Categorie: Sanità
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Il Servizio Sanitario Nazionale, i L.E.A (Livelli Essenziali di Assistenza) e l’autonomia differenziata

Una storia italiana (forse) non a lieto fine

 “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività mediante il servizio sanitario nazionale. La tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana. Il servizio sanitario nazionale è costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio. L’attuazione del servizio sanitario nazionale compete allo Stato, alle regioni e agli enti locali territoriali, garantendo la partecipazione dei cittadini. Nel servizio sanitario nazionale è assicurato il collegamento ed il coordinamento con le attività e con gli interventi di tutti gli altri organi, centri, istituzioni e servizi, che svolgono nel settore sociale attività comunque incidenti sullo stato di salute degli individui e della collettività. Le associazioni di volontariato possono concorrere ai fini istituzionali del servizio sanitario nazionale nei modi e nelle forme stabiliti dalla presente legge.” (Articolo 1, della Legge 23 Dicembre 1978, n. 833, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, SSN).

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L’Articolo di Legge che avete appena letto rammenta, anche a lettori distratti, ben due Articoli della nostra Carta Costituzionale: il 32, sul diritto alla Salute ed il 3, in cui si parla di uguaglianza di fronte alla Legge e pari dignità sociale di tutti i cittadini (e sottolineo tutti), indipendentemente dalle loro condizioni socio-economiche e dalle convinzioni politiche e religiose di cui sono portatori

Quella Legge – voluta dall’allora Ministro democristiano della Sanità, l’Onorevole Tina Anselmi  la Partigiana sedicenne “Gabriella” (che firmerà anche la Legge n. 194, sull’Interruzione Volontaria della Gravidanza, pur se, da cattolica praticante quale era, non ne condivideva il principio ispiratore)  fu varata dal Parlamento in un anno proficuo per il diritto alla cura dei cittadini della Repubblica: è, infatti, del 13 Maggio 1980 la Legge N. 180 (c.d. “Legge Basaglia”) di riforma della Psichiatria e  conseguente abolizione dei Manicomi.

Nota: la Legge 23 Dicembre 1978 n. 833, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, ha dato attuazione, come ho scritto, all’Articolo 32 della Costituzione, rendendo operativi cinque Principi fondamentali, che definirei costituzionali, ovvero: universalismo, globalità di copertura, equità, gratuità e finanziamento attraverso la fiscalità generale. 

 

Bene da quella Legge n. 833, del 1978, discendono, nel tempo, tutti i Decreti Legge e le Leggi che disciplinano il versante dell’’SSN, ovvero l’assistenza e la cura dei cittadini italiani. Tra questi Decreti-Legge ce n’è, in particolare, uno che forse non è noto alla maggioranza degli italiani, ma è norma di fondamentale importanza per la loro salute. Si tratta del DPCM (Decreto Presidente Consiglio Ministri) 12 Gennaio 2017 che istituisce i L.E.A., ovvero i Livelli Essenziali di Assistenza, cioè l’insieme delle Prestazioni e dei Servizi di carattere sanitario che devono essere garantiti – in eguale misura, a tutti i cittadini italianisu nutto il territorio nazionale.

Qui trovate quanto, al riguardo, segnala il Sito web del Ministero della Salute: https://www.salute.gov.it/portale/lea/dettaglioContenutiLea.jsp?lingua=italiano&id=1300&area=Lea&menu=leaEssn

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Ora – stante il già precario stato di salute del nostro SSN – la prevista approvazione della cosiddetta “autonomia differenziata” rischia, assestando un colpo mortale all’SSN, di annientare definitivamente l’architettura disegnata dalla 833/78 e da tutte le norme che da essa sono sin qui derivate, in fatto di sanità, assistenza e cura dei cittadini.

A questo punto del discorso inserisco una Nota che riporta una mia posizione (e convinzione profonda) sulla materia di cui tratto qui.

Certo, si ricorderà che la Legge Costituzionale n. 3, del 2001, riformando l’Articolo 177, del Titolo V Cost., ha tolto la materia della Sanità pubblica alla competenza dello Stato centrale, per attribuirla alle 15 Regioni a Statuto Ordinario, alle cinque a Statuto Speciale e alle Provincie Autonome di Trento e Bolzano. Regionalizzando quindi questa delicata materia e – a mio parere – compiendo un errore strategico rilevante poiché in quel modo – come abbiamo potuto costatare e sperimentare sulla nostra pelle in tutti questi anni da quel 2001 – il principio dell’uniformità delle Prestazioni e dei Servizi di carattere sanitario su tutto il territorio nazionale è andato progressivamente a farsi benedire, di fatto creando una disparità nell’offerta di Prestazioni e Servizi – e dunque nella cura – dipendente dalla condizione economica delle Regioni.

In soldoni: le Regioni più ricche potevano garantire ai cittadini residenti sul loro territorio quell’uniformità prevista dalla Legg, mentre quelle meno ricche non erano in grado di farlo, così tradendo il Principio fondante della 833/78 e dando origine ad  un fenomeno particolare che potremmo definire di “turismo sanitario da bisogno”, ovvero i cittadini bisognosi di particolari prestazioni sanitarie, legate alla cura della loro condizione di salute, che non riuscivano a vedere soddisfatte nelle loro Regione di residenza, erano (e sono tutt’ora) costretti a “migrare” in una Regione diversa dalla loro.

