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Memoria della differenza. Pioltello (MI)

Quando la scuola fa il suo dovere, anche educando all'interazione tra cultura differenti e alla cittadinanza cosciente e responsabile

«Ho ricevuto e letto, con attenzione, la sua lettera e, nel ringraziarla, desidero dirle che l’ho molto apprezzata, così come – al di là del singolo episodio, in realtà di modesto rilievo – apprezzo il lavoro che il corpo docente e gli organi di istituto svolgono nell’adempimento di un compito prezioso e particolarmente impegnativo.». (Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica Italiana, in risposta ad una Lettera inviatagli dalla Vice Preside dell’Istituto Comprensivo “Iqbal Masih”, di Pioltello, Milano).

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Ieri l’altro, in rappresentanza della nostra Sezione ANPI, ho partecipato ad un’interessante iniziativa intitolata “La Costituzione tradita”, organizzata dai cittadini aderenti al Laboratorio di Quartiere “San Pietro-Cavalleggeri”, con il quale, da tempo, la Sezione collabora. Tra i Relatori c’era anche Franco La Torre (figlio dell’On. Pio La Torre, ucciso dalla mafia il 30 aprile del 1982, a Palermo) che ho conosciuto e con il quale ho lavorato circa 12 anni fa, al tempo della mia breve militanza nel PD. Il dibattito è stato ricco di spunti di riflessione, avendo messo al centro la nostra Costituzione, i diritti che enumera (ma anche i doveri a cui richiama i cittadini e le cittadine) e – a 76 anni dalla sua entrata in vigore – l’importanza che ancora ricopre, come Documento fondante (e Legge Fondamentale) della Repubblica.

Dunque, per iniziare a scrivere della storia di cui al titolo di questa Nota, parto dal testo di un Articolo della Carta Costituzionale, il 34, che è bene tenere a mente, ora e in futuro. L’Articolo stabilisce quanto segue:

“La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.”.

Bene, si tratta di un articolo che ha visto la sua concreta attuazione, prima con la Riforma della Scuola Media Unica (1962), poi con la nascita e l’attuazione  dei cosiddetti “Decreti Delegati” (1973-1974). L’articolo 34 della Costituzione bene chiarisce quale fosse l’idea di educazione (dal Latino “ex ducere” = “trarre fuori”, “far emergere”, “portare alla luce”) che animava i Padri e le Madri Costituenti e quale dovesse essere, per la Repubblica e i suoi governanti, la strada da seguire in futuro, riguardo questo aspetto importante della vita della Repubblica e dei suoi cittadini.

Bene, la storia di cui scriverò da ora in avanti documenta, invece, un “deragliamento” (per essere buoni) da questa strada. Deragliamento, sia chiaro, non addebitabile agli Insegnanti della Scuola milanese di cui appresso che hanno, invece, capito pienamente lettera e spirito di quell’Articolo e come attuarlo (e attualizzarlo) nella situazione scolastico-educativa nella quale si trovano ad operare. Deragliamento, dunque, da addebitare – per intero – all’attuale Ministro dell’Educazione e del Merito (di chi?) del Governo Meloni, Giuseppe Valditara.

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La storia: qualche tempo fa, il Consiglio d’Istituto dell’“Iqbal Masih”, Scuola Statale di Pioltello (Milano) – tenendo conto  della multi-etnicità dei suoi alunni, oltre il 40’% dei quali di religione musulmana – decide, all’unanimità, di tenere chiusa la Scuola per 4 giorni (poi ridotti a 2, il 10 aprile, giorno della fine del Ramadan, festa mussulmana di preghiera e digiuno  ed il 26 aprile, giorno successivo alla Festa Nazionale della Liberazione dal nazifascismo) in considerazione del fatto che in quei giorni numerose sarebbero state le assenze dalle lezioni. Il giorno dopo quella decisione, si scopre, appeso al cancello della Scuola. Uno striscione che recita: “SCUOLA ITALIANA, MAI MUSULMANA”.

Iqbal, Masih – il bambino pakistano che voleva diventare un Avvocato dei diritti Umani – e la Scuola di Pioltello.

