Traforo Gianicolense

La Galleria del Gianicolo è stata l’ultima realizzata sotto il fascismo con la caratteristica del traforo unico. Era prevista dal Piano Regolatore di Roma del 1931, redatto dall’architetto Marcello Piacentini, per collegare il quartiere Aurelio con il centro di Roma. In mezzo c’è il Tevere, perciò era anche prevista la costruzione del Ponte Amedeo Savoia Duca D’Aosta, iniziata nel 1939 e terminata nel 1942, per raggiungere Corso Vittorio Emanuele II da Piazza della Rovere.

Il luogo in cui sorge era una dolce collinetta alta circa quattro metri dal piano stradale odierno che declinava fino al fiume. Durante gli scavi per i lavori, sia del ponte e sia del traforo, furono ritrovati e distrutti, notevoli resti del II secolo d.C. riportati dalle “Cartelle Gatti XIV 6228-6233” dell’Archivio Centrale di Stato, da cui il ricercatore del Cnr Lorenzo Bianchi trasse una sommaria planimetria pubblicata nella sua edizione “Ad limina Petri” del 1998.
L’archeologo Guglielmo Gatti (Roma, 1905-1981) ne studiò i primi trenta metri di lunghezza e la ritenne una domus imperiale, accertata poi come Horti Agrippina, in cui vissero consecutivamente Caligola e Nerone.
La cosiddetta Villa di Agrippina era composta da una piscina termale lunga quattro metri, un giardino di gran lusso, un circo, porticati, terrazze, cisterne e nuclei abitativi. Questi reperti riportati da Gatti rilevano una manifattura interessante, per esempio, la struttura in opera laterizia e reticolata era dipinta con motivi arborei e con ghirlande; alcune pareti erano dipinte a tinta unita gialla o rossa. Dagli scavi emersero anche dei cornicioni marmorei di pregio e dei pilastrini che sostenevano il pavimento, sotto il quale vi era una rete di tubi di piombi atti a trasmettere il calore ovunque.

I misteri del Traforo Gianicolense

Le origini del traforo sono, però, contaminati dalla incongruenza di alcune fonti autorevoli, per la quale è difficile determinare l’esatta cronologia dei fatti.

Il Piano Regolatore ne prevede la costruzione nel 1931, mentre al 1 gennaio del 1933 risalgono i fogli conservati presso il Fondo Bazzani dell’Archivio di Stato di Terni, relativi al progetto dell’architetto Cesare Bazzani, che muore il 30 marzo del 1939; una foto conservata presso l’Istituto Luce, del 21 febbraio 1939, ritrae Benito Mussolini insieme ad altre autorità politiche, quali il Governatore di Roma, all’uscita della cosiddetta “Galleria Gianicolense”, appena conclusi i lavori del primo tratto; l’”Accordo delle delimitazioni delle zone territoriali adiacenti la Città del Vaticano”, tra Comune e Chiesa, necessario per l’espropriazione del terreno su cui costruire la galleria è senza data, ma è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’8 agosto del 1948. In quest’ultimo documento, si legge che in virtù del Trattato con l’Italia del 7 giugno 1929 e, preso in considerazione il Piano Regolatore “particolareggiato” firmato il 16 febbraio 1939, la Santa Sede cedeva “immobili occorrenti per la sistemazione dell’imbocco occidentale della galleria sotto il Gianicolo, di Via di Sant’uffizio, del Borgo di Santo Spirito e della Via del Gianicolo”.

Le date inserite del solo anno 1939 fanno riflettere sull’incongruenza dei tempi impiegati sia nella burocrazia sia nella messa in opera del Traforo Gianicolense: il 16 febbraio viene firmato il Piano Regolatore “particolareggiato”, il 21 febbraio, ovvero soltanto cinque giorni dopo, Mussolini si fa fotografare appena finiti i lavori, il 30 marzo muore l’architetto Bazzani. Se si confrontano poi questi dati con l’Accordo tra la Santa Sede e il Comune, ed anche con l’opera terminata, quale la vediamo ai giorni d’oggi, si notano altre discrepanze: per l’Accordo è evidente la tardiva pubblicazione dell’Atto, mentre per l’opera architettonica si intuisce che essa non corrisponde al progetto originario.