Questa situazione è spesso presente nelle Regioni del Sud Italia, i cui cittadini, arrivano al Centro o al Nord del Paese per vedere, in qualche modo soddisfatto il loro bisogno di cura. Questo fenomeno riguarda soprattutto i malati cronici, che in Italia sono circa 14milioni, per la gran parte anziani o i cosiddetti “malati rari”, ovvero coloro che presentano patologie assai particolari la cui cura prevede Centri diagnostici e di terapia particolarmente specialistici (e specializzati); in grado anche di erogare le particolari medicine di cui questi malati hanno bisogno, spesso per vivere (medicine dette “farmaci orfani”, perché necessari a poche centinaia o migliaia di malati e di difficile reperimento in quanto non remunerativi per le Aziende farmaceutiche, data la piccola fetta di malati a cui sono necessarie, sulla totalità dei potenziali utenti di farmaci presenti in Italia). Questi Centri, diremmo così ultra-Specialistici, non sono presenti in tutte le Regioni, in particolare sono carenti o addirittura assenti in quelle del Sud del nostro Paese ed ecco quindi il bisogno di alcuni malati di migrare in altre Regioni, con conseguente stress psico-fisico e aggravio di spese. (*)

Nota: i malati “rari” sono in Italia circa 2milioni, 100mila dei quali presentano una malattia ancora sconosciuta e/o non ancora diagnosticata con precisione. Va tenuto presente che le cifre indicate sono, purtroppo, sottostimate in considerazione della particolarità di queste patologie che vanno sotto il nome di “rare”, patologie che spesso i malati non sanno di avere data la difficoltà di una diagnosi precisa posta in tempi brevi. C’è, infatti, chi attende anni prima di conoscere da quale patologia rara  è affetto e solo da quel momento inizia la ricerca di una cura e di un Centro specializzato in grado di erogarla.

Ma la disparità nell’erogazione delle Prestazioni e dei Servizi sanitari tra Nord  e Sud del nostro Paese non colpisce solo i malati cronici o i “rari “(come pure i disabili) ma anche le persone normali a cui capita di ammalarsi. Questa disuguaglianza – che esiste da tempo ma rischia di essere aggravata ulteriormente se dovesse passare la cosiddetta “autonomia differenziata” – è testimoniata, incontrovertibilmente, dalle cifre degli Euro spesi, pro capite, per la sanità pubblica nelle due grandi aree geografiche del nostro Paese. Al Sud e nelle Isole, infatti, rispetto al Nord del Paese, si spendono per la salute dei cittadini: 155 Euro in meno per ciascun minore917 Euro in meno per una persona disabile e 49 Euro in meno pro capite per l’assistenza agli anziani, con riferimento evidente ai non autosufficienti.

Ora se si pensa che – come ci informa la stampa – nella proposta di “autonomia differenziata” presentata dal Governo non è indicata la copertura finanziaria relativa ai L.E.A. – che peraltro attendono da anni una revisione  – ci si può rendere subito conto di come questa parte fondamentale dell’architettura del nostro SSN cammini pericolosamente sull’orlo di un precipizio e il disinteresse mostrato dal governo faccia il paio con altre misure attese e non messe in cantiere, riguardo, ad esempio, il potenziamento in organici, Prestazioni e Servizi dell’attuale offerta di sanità pubblica; operazione che prelude ad un tentativo, neanche troppo nascosto, di privatizzazione della sanità nel nostro Paese a tutto vantaggio delle Assicurazioni e della Sanità privata.

E’ questa l’idea di salute dell’attuale maggioranza di governo?  Se si, siamo di fronte ad un altro “grimaldello” utilizzato per scardinare l’impianto costituzionale voluto dai nostri Padri e dalle nostre Madri Costituenti: la cura della propria salute non sarebbe più un diritto universale, ma diventerebbe così possibilità esclusiva di chi può permettersi di pagare assistenza e Prestazioni.

Nota finale: in diversi Paesi, ne cito solo tre: USA, Regno Unito e Confederazione Elvetica, l’assistenza sanitaria è erogata praticamente solo a chi è in possesso di una specifica assicurazione. Anche qui, però, si può creare – come in effetti si crea – una disuguaglianza. Infatti, più alto è il premio assicurativo pagato e più larga è la copertura delle Prestazioni erogabili offerta dall’assicurazione. Ma tutto quello che serve alla cura e che l’assicurazione non copre, diventa erogabile soltanto a pagamento e dunque, ancora una volta, è il censo che determina la possibilità o, meno, di provvedere alla cura della propria salute in modo corretto e soprattutto costante.

(*) Forse non tutti sanno che molti “farmaci orfani”, così come diversi altri preparati medicinali, vengono prodotti dall’Istituto Farmaceutico Militare, con Sede a Firenze. Questo permette un veloce reperimento di  alcuni ”farmaci orfani”, agevolando così il lavoro degli Specialisti e riducendo notevolmente i costi a carico dell’SSN. Va ancora ricordato che – sempre grazie a quanto stabilito nella Legge n. 833/78 – la Sanità Militare è parte integrante dell’SSN, ovvero i Presidi Ambulatoriali, così come gli Ospedali militari, sono aperti (o dovrebbero esserlo per Legge) agli utenti del Servizio Sanitario Nazionale così potenziando l’offerta di Prestazioni e Servizi della Sanità pubblica.


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