

Il resoconto della venticinquesima edizione del “Concertone” di piazza San Giovanni
1990-2015. Venticinque anni di Primo maggio. Venticinque giornate all’insegna della politica, del diritto al lavoro e dei temi sociali. Anche quest’anno, come da un po’ di tempo a questa parte, niente grandi ospiti internazionali, ma quella di ieri è stata comunque una giornata ricchissima grazie al melting pot di generi musicali che, come di consueto, ha animato la kermesse organizzata da CGIL, CISL e UIL e che dal primo pomeriggio ha visto alternarsi sul palco una carrellata di artisti per tutti i gusti.
Si è partiti alle 15 con l’apertura affidata ai Kutso, freschi di secondo posto al festival di Sanremo nella categoria “Nuove Proposte”, seguiti dal collettivo nu-folk marchigiano La Rua, i romani Bambooo, famosi per suonare non con strumenti tradizionali ma con oggetti di uso quotidiano, la cantautrice cosentina Ylenia Lucisano, il cantautore “world” di origini francesi Sandro Joieux, il rapper Ghemon e il combo folk Ronda Floklub & Cavallaro.
Ma è a partire dalle 17 che si è entra nel vivo della giornata con, in sequenza, la miscela rock/reggae/dub degli Almamegretta, il pop del duo Mario Venuti & Mario Incudine, il folk dialettale dei Tarantolati (di nome e di fatto) di Tricarico, le suggestioni balcanico-mediterranee della Med Free Orkestra, l’indie-rock della cantautrice di origini siciliane Levante, il rock senza fronzoli dei Santa Margaret, lo ska-funk di Lello Anolfino & Tinturia, il pop-rock “selvatico” di Roberto Dell’Era (o Dellera, se preferite) – in “prestito” dagli Afterhours – l’energico etno-rock mediterraneo di Teresa De Sio, il reggae alla romana degli Otto Ohm, il rap di Nesli – fratello minore di Fabri Fibra – e la fusion in salsa partenopea di James Senere & Napoli Centrale, prima della pausa affidata al DJ-set di Alessio Bertallot che ha permesso ai tantissimi astanti di rifocillarsi presso i numerosissimi stand presenti in via Emanuele Filiberto, viale Carlo Felice e via Sannio.
Alle 20 il colpo d’occhio era impressionante. Piazza San Giovanni, un mare di gente pronta per assistere alle performance dei “pesi massimi”. Per prima, la Paolo Rossi band, poi Enrico Ruggeri, che ha proposto in apertura di set la “sua” Il Mare D’Inverno, portata al successo nel 1986 da Loredana Bertè, e poi ancora Emis Killa, Paola Turci, Avitabile & Alpha Blondy, l’ex-Articolo 31 e giudice a The Voice J-Ax, e Irene Grandi, che ha aperto con Bruci la città, una delle sue canzoni più fortunate, nobilitata dalla firma del leader dei Baustelle Francesco Bianconi, e chiuso con Bum Bum.
Ma è per i Bluvertigo che la piazza ha iniziato a scaldarsi sul serio. La band capitanata da Morgan, ieri sera elegantissimo in smoking ma clamorosamente giù di voce, insieme ad alcuni brani storici ha presentato in anteprima Andiamo A Londra, primo inedito dai tempi dello scioglimento (o per meglio dire congelamento, come hanno sempre ripetuto loro) avvenuto nel 2001. Brano che, nelle parole del bassista Livio Magnini, preluderà all’uscita di un nuovo album della band monzese. Peccato per l’audio che ha un po’ penalizzato uno dei ritorni più attesi sul palco del Primo maggio.
A seguire, i bolognesi Lo Stato Sociale, band “amica” di Pippo Civati e dal nome che più di tutti si adattava al contesto della giornata. La particolarità è stata però che tutti e cinque i componenti si sono presentati sul palco in calzamaglia nera e col viso coperto a mò di Diabolik, spiegando così le ragioni della “protesta”: “Pensiamo di dover prendere esempio dalle forze dell’ordine tuttora non identificabili in occasione di scontri di piazza e torture nelle scuole. Riteniamo di dover essere oscuri e misteriosi come le ragioni per cui si devono fare assolutamente il Muos e la Tav. Riteniamo di dover essere invisibili come le migliaia di migranti che ogni giorno cercano la sopravvivenza da noi e vengono lasciati a morire in mare. Vi auguriamo Buon primo maggio e altri 364 giorni all’oscuro di ogni cosa”. Sul palco avrebbero dovuto suonare anche Mi Sono Rotto Il Cazzo, oltre ad invitare sei coppie di gay, ma si sa, Mamma Rai queste cose non le gradisce. E così si sono limitati ad un bacio sulle labbra tra il cantante Alberto Guidetti ed un altro componente la band.
Dopo di loro, ecco la chitarra blues di Alex Britti, seguita da un’altra delle performance più attese, quella di Goran Bregovic, che ha portato a tutti un grande abbraccio dall’altro lato dell’Adriatico sulle note di Balkanjeros, mentre piazza San Giovanni esplodeva in un tripudio di danze tzigane. Da Bregovic, si è poi passati al crossover gotico dei Lacuna Coil, seguiti da Noemi, prima della chiusura affidata alla leggendaria PFM, o ciò che ne resta. Sul palco, Franz Di Cioccio, Patrick Djivas, Lucio “violino” Fabbri e gli ultimi innesti, che col loro repertorio prog-rock mescolato alla musica classica hanno chiuso la giornata euforicamente, e metaforicamente, con È Festa.
Perché un quarto di secolo è un compleanno da ricordare. E allora altri cento di questi giorni, sperando che nel 2115 avrà ancora senso parlare di diritti.
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