A tre anni Iqbal Masih (1983-1995) per saldare un debito viene venduto dal padre ad un individuo che lo incatena ad un telaio a tessere tappeti per i ricchi occidentali (le mani dei bambini sono piccole e corrono veloci ad annodare fili e fili in trame che compongono disegni che fanno preziosi quei tappeti). Dopo diversi anni Iqbal viene liberato da quella tortura dai militanti del Fronte Pakistano di Liberazione dei Bambini Schiavi (al tempo in quel Paese in numero di dieci milioni) e inizia a lottare per i diritti di quelli come lui e decide che – da grande – farà l’Avvocato dei diritti dei bambini schiavi. Ma non ci riuscirà perché, a 12 anni, viene ucciso con decine di colpi di pistola nel giardino della sua casa. Evidentemente era diventato troppo noto in tutto il mondo e dunque scomodo e pericoloso per qualcuno.

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Intitolare una Scuola al nome di Iqbal Masih, una Scuola che insiste in  un territorio dove forte è la presenza di persone non italiane e di religione musulmana, già di per sé, parla di rispetto delle differenze culturali e religiose, ma parla anche di interazione tra diversi (la parola ”integrazione” non mi piace, perché indica l’obbligo del diverso di diventare come il normale, l’altro da sé nella cui terra è considerato ospite, e non cittadino). Meglio usare il termine “interazione”, che è – a mio giudizio – parola più interessante perché parla di scambio paritario su più fronti e di reciproca crescita comune umana, sociale e culturale.

Appunto quella decisione, discussa, ponderata e presa – lo ripeto – all’unanimità dal Consiglio d’Istituto, di cui fanno parte anche i genitori di alunni italiani, diventa un caso politico. Da una parte il Ministro Valditara e l’Ufficio Scolastico Regionale. che chiedono la revoca della decisione sulla chiusura della Scuola; dall’altra gli Insegnanti che non mollano, invocando l’autonomia decisionale che la Legge consegna e garantisce al Consiglio d’Istituto di ogni Scuola della Repubblica; autonomia non solo decisionale che, giustamente, integra la libertà d’insegnamento da noi costituzionalmente garantita (cfr. l’Articolo 33).

Dunque, un normale momento operativo come ce ne sono tanti nelle nostre Scuole, tutti i giorni che Dio manda in terra, è diventato un fatto di rilevanza politica nazionale, per colpa di chi (“galeotto fu lo striscione” scriverebbe, oggi, Dante Degli Aldighieri nella sua Commedia) pensa ad una Scuola identitaria, cioè solo italiana, bianca e fatta di alunni normodotati (che non è affatto nelle corde della nostra Repubblica) e ignora (nel senso più profondo del termine) la nostra Costituzione che, invece, parla di eguaglianza davanti alla Legge e pari dignità sociale (cfr, l’Articolo 3) e di scuola aperta a tutti (cfr. l’Articolo 34).

Ecco allora che – per rimettere le cose a posto – arrivano le parole del nostro Presidente della Repubblica che avete letto all’inizio e che sottolineano, non solo la irrilevanza del fatto in sé, ma anche l’impegno quotidiano di molti Insegnanti che traducono in realtà educativa le parole di quell’Articolo della Carta, ricordando ai loro ragazzi (e così ricordandoci) che la differenza – ogni tipo di differenza – va conosciuta, merita eguale rispetto  e educandoci ad apprezzare tutte le differenze come una ricchezza del nostro mondo e non come un problema, ci fa crescere come cittadini coscienti a responsabili.

Non è detto, però, che le parole del Presidente Mattarella pongano fine alla diatriba. Agli attacchi scomposti della destra leghista, regionale e nazionale, i Docenti e i genitori della Iqbal Masih  hanno risposto con le seguenti parole del Mahatma Gandhi: “La nostra abilità di raggiungere l’unità nella diversità sarà  la bellezza e il test della nostra civiltà.”.

Nota finale: il 21 Maggio prossimo, “Giornata Mondiale delle Diversità Culturale”, la Scuola di Pioltello organizzerà una Giornata di dialogo “sui temi dell’inclusione, dell’interazione tra culture e del confronto tra Religioni.”.


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