Il vinello bianco e rosso di Monteverde
Anticamente, il quartiere di Monteverde era più vasto di quanto non appaia oggi che si manifesta ridimensionato dal momento che è distinto soltanto tra il vecchio e il nuovo, ma comprendeva parte di altri quartieri. Infatti, la cosiddetta “Valle di Monteverde”, inserita nel vasto territorio dell’”Agro Romano fuori Porta Portuensis” nei Catasti Alessandrino (1660) e Gregoriano (1835) era un terreno esteso a destra e a sinistra dell’attuale Via di Monteverde, strada che corrispondeva anche al tratto della Circonvallazione Gianicolense, ovvero dal Ponte Ettore Quirino Maiorana detto Ponte Bianco, fino all’attuale stazione Trastevere. La la campagna si estendeva dunque lungo Via Portuense a partire dalla Porta Portese attraversando Piazzale della Radio e proseguendo oltre. Il punto di intersecazione tra Via Portuense e Via Monteverde, infatti, è ben distinta da alcune cartografie antiche, conservate presso l’Archivio di Stato di Roma, che lo individuano nella “Cappella Massimi”, situata all’altezza del civico 104 di Via Portuense, e ridotta oggi ad un malridotto e insignificante rudere. Per una migliore comprensione dell’avvenuta suddivisione in due quartieri di Monteverde si potrebbe dire in breve che è dettata dal fenomeno della crescita edilizia in ottemperanza ai Piani Regolatori. L’espansione urbana coinvolse prima un’area negli anni ’20-’30 e poi l’altra negli anni ’50-’60. Infatti, Monteverde Vecchio si caratterizzava da villini unifamiliari in stile liberty, mentre Monteverde Nuovo da complessi intensivi o palazzi residenziali più moderni.
La valle di Monteverde era un terreno collinare, secondo il saggio di Nina Quarenghi, (2014) i cui declini lo rendevano “particolarmente adatto alla coltivazione di viti e di orti, [e] rimase infatti un’area prettamente agricola fino all’espansione della città”, ed era perciò frazionata da poderi o vigne, fin dai tempi del Catasto Alessandrino. Un tipo esemplare di “vigna di Monteverde” può essere rappresentata dalla proprietà di Luigi Galassi, citata per una vendita negli atti del 1844 nel Diario di Roma, consistente in un “terreno vignaio cannetato e seminativo della quantità superficiale quadrata di circa tavole 20,54 posto fuori Porta Portese in vocabolo Monteverde confinante i signori Luigi Nusiner, Tommaso Nubilioni, e Giovanni Avirardi e la strada di Monteverde, con casa colonica, fienile, due tinelli, grotta, stalla, forno, pozzo ed altro…” Tra le numerose vigne, verosimilmente così composte, spicca la proprietà della famiglia Jacobini che fu la più importante produttrice di vino a Monteverde, non solo per la sua estensione territoriale, ma anche per la sua secolare esperienza. L’antica famiglia, originaria di Genzano, ebbe numerosi esponenti che si stabilirono a Roma nei corso dei secoli, e nei primi del Novecento si ha notizia sul Foglio degli annunzi legali della Provincia di Roma (1930) di un certo Eugenio Jacobini, che risiedeva in Via Portuense 118-120, forse proprio nella vigna descritta nella Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, 1880 appartenuta ai Domenicani e posta in “vocabolo Cinque Camini, Monteverde e Vicolo della Voltolina [ndr Via di Valtellina], oggi [proprietà di] Berardi, Giuseppe Molacci, eredi Jacobini”, producendo proprio quel “vinello bianco e rosso di Monteverde” decantato da nostalgici monteverdini.
Tra questi ultimi Giuseppe Lorin stupisce per la sua testimonianza (2012) che afferma l’esistenza al civico 8 di Via Fabiola “fino a tutto il 1960, […] [di] un’osteria gestita da Fernando, dove nella cantina confinante con delle catacombe paleocristiane, in botti di rovere conservava il vino al fresco”. Anche la constatazione fornita dalla rivista “O di Giotto, giornale chiaro e tondo” del 1891 conferma che “l’oste poté ben dire e provare che il vino posto in vendita era proprio di Monteverde, cioè della vigna dei domenicani dai quali l’aveva legittimamente acquistato: che era vino di due qualità, cioè bianco e rosso, e che non sapeva in quale altro modo avrebbe dovuto chiamarlo”.
A garanzia della qualità del “vinello bianco e rosso di Monteverde” basti ricordare la trattatistica di viticoltura del Professor Cavaliere Ufficiale Sante Cettolini (Conegliano 1858- Cagliari 1933) in cui il vino di Monteverde è esaminato per le sue peculiari qualità organolettiche nei suoi Annali a partire dal 1889, e viene attribuito alla sola produzione della “vigna Jacobini di Monteverde” o dei “Fratelli Jacobinni”.
Per concludere, la storia del “vinello di Monteverde” ha qualcosa di incredibile se si pensa che oggi tutte quelle antiche vigne citate sono state o demolite o riadattate per favorire l’espansione edilizia sviluppatasi negli ultimi secoli.
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