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La Capitale e i suoi gatti, un legame di millenni

I gatti di Roma sono gatti letterati: si radunano soltanto nei luoghi più celebrati.
Al Pantheon ed al Foro, incuranti dei turisti, fanno i loro concerti quei nobili musicisti.
Sono poveri e spelacchiati, e se la passano male, ma restano pur sempre i gatti della Capitale.
[…]
Ma i romani de Roma sanno la verità, e vogliono molto bene ai gatti di città.
Tu li vedi portare cartocci e cartoccetti con gli avanzi di cucina ai loro prediletti
 […]”.

Così Gianni Rodari, romano d’adozione, descriveva i gatti di Roma nei versi composti per l’opera, uscita postuma, che il grande scrittore e pedagogo aveva deciso di dedicare ai felini. Sono parole che ben descrivono il rapporto di Roma con i suoi mici, da sempre raccontati nelle opere degli artisti più legati al cuore della città, da Trilussa Gioacchino Belli, entrambi maestri nell’utilizzare gli stereotipi legati ai gatti nell’immaginario collettivo come metafore dei difetti e dei vizi tipici dell’uomo stesso.

Ma quanto fosse speciale il rapporto di Roma con i gatti era chiaro fin dall’età imperiale, epoca in cui il felino veniva considerato un animale sacro, fedele compagno sia nella vita terrena che ultraterrena. Per questo molti cognomi della Roma Antica prendevano spunto dalla parola cattus, per l’appunto gatto in latino. Un legame tramandato anche nel culto della dea Iside, protettrice degli animali e dei gatti in particolare, a cui erano dedicati molti templi in giro nell’impero.

È dunque millenario il legame di Roma con i propri gatti, come ci racconta Carla Rocchi, antropologa, presidente dell’ENPA – Ente Nazionale Protezione Animali e grande amante dei felini. “Il legame dei gatti con Roma è molto antico – racconta – tant’è che in una delle colonie più antiche della città, quella dei Mercati di Traiano, una decina d’anni fa sono stati ritrovati dei resti databili al carbonio 14 risalenti al 400 d.c, ciò significa che lì è presente una colonia da 1600 anni”.

Dunque, quella presente ancora oggi a Roma è una lunga dinastia di gatti che si perpetua, e che ha scelto per la propria stanzialità i luoghi storici più belli e significativi della città, da Torre Argentina, il luogo simbolo dell’uccisione di Cesare, al Colosseo, alla Piramide, solo per citare le colonie più antiche e numerose. Così come è significativa la presenza di gatti nei luoghi del riposo, su tutti la grande colonia del cimitero del Verano.
Oggi sono oltre 5mila le colonie feline censite dalle Asl nella Capitale, alcune in luoghi insospettabili come, ad esempio, l’Università “La Sapienza”, dove un insediamento di gatti è diventato oggetto di un provvedimento di tutela da parte del Rettore.

Colonie che, con un recente provvedimento di Roma Capitale, potranno intraprendere un percorso di certificazione che le riconosceranno ufficialmente come luoghi protetti. Le prime due colonie a ricevere la targa del Comune di Roma direttamente dal Sindaco Roberto Gualtieri e dall’assessora all’Ambiente Sabrina Alfonsi sono state, simbolicamente, quelle di Torre Argentina e di Piramide.

Ultima curiosità quella sull’origine del termine ‘gattara’parola nata a Roma a indicare, come ci racconta Rocchi, non una persona ma un luogo, e cioè quello che Papa Innocenzo aveva destinato alla raccolta dei mici randagi. “Erano soprattutto le donne a prendersi cura di quei gatti – aggiunge la presidente di ENPA -, da questo le signore prendono il nome di ‘gattare’. C’è sempre stata una forte connessione tra la donna e i gatti, perché il gatto è sempre stato considerato simbolo di una indipendenza da osteggiare, tant’è che nei roghi delle donne considerate streghe il più delle volte c’era anche un gatto”.

Ma la vera ragione del legame speciale tra i gatti e Roma, è l’opinione di Carla Rocchi, sta nel fatto che il gatto somiglia ai romani più di ogni altro animale, perché “è sornione, intelligente furbo e rimedia sempre una lisca. Dunque, il carattere dei romani si rispecchia nel carattere del gatto”.

Un dato che trova conferma nel leggendario episodio con protagonista Anna Magnani, considerata la più grande gattara di Roma, che da via dei Baullari, dove risiedeva, andava di persona a dare da mangiare ai gatti di Torre Argentina.
Una volta le chiesero: “Signora Magnani, ma perché ce va de persona? Mandi la cameriera”. “E no – fu la risposta – loro devono vedere la Magnani che dà da mangiare ai gatti, e non la cameriera”.

 

Si ringraziano tutte le “gattare” di Roma, tutte le associazioni che si occupano di animali e quelle che da decenni ormai si prendono cura delle colonie feline che l’Amministrazione capitolina sta iniziando a certificare.

Le immagini che accompagnano l’articolo sono tratte dai siti delle associazioni che si prendono cura dei gatti ogni giorno.

gattidiroma.net 

igattidellapiramide.it 


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