Cesare Bazzani

Per una migliore comprensione, sappiamo che l’architetto Cesare Bazzani, vissuto a Roma, tra il 1873 e il 1939, inizia a lavorare nel 1897, dopo aver ricevuto premi e incarichi presso Commissioni. Il suo primo progetto è stato il Circolo Canottieri Aniene di Roma, poi tre architetture civili a Terni, una chiesa a Taranto, la Biblioteca Nazionale di Firenze, e poi di nuovo a Roma per la realizzazione della Galleria Nazionale d’Arte Moderna (1911), dell’Ospedale Fatebenefretelli e per il restauro delle case medievali nel quartiere di San Paolo alla Regola, compreso l’Albergo dell’Orso (1900-1912).
Esistono anche progetti di palazzi per civile abitazione, in Via Dandolo, in Via Morosini e Ville private; progetti per negozi a Piazza di Pietra (il Palazzo Egidi con annessa la pasticceria), il Caffè Aragno, il Chiosco di Via Veneto, la Farmacia Garroni e tanto altro.
Dopo la Grande Guerra è impegnato nel Piano Regolatore di Terni e nella realizzazione del Palazzo delle Poste e delle Centrali Idroelettriche, che determinano, però, l’inizio del suo declino.

Il progetto del Traforo Gianicolense

Nel suo progetto del Traforo, il Bazzani divide in tre sezioni la struttura in mattonato, sormontando la parte centrale dell’effettiva galleria, con una trabeazione a cassettoni su cui posano due piccoli fusti, posti ai lati.
L’arco del traforo è affiancato da due contrafforti abbelliti da edicole snelle e vuote, sormontate anch’esse da due piccoli fusti. L’opera che si vede oggi, invece, è dominata da una semplice e lineare facciata di lastre marmoree regolari, impreziosita soltanto al centro dallo stemma riportante la scritta “SPQR”. Da queste poche indicazioni si può dedurre che l’opera di Bazzani non sia mai stata realizzata o terminata, oppure che sia stata modificata negli anni successivi, forse per favorire i lavori di manutenzione nella pulizia dallo smog.

Successivamente, nel biennio 1997-99, si intrapresero altri lavori strutturali che interessarono il traforo, in occasione del Giubileo dell’anno 2000, per volontà della Santa Sede che desiderava istituirvi un parcheggio di ampie dimensioni per i pellegrini provenienti da tutto il mondo.
I lavori dovevano prevedere anche rampe laterali carrabili e pedonali da collegare all’area presso la Basilica di San Pietro. Anche in questa occasione, durante gli scavi vennero alla luce reperti archeologici utili al completamento della raccolta Gatti e interessanti per una conoscenza più approfondita dell’orografia della zona. Il Ministero dei Beni Culturali, in un comunicato stampa dell’epoca, dichiarava tali reperti di “apprezzabile qualità”, ma il Direttore dell’Ufficio Cantieri per il Giubileo, Maurizio Pucci, decideva di distruggerne gli esemplari, quali le pareti dipinte con motivi floreali e faunistici, le pareti con elementi architettonici stilizzati ed anche le cisterne limitrofe al Bastione cosiddetto “di Sangallo”, motivando questa scelta con l’abbondanza di questi reperti rinvenuti anche in altri cantieri.

La testimonianza offerta dal progetto originario del Traforo Gianicolense testimonia la versatilità dell’architetto romano Cesare Bazzani, e ne amplia la sua conoscenza rispetto alle poche architetture da lui realizzate a Monteverde quali la palazzina al civico 25 di Via Dandolo ed il Ministero della Pubblica Istruzione su Viale Trastevere.


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