Il nostro Vinitaly 2024 (II puntata)

I nove vini in nostra degustazione

Entriamo dall‘ingresso principale della fiera di Verona, Porta Cangrande e, quasi come se ci fossimo dati appuntamento, ad accoglierci Fabrizio Macchiagodena.

Fabrizio, il nostro macellaio di fiducia, che da anni ci fornisce di prelibatezze leggendarie, si è appassionato al mondo del vino e, nel suo box num. 42, nel mercato Primavera a Roma Centocelle, offre consigli e una ampia scelta di etichette.

Fatte le foto di rito, ci immergiamo nel nostro dovere di scrupolosi cronisti, venendo subito attratti dal padiglione della Coldiretti, entriamo e siamo storditi da una esplosione di colori e dalla ouverture della Traviata di Giuseppe Verdi: fotografie e filmati delle viti, botti, foglie, il vino visto al microscopio e poi le campagne del Bel Paese, che si susseguono in un turbinio di emozioni: ne usciamo mal volentieri, dopo averlo visto due volte.

Diamo un’occhiata al programma della Coldiretti e ci prenotiamo per l‘evento pomeridiano: degustazione di vini da varietà autoctone italiane.

 

L’Italia ha una varietà altissima di vitigni autoctoni, almeno 350 tra quelli riconosciuti, ma in realtà è difficile dire quale sia il numero effettivo.

 

Sono di grande attualità, ci parlano di territorio e di passione di persone che, non seguendo le mode, hanno resistito e, finalmente, destato l’interesse dell‘intero mondo vitivinicolo 

 

 

I vini in degustazione sono stati 9:

  1. Cantina Valdimiro (Fabriano, Marche): Verdicchio Doc di Matelica spumante metodo classico: si presenta di color giallo paglierino con perlage fine e persistente; all’’olfatto delicato agrumato, foglia di limone; al palato fresco; la bollicina è morbida e cremosa, la componente minerale arriva alla fine; l‘affinamento sui lieviti è di 36 mesi, residuo zuccherino di 1,5 gr/litro, acidità persistente; sono tutte queste qualità che contribuiscono a farne un vino longevo. L‘abbinamento è con tutti i cibi; il nostro consiglio: i Maccheroncini di Campofilone con le poveracce (in marchigiano sono le vongole), il mangiare dei poveri, prima del granchio blu.   
  1. Cantina Ventiventi (Modena, Emilia-Romagna): Lambrusco Doc, spumante metodo classico Brut Rosè; è un’azienda giovane composta da tre fratelli; la prima vendemmia è avvenuta nel 2018. L’azienda Ventiventi vinifica il Lambrusco di Sorbara con metodo classico; la vendemmia è anticipata; 30 ettari con al centro la cantina; la degustazione della vendemmia del 2019 smentisce in pieno la non longevità del vitigno; di colore rosa tenue leggermente ramato; all‘olfatto floreale con nota di tostatura; al palato fresco e gustoso, lamponi, timo, salvia, leggermente minerale; la bollicina è cremosa; l‘abbinamento naturale è con i salumi.
  1. Azienda Agricola Brumat (Friuli Venezia Giulia): Malvasia Igt; 4 ettari di terreno calcare di colore rosso, l’azienda è vicina al fiume Isonzo. “La nostra osteria ci permette un contatto diretto con il consumatore – tiene a precisare Patrizia, compagna di Gabriele Brumat – la nostra è la Malvasia Istriana“; note salmastre, erba, fruttato; al palato sapido, salino, morbido, fruttato; ovviamente l’abbinamento è con il prosciutto San Daniele.     
  1. Cantina Todini (Umbria): Doc Grechetto di Todi; è un vino longevo; su 40 ettari 15 sono di Grechetto; l‘azienda ospita 350 animali esotici allo stato semilibero tra le vigne; all‘olfatto fiore fresco, mimosa, magnolia, glicine, agrumi; al palato acidità che dà freschezza, floreale, ananas, mango; abbinamento: prosciutto con la pizza al formaggio, che viene sfornata in continuazione, non soltanto a Pasqua.     
  1. Antica Cascina dei Conti di Roero (Piemonte): Docg Roero Arneis Riserva; terreni di argilla con fossili marini oppure sabbiosi con sale marino, è da questi che l’Arneis prende la mineralità; l’azienda produce anche Barbera e Nebbiolo; l‘Arneis base è coltivato su terreni sabbiosi, mentre l‘Arneis riserva su terreni argillosi; fa acciaio per 12-16 mesi, un anno sui lieviti e poi un altro anno in bottiglia; l’annata in degustazione è del 2021: colore giallo dorato; all’olfatto è intenso, mango, papaia, fiore giallo, zafferano, crosta di pane; al palato strutturato con finale salino; l’abbinamento suggerito è con vitello tonnato e  risotti.
  1. Terre di Maria (Puglia): Nero di Troia Igp; azienda a conduzione familiare; la leggenda vuole che sia stato Diomede a portare i tralci in Puglia; vendemmia a fine di settembre inizio ottobre; i terreni sono di sabbia e argilla; 4 mesi di legno; all‘olfatto prugna, dattero, pepe nero, chiodo di garofano, nota floreale; al palato ricco, fresco, strutturato ma alleggerito dalla acidità, tannicità non invadente; abbinamento con la carne.        
  1. Terre De La Custodia (Umbria): Docg Sagrantino di Montefalco; vino ad alto contenuto di tannino, ben presente nei vinaccioli e nelle bucce; all‘olfatto profumo di bosco, mora, ribes, caffè, cacao amaro, tabacco; al palato il tannino è subito aggressivo, ma viene attenuato dalla acidità e dal tipico retrogusto di arancia rossa; abbinamento con stufato, spezzatino, cacciagione, soprattutto cinghiale.      
  1. Fontanavecchia (Campania): Docg Aglianico del Taburno Riserva; i vigneti si trovano in una zona interna, più fresca; alto contenuto di tannino; 18 mesi di legno; all‘olfatto profondo e balsamico, pepe nero, chiodi di garofano, cannella, liquirizia, agrumi; al palato il tannino si presenta subito, ma anche pompelmo e frutti di bosco; abbinamento con carne rossa e grigliata mista.    
  1. Società Agricola F.lli Pusceddu (Sardegna): Doc Malvasia di Bosa; maturazione dell’uva spinta fino a raggiungere i 27 gradi di zucchero; la fermentazione è tutta a 16 gradi centigradi, interrompendosi in modo naturale, mantenendo un adeguato grado zuccherino; il vigneto si trova su tre valli soleggiate accarezzate dal vento di maestrale; il vino si presenta colore giallo carico; all‘olfatto rosmarino, timo, lentisco, elicriso, albicocca, pesca, miele, leggermente salino, insomma i profumi del mar Mediterraneo; al palato sapido, fresco, alcol e zuccheri perfettamente equilibrati; abbinamento con i formaggi.  

I vitigni autoctoni si presentano con caratteristiche proprie nel grappolo, nel chicco, nella foglia, trasmettendo al vino qualità organolettiche tipiche e uniche, diventando così l‘ambasciatore del territorio che lo produce. 

Coltivare questi vitigni, oltre che un valore aggiunto all’economia del Paese, significa tramandare la Storia millenaria dell’Italia, che non ha eguali al mondo e non solo nell’enologia.

Anna Onori, Henos Palmisano   


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