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Il pensionato di Cagliari che ruba per fame non esiste. E’ una bufala

Ma la vicenda da libro Cuore del settembre scorso, che ha rappresentato un corto circuito mediatico, è verosimile: troppi gli anziani al limite della povertà

Le notizie, da qualsiasi fonte provengono, dovrebbero essere controllate e verificate, perché il corto circuito mediatico o la bufala può stare sempre dietro l’angolo. Soprattutto nel giornalismo di oggi dove, per la continua ricerca della riduzione dei costi, la figura del reporter d’assalto, quello che va per la strada a procacciarsi da solo la notizia, non esiste più, ma ha lasciato il posto ad un impiegato che sta comodamente seduto al desk a raccogliere i take di agenzia che arrivano sul proprio computer e che si affida un po’ troppo alle informazioni reperite su internet.

La vicenda da libro Cuore accaduta a Cagliari, il settembre scorso, conferma questo assunto. Su tutti i media rimbalza la notizia di un pensionato che ruba, per fame, in un supermercato del quartiere Is Mirrionis, alla periferia ovest del capoluogo sardo, un pacco di pasta e un pezzo di formaggio. Sorpreso dai proprietari, non solo viene da loro perdonato, ma, per aiutarlo, si organizza una colletta in suo favore da parte dei residenti.

Il quotidiano che dà la notizia, l’Unione Sarda, pubblica la fotografia dell’esercizio. Due agenzie stampa, Agl e Ansa, rilanciano la notizia. Altri giornali mettono la vicenda in prima pagina. Tutti i tg ne parlano. Il Ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, a caldo afferma: «È inammissibile che in Italia si assista ad un regresso delle condizioni di esistenza di chi, come il pensionato cagliaritano, non arriva a fine mese dopo aver lavorato una vita».

Il sindaco di Cagliari, Emilio Floris, vuole conoscere l’identità del pensionato al fine di sostenerlo.

Ma il pensionato non si trova. L’ex-artigiano cagliaritano è diventato il nonno invisibile. Da quotidiano in quotidiano cambia nome ed età, e ognuno aggiunge un particolare in più. Identificato sull’Unione Sarda con un generico “pensionato”, diventa via via “il signor Giuseppe”, “il signor N.T.”. E cambia anche l’età dell’uomo che passa da 74 a 76 anni, arrivando su qualche quotidiano a 80.

Non si riescono a contattare neanche i generosi proprietari del negozio, il signor Ignazio Fenudu e sua moglie Valentina Camba, scomparsi nel nulla. E la fotografia dell’esercizio, pubblicata sull’Unione Sarda, non ritrae il market sardo, ma l’ingresso del panificio “Chez Sandro” di Sandro Oddone, a Valsavarenche. Questo perché, digitando su “Google immagini” la parola “negozio alimentare”, appare subito la foto della botteghina della Val d’Aosta. Prodigi della tecnologia: con un semplice click ci evitiamo di scomodare il fotografo di Blow Up o di dover ricorrere al giornalismo d’indagine.

Per non avere verificato la notizia i nostri media hanno costruito una piccola fiction, assolutamente evitabile se si ritorna, come dice Mario Morcellini, preside della Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università La Sapienza, a un giornalismo capace non tanto di inchieste quanto di non stare esclusivamente aggrappato al desk, aprendo le finestre alla realtà e scendendo sulle strade.

Una bufala, però, che è stata resa possibile non solo dalla scarsa professionalità dei media dimostrata in questa occasione, ma anche da una realtà che accomuna tanti pensionati che si trovano nelle stesse condizioni, i quali, costretti a vivere con 490 euro al mese, fanno la fila davanti alla Caritas o girano tra i banchi dei mercati rionali dopo la chiusura per raccattare qualcosa da mangiare.

Questi rischi il giornalismo locale non dovrebbe correrli. Infatti, proprio per sua natura, l’informazione locale ha un contatto maggiore con il territorio. Il reporter che lavora per un giornale di quartiere, vive in simbiosi con la gente, le varie associazioni del luogo e le istituzioni locali.

Inoltre, per la vicinanza, non ha difficoltà a verificare i vari accadimenti. E grazie alle conoscenze ormai radicate, può trovare testimoni e prove che lo mettano al riparo da simili inconvenienti.

Quindi, viva l’informazione locale e un giornale di quartiere come AbitareA. Un giornale che per funzionare bene ha bisogno della penna di un cronista attento e scrupoloso, vecchio stampo, ma anche e soprattutto, della collaborazione e la partecipazione di tutti i cittadini.


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