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La sferzata di Visco – Ma che razza di sindaco? – Salvatore e Antonio

Fatti e misfatti di novembre 2014

La sferzata di Visco

“E’ importante completare l’apparato repressivo – ha sferzato il Governatore della Banca d’ Italia, Ignazio Visco – con strumenti normativi che assicurino la possibilità di perseguire più efficacemente la corruzione e l’evasione fiscale”.

Si spera che, a Palazzo Chigi, non sia risuonato l’ormai famoso “Ignazio Visco chi?”

Ma che razza di sindaco?

“Il sindaco di Roma, Ignazio Marino – dopo avere lasciato la città in pieno allarme rosso – si era detto costretto a partire per Milano in quanto l’assemblea dell’ “Associazione Nazionale dei Comuni d’Italia” avrebbe dovuto assumere importanti decisioni ed eleggere il nuovo Presidente”.

marinoGià abbastanza discutibile. Intollerabile, invece, che il sindaco Marino, una volta esperito questo suo “irrinunciabile compito milanese”, non sia ripartito subito per quella “sua” Roma che stava affondando sotto un terribile nubifragio portatore di allagamenti in alcune zone anche pericolosi, numerosi blocchi stradali, inagibilità di metropolitane, crolli (perfino nel muro della storica Porta Pia), stragi di alberi (perfino quell’ “alberone” che era sempre stato uno dei simboli della città, anche se lui, da buon genovese, che ne può sapere?), invece di avere insomma rispettato l’impegno di essere “pronto a tornare subito in caso di emergenza”, se n’è andato a mangiare, tranquillo e rilassato, in un “sushi bar” alla moda in una delle zone più “chic” di Milano. Poi a Roma con calma. E nemmeno per andarsi a sincerare di quanto era accaduto, in sua assenza, nelle zone più colpite. Non con la sua amata bicicletta, per carità. Ma neppure su un anfibio dei Vigili del fuoco. Ignazio Marino: ma che razza di sindaco è?

Salvatore e Antonio

“Salvatore Tufaro, elettricista pensionato – a Lucca Sicula, in provincia di Agrigento – non è riuscito a pagare le due ultime rate dell’acqua e, quando gli addetti sono andati a suggellargli il contatore, è stato colto da infarto ed è morto”.

Invece ad Antonio, quel senatore Razzi eletto chissà perché e chissà da chi alle ultime elezioni, invitato a partecipare al “Grande fratello”, stava intanto precisando agli organizzatori: “Si può fare, ma non mi dimetto da Palazzo Madama perché lì lo stipendio è buono e sicuro”. Un Salvatore e un Antonio, dunque, due destini totalmente diversi. Uno cinico e baro, l’altro da figlio dell’ “Italia dei cachi”.


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