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In un vecchio palco della Scala

Così determinati, in precedenza non li avevo mai visti né sentiti. Tutti con gli occhi fuori dalle orbite.

“Senta Prof, oggi er tema del giorno lo dettiamo noi.” E’ stato l’incipit di Carlotta che non lasciava alcuno spazio a repliche. Avevano richiesto di vederci sabato 9 dicembre 2023, fuori da ogni regola del calendario settimanale e questa volta c’erano tutti, segno evidente che l’argomento era condiviso, anche da Romoletto, considerato da tutti come, politicamente, il più destrorso e sempre bastian contrario, anche se nessuno lo avesse apertamente mai tacciato di nostalgico, in quanto davvero non lo è. Non mi restava che restare zitto aspettando che Carlotta andasse avanti.

“Credo – e con me tutta ‘a ciurma – che sia l’ora de sopprime tradizioni che nun serveno a cambià er Paese. A considerà bbene, a che serve celebrà l’inagurazione de ’a staggione operistica de la Scala? Tutti noi riteniamo che abbi fatto er su’ tempo. A che serve fermà li programmi de la prima rete TV pe fa vede ‘a folla de ggente, ignorante de lirica, ammassata pe mostrà l’eleganza e basta, che dell’opera, sì e no, avranno ammirato l’oscenario, come ‘n un rotocarco se guardan le figure, come d’un libbro s’apprezza ‘a copertina e la rilegatura. ‘E portrone der primo settore, andate a rubba, vendute ar botteghino anch’a più de dumila euri, manco se trattasse de Don Carlos, erede ar trono, che ce dove posà er culo (me scusi ‘a trascendenza de l’ignoranza). E questo è già de per sé come prende ‘e poveri a pedate.” Ed ebbe un attimo di silenzio, una pausa per riordinare le idee, lasciando un vuoto subito occupato da Lazzaro, il tornitore, schifato dalla trama dell’opera. 

“Ma se pole musicà ‘n libbretto ndove, già all’inizio, er fijo se rammarica che ‘a donna amata se l’ingroppa er padre? ‘O dico anche pe’ Verdi che poteva dedicà er su estro musicale a quarcosa da mejo. Ma se sa, se ner fatto ‘n ce sta l’abbrobrio, ‘o scandalo, l’incestico, er pubbrico… È quistione de tempo, ma poi s’addorme.”

Intervenendo, mi sono illuso di buttare acqua sul fuoco, ma l’illusione si è da subito dimostrata per quella che era. 

“Guardate, io non sarei così disfattista. Si tratta di una tradizione vecchio stampo celebrare l’inizio della stagione lirica della Scala. E poi, spesso nel teatro lirico, nella trama ci stanno situazioni a dir poco spinose e moralmente disdicevoli. Non siate bigotti e puritani. Vi conosco troppo bene per non meravigliarmi.”

“Ma via, Sor Maè, come se spieca che alla primiera mancaveno du persone come ‘e Presidenti de ‘a Repubbrica e der Governo?” E’ intervenuto deluso Gennarino, il calzolaio. “Hanno ‘nteso tutt’e due che faceveno mejo a sta a casa, specie dopo ‘a zizzania pe’ chi, e ‘nzieme a chi, doveveno occupà er parco reale. Sa che me fa specie? Che alla fine, pe’ carmà l’acque, è toccato de mette pace a quella brava donna de ‘a Senatrice, che ner trambusto c’entrava come ‘r cavolo a merenda. Invece li Presidenti? Fora me chiamo”. 

Ma via, Gennaro, non fare il disfattista. Sono piccoli screzi che fanno parte della quotidianità politica. Non puoi giudicare la cerimonia per un aspetto che, in fondo, lascia il tempo che trova. Quanto all’assenza dei due Presidenti, avranno avuto altri impegni da onorare. 

“E quell’antro che se sgola a strillà ‘na frase da considerasse lapalettiana (che poi, a voi gnoranti, ve spieco er significato de l’avverbio) datose che, pe’ definizione, l’Italia repubbricana è de per sé antifascista. E’ come gridà: viva ‘e fanali antinebbia! Scuseme: lei ha mai visto fanali che favorischeno a nebbia? Ma perché allora non identificare quelli che se sgolano a dì: bravo! O a chiede er bis?”

 Talvolta entrare nelle loro pulsioni cerebrali non è improbo, è impossibile. Pazienza…


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