sia proprio il peggior modo per salutare una persona. E’ un modo di porsi che intende essere affettuoso ma non troppo, gentile senza divenire intimo, ma fallisce in entrambi gli scopi. E’ più finto di Giuda, perchè va a invadere la nostra sfera intima senza che esista un riscontro di trascorsi che possano portare l’interlocutore del momento a definirci tali. E’ una modalità, disgraziatamente, in crescita, ormai standard in bar e pizzerie al taglio. Praticamente veniamo chiamati “Cari” solo perchè portiamo qualche euro nelle tasche dell’esercente? “Ma mi faccia il piacere!”, avrebbe detto uno che di saluti se ne intendeva.

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