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Malasanità e giustizia: indennizzo a vita per una donna contagiata da epatite B

Il tribunale ha condannato il ministero della Salute

La battaglia legale che ha cambiato una vita. La storia di una donna dei Castelli Romani, oggi 57enne, si intreccia con un caso di malasanità che risale a oltre quarant’anni fa.

Era il maggio del 1981 quando, appena quattordicenne, venne trasfusa con sacche di sangue all’ospedale San Giuseppe di Marino, senza sapere che quella scelta avrebbe segnato il suo destino.

Dopo più di tre decenni di vita normale, nel marzo del 2018, un controllo di routine rivelò un rialzo preoccupante delle transaminasi. Il verdetto? Epatite B, contratto durante quelle trasfusioni di sangue.

Un colpo devastante, considerando che l’epatite B non ha una cura eradicante, a differenza dell’epatite C. Il suo mondo, da quel momento, è crollato.

La donna, sopraffatta dalla notizia, ha rievocato il ricordo confuso di quel ricovero, ma non sapeva di essere stata contaminata.

Con determinazione, ha contattato l’avvocato Renato Mattarelli, esperto in casi di malasanità, per far luce su quella vicenda dimenticata.

Dopo una battaglia legale iniziata nel 2020 e segnata da ripetuti rifiuti da parte dell’Asl e del Ministero della Salute, finalmente, il 18 settembre 2024, il tribunale di Foggia ha emesso una sentenza storica: un indennizzo a vita di 1.700 euro bimestrali e arretrati di circa 40.000 euro. La giustizia ha finalmente fatto il suo corso, riconoscendo il diritto della donna a essere risarcita per il danno subito.

Ma questa è solo la prima vittoria. “Non ci fermeremo qui,” ha dichiarato l’avvocato Mattarelli. “La mia assistita affronta una grave depressione reattiva che le impedisce di lavorare e di vivere serenamente. La nostra lotta proseguirà fino a ottenere un risarcimento completo per i danni psicologici e morali.”

La storia di questa donna è un potente promemoria di quanto possa essere fragile la vita e di come la giustizia possa, finalmente, riparare le ingiustizie del passato.


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