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8 maggio 1945, in Europa finisce la Seconda Guerra Mondiale

I militari italiani che dovevano andare a combattere i giapponesi - “Gli ostaggi delle SS nella Alpenfestung”

“Un giorno anche la guerra s’inchinerà al suono di una chitarra.” (Jim Morrison, Leader del Complesso musicale inglese dei “Doors”, morto nel 1971)

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La fotografia che avete visto – foto iconica intitolata “Un bacio a Times Square”, utilizzata spesso per indicare la fine della Seconda guerra mondiale — fu scattata alle 17 e 51 minuti del 14 Agosto 1945 dal fotografo Alfred Eisenstaedt con una Leica IIIa, durante le manifestazioni spontanee di gioia per la fine della guerra a New York. Fu pubblicata dalla Rivista LIFE, diventando l’immagine simbolo del giubilo degli americani per la fine della Seconda guerra mondiale.

L’atto di resa militare che pose fine a quella guerra fu firmato ufficialmente dal Generale tedesco Alfred Jod alle 2 di notte del 7 Maggio 1945, in un edificio di mattoni rossi, una vecchia Scuola, il College Moderne et Technique – che da Febbraio di quell’anno era diventato il Quartier Generale del comando supremo delle forze alleate in Europa – su ordine del Generale Eisenhower. Oltre ad Eisenhower.

Wilhelm Keitel – il Capo dell’Oberkommando, il Comando Generale della Wehrmacht, l’Esercito tedesco (che al Processo di Norimberga sarà giudicato colpevole per crimini di guerra e contro l’umanità e condannato a morte) . l’8 Maggio del 1945 rappresentò a Berlino, insieme all’Ammiraglio Hans-Georg von Friedeburg e al Colonnello Generale Hans Jürgen Stumpff, l’Alto Comando tedesco alla firma dell’Atto di capitolazione incondizionata delle Germania. Quel giorno, l’ex Ministro dell’aviazione tedesca, Hermann Goering consegnerà la sua pistola in segno di resa. Il 10 Maggio del 1945, negli Stati Uniti e in Europa, andò in scena una sfilata delle truppe alleate che festeggiano la fine della Seconda guerra mondiale, la gente esultava e sventolava bandiere. Vi furono analoghe scene di gioia e di festeggiamenti in varie capitali europee e città statunitensi.

Quella guerra costò all’umanità solo in Europa, 55 milioni di morti, il 60% civili.20 milioni di morti furono quelli registrati in Unione Sovietica, mentre 7 milioni furono i morti tedeschi. 330mila i soldati italiani caduti in combattimento, e 50mila quelli internati dopo l’8 Settembre 1943, che non fecero ritorno a casa alla fine del conflitto, mentre 130mila furono i caduti civili e 16mila quelli partigiani. A queste cifre vanno aggiunti i sei milioni di ebrei sterminati dai nazifascisti, così come i deportati politici  i Rom, i Testimoni di Geova, gli omosessuali e le lesbiche, i malati terminali e i disabili sterminati, prima dei Campi, con la famigerata Aktion T4.

Questo il bilancio, certamente parziale, di quella guerra in Europa mentre – come è noto – in Giappone la Seconda guerra mondiale ebbe termine solo dopo il lancio delle due bombe atomiche americane su Hiroshima e Nagasaki, avvenuto il 6 ed il 9 Agosto del 1945. Per quelle tremende armi atomiche furono 200mila i giapponesi che morirono al momento delle esplosioni. Nei decenni successivi, centinaia di migliaia di altri civili moriranno per i postumi delle radiazioni assorbite in quei due giorni di Agosto del 1945: SI stima che le vittime siano state oltre 110mila. In quel teatro di guerra gli americani persero 220mila soldati mentre i giapponesi ne persero 1milione e 930mila.

I militari italiani che dovevano andare a combattere i giapponesi

Si racconta che dopo il Maggio del 1945, alcuni Reparti di militari italiani del ricostituito Esercito Italiano de “cobelligerante” “Regno del Sud” (segnatamente quelli del Battaglione di Marina “San Marco” che avevano combattuto sulla Linea Gotica) avrebbero dovuto essere inviati in Giappone, per combattere contro i soldati dell’imperatore Hirohito, che rifiutavano la resa. Per questo quei Reparti militari erano stati trasferiti e accantonati a Bari in attesa della partenza. Le due toniche USA lanciata il 6 ed il 9 Agosto del ’45, convinsero i soldati del Sol Levante alla resa e così quei militari italiani furono inviati dal Governo Badoglio a reprimere le lotte dei contadini del Sud Italia che volevano occupare e mettere a coltura le terre abbandonate del latifondo. Non tutti i militari di quei Reparti, però, vollero partecipare a quella azione repressiva e si registrarono anche – per evitare la partenza – episodi di autolesionismo.

Oggi che assistiamo – con apprensione – a ben due guerre ad alta intensità – una dentro i confini europei, l’altra in Medio Oriente – ricordiamo la data importante dell’8 Maggio 1945 e ancora ricordiamo quel “Mai Più Guerre!” promessa solenne, pronunciata dalle Nazioni civili, al momento della nascita delle Nazioni Unite e promessa più volte dimenticata (meglio calpestata) come la Storia recente, ma non solo quella, ci ricorda.

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“Gli ostaggi delle SS nella Alpenfestung”

Per la prima volta in un libro (“Ostaggi delle SS nella Alpenfestung” di Hans Gunter Richardi, Edizioni Raetia, 2008) è documentato il trasporto, operato dalla SS di famosi prigionieri e dei loro familiari dai Campi di concentramento tedeschi all’Alto Adige. I 139 prigionieri provenienti da 17 Nazioni vennero deportati dalle SS sulle Alpi altoatesine, dove dovevano essere a disposizione del Capo della polizia nazista, Ernst Kaltenbrunner, per le trattative con gli alleati. Tra gli internati vi erano l’ex cancelliere austriaco Kurt von Schuschnigg, l’ex primo ministro francese Léon Blum nonché i familiari del colonnello Claus Schenk conte di Stauffenberg, che il 20 luglio 1944 compì l’attentato ad Adolf Hitler. I prigionieri italiani più famosi erano invece Mario Badoglio, figlio del Capo di Governo italiano, Tullio Tamburini e Eugenio Apollonio, capo e vice-capo della Polizia nella Repubblica di Salò e alcuni generali. Nell’aprile 1945.

I prigionieri vennero trasportati dalle SS da Innsbruck a Villabassa nell’Alta Pusteria dove, il 30 Aprile 1945 (mentre Adolf Hitler si suicidava, a Berlino, nel Bunker sotterraneo della Cancelleria) la Wehrmacht li liberò dalla prigionia, ne assunse il controllo e li portò all’Hotel “Lago di Braies” dove, il 4 maggio 1945, vennero consegnati alle truppe americane. Passati sotto la loro tutela, furono suddivisi in due convogli e portati nel sud d’Italia. La loro odissea attraverso mezza Europa si concluse finalmente a Capri. (Fonte: https://www.raetia.com/it/storia-e-politica/166-ostaggi-delle-ss-nella-alpenfestung.html).

Nota: il termine tedesco “Die Alpenfestung” (in italiano, “ridotto alpino” o “fortezza delle Alpi” e chiamato dagli Alleati Alpin Reduit Area, noto anche come “l’ultimo baluardo”, indicava un territorio in cui la Wermacht, ovvero l’Esercito germanico ancora efficiente, con tutto lo Stato Maggiore e i Gerarchi del Terzo Reich, avrebbe dovuto ritirarsi per l’ultima resistenza contro il dilagare sul suolo tedesco degli eserciti alleati. L’Alpenfestung fu, più che altro, una trovata propagandistica del Ministro Joseph Goebbels che, fin dal Settembre 1943, fu ventilata come soluzione di difesa preventiva; in realtà non vennero predisposti preparativi o piani per la creazione reale di una siffatta possibilità.

L’Alpenfestung germanico assomigliava molto al “Ridotto della Valtellina” di mussoliniana ideazione al tramonto della RSI. Anche questa idea del duce non ebbe attuazione pratica. L’idea fascista del “Ridotto” fu molto derisa dai militari e dalle SS tedesche che, in Italia, facevano la guardia agli ultimi vaneggiamenti di resistenza e vittoria di Mussolini e soci, ma anche la loro idea di un “ultimo baluardo” non ebbe seguito. Se si confrontano le date in cui le due idee furono rese note si capisce chi aveva copiato da chi.


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