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Memoria clochard: quando il male da banale diventa gratuito

Quanti sono i “senza fissa dimora” a Roma? Un dato Caritas, del 2018, ci dice 16 mila. Per loro – categoria sociale che raggruppa gli ultimi degli ultimi e che quotidianamente purtroppo s’ingrossa – si usano appellativi i più diversi: “senza casa”, “barboni”, “clochard” e qui siamo sull’erudito. Dunque anch’io, per una volta, voglio fare sfoggio di erudizione (ok, ok, dopo mi faccio i miei cinque minuti di castigo dietro la lavagna) e voglio aggiungere un’espressione presa dal lessico di Frantz Fanon, Psichiatra, Antropologo, Filosofo e Saggista francese nato nella Martinica, che recita: “I dannati della terra”.

Dunque, si tratta di un’umanità invisibile (meglio, che noi rendiamo invisibile, con la nostra ostentata indifferenza) che popola la nostra città. Dalle mie parti, molti di loro dormono, di notte, sotto il colonnato di San Pietro oppure sui gradini della Scuola a cento metri da casa mia avendo – ma non sempre – l’accortezza di “scomparire” di nuovo, prima dell’arrivo dei ragazzi.

Ma perché ne scrivo?  Si tratta, infatti, di una “non novità”. Ne scrivo perché alcuni giorni fa in quel di Trastevere, c’è stata l’ennesima aggressione ad uno di loro, da parte di un gruppo di ragazzi che lo hanno colpito con calci e pugni in testa. L’uomo, un 55enne, era noto nella zona e anche ai Sanitari per problemi psichiatrici. Insomma, era un matto – “matto” = “opaco”, “non lucido”, anche “strano” = “straniero” o “morto” (nel gioco degli Scacchi si dice che il Re è “matto”, quando è “morto”, ovvero quando si trova sotto scacco di un pezzo avversario e non può muovere senza finire sotto scacco di un altro pezzo, anch’esso avversario) .

La motivazione del pestaggio? Quell’uomo “dava spettacolo” da giorni: torso nudo, camicia sulla testa e pantaloncini rosa trasparenti che facevano intravedere un perizoma. Tanto è bastato per aggredirlo e malmenarlo brutalmente e poi scatenare una rissa con chi – sacrosanta reazione – tentava di difenderlo.

Insomma, tra Sabato e Domenica scorsi a Trastevere, Roma, è scesa in campo, in un’azione violenta, la brutta copia italica della “Polizia della morale” iraniana, senza che le Forze dell’Ordine (quelle vere) prevenissero quella situazione violenta. Così è “andata in scena” un’altra di queste azioni violente che ormai sono, per così dire, “costitutive” della cosiddetta movida romana. Stavolta l’aggressione è finita sui giornali solo per la successiva rissa. Solitamente queste aggressioni passano sotto silenzio, si minimizzano. Quando si vuole minimizzare qualcosa, a Roma si dice “so’ regazzi” che è come dire: niente paura, è stata solo una goliardata.

Anche qui, alla mia indignazione (che esprimo con queste righe) si potrà opporre la costatazione che quell’aggressione non è stata la prima e non sarà nemmeno l’ultima. E’ vero. Ma io non riesco a farci l’abitudine. Non bisogna farci l’abitudine. Non è un mondo normale quello in cui si decide di massacrare di botte qualcuno perché “dà spettacolo”, ma in realtà  lo si fa solo per battere la noia e tirare tardi, tanto a chi importa (chi se ne frega, tradotto in romanesco). Sarò esagerato (e testardo), ma io voglio combattere questa “brutta aria” che tira ricordando un Articolo della nostra Costituzione, esattamente il 3, che recita:

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso di razza, di lingua di religione [, di opinioni politiche di condizioni personali e sociali.

E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”.

Dunque, due parole chiave: uguaglianza dignità. Teniamole bene a mente!

 

Ugo Fanti, Presidente della Sezione Anpi di Roma Aurelio-Cavalleggeri “Galliano Tabarini”


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