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Aggressione sulla Metro B: la conseguenza di una capitale indifferente

Un uomo di 37 anni è stato picchiato brutalmente dopo aver chiesto ad un gruppo di ragazzi di smettere di fumare nel vagone. Solo la madre è intervenuta per difenderlo

Domenica 18 settembre Maurizio Di Francescantonio è stato picchiato brutalmente sulla Metro B per aver chiesto ad un gruppo di ragazzi di smettere di fumare all’interno del vagone. Il 37enne di Tivoli è entrato in coma, poi per fortuna si è ripreso e ad oggi è ricoverato al Policlinico Umberto I.

La notizia del pestaggio, che ha per altro coinvolto anche la madre dell’uomo, ha fatto il giro della città, scatenando un’ondata di indignazione tra le strade e sui social network. Ma non si tratta di un caso isolato.
Solo per rimanere in ambito Atac, lo scorso aprile due ubriachi hanno aggredito un autista della linea 310 mentre era in servizio, mentre a fine agosto un altro autista avrebbe rapinato un senegalese dopo avergli chiesto della droga. A casa dell’autista sono state ritrovate armi e simboli inneggianti il fascismo.

metro-bDi casi come questi se ne potrebbero elencare a centinaia, e non solo riguardo ad Atac. L’aggressione nella Metro B è, infatti, solo l’ultimo anello di una catena di violenza e microcriminalità che ha ormai preso possesso della Capitale, dalla periferia più estrema fino al centro storico.

E a poco valgono le visite e le parole istituzionali di Raggi, Meleo e De Vito se poi nulla o quasi viene fatto sul piano concreto. Il problema – va da sé – non è né di Atac né dell’amministrazione da poco insediatasi, alla quale nessuno ha mai chiesto di risolvere problemi così sistematici e radicati in un pugno di mesi.

Il problema è semmai dei romani, e del sistema di controllo che esiste in città. A Roma è successo che le amministrazioni che si sono alternate negli ultimi anni, in preda ad un raptus degno di Edward Mani di Forbice, hanno tagliato fondi anche laddove i fondi non andavano tagliati. Così ogni servizio al cittadino, tra cui i centralini per le segnalazioni, i carro attrezzi, la pulizia ordinaria e straordinaria delle strade e i servizi di vigilanza di qualunque tipo, hanno subito una accettata quasi mortale.

Basta verificare di persona: segnalazioni – ad esempio – di alberi e rami caduti in strada dopo la pioggia vengono soddisfatte talvolta anche dopo giorni o settