Roma perde un pezzo di cuore: chiude Pascucci, il bar dei frullati più amati

L’insegna aveva resistito alle mode, ai fast food e alle catene: la storia di uno dei locali più antichi del centro

Chi non ha mai fatto almeno una volta tappa da Pascucci per un frullato fresco, colorato e indimenticabile? Chi non ha mai camminato tra i sanpietrini di via di Torre Argentina solo per entrare in quel piccolo bar dal profumo familiare e farsi coccolare da un Monterosa o un tramezzino “come una volta”? E invece, da pochi giorni, non si potrà più. Pascucci ha chiuso. Per sempre.

Lo storico bar è l’ennesima vittima della desertificazione commerciale che sta cancellando l’anima del centro storico di Roma. L’annuncio è arrivato via social, con toni amari e nostalgici, tra cui quello della sociologa Irene Ranaldi, studiosa di gentrification, e della scrittrice Gaia Cenciarelli.

Un frullato che valeva un viaggio

Perché Pascucci non era solo un bar. Era una destinazione. Un luogo simbolo di intere generazioni di romani. C’era chi prendeva il bus dalla periferia solo per venire a bere un frullato in centro, chi lo scopriva da ragazzino e lo portava poi ai figli. Era un pezzo di quotidianità semplice e preziosa, che oggi Roma perde.

Ultimo bar dall’atmosfera familiare dove si potevano gustare frullati fatti al momento come il mitico Monterosascrive Ranaldi e tramezzini clamorosi come ormai non se ne trovano più. Era il baretto dei miei genitori, poi della mia infanzia e adolescenza”.

E Gaia Cenciarelli aggiunge:

Pascucci ha contribuito a creare quella rete sociale tipica dei rioni romani. Non so cosa ci faranno lì, forse un altro bed and breakfast. Ma nel bene e nel male, Roma non dimentica”.

Centro storico: sempre più vetrina, sempre meno anima

Pascucci chiude, e con lui anche un’idea di città: quella delle botteghe storiche, dei bar di quartiere, dei volti noti dietro al bancone. Negli ultimi 25 anni Roma ha perso oltre 4.000 attività tradizionali. Molte non hanno retto alla crisi post-Covid, ai costi esorbitanti, al ricambio generazionale sempre più complicato. Altre hanno ceduto a offerte milionarie di grandi catene.

Il centro si svuota di vita vera e si riempie di fast fashion, fast food e negozi tutti uguali.

Non bastano contributi una tantum avverte Giulio Anticoli, presidente dell’Associazione Botteghe StoricheServono misure strutturali, come l’abbassamento dell’IVA. Solo così si può salvare ciò che resta”.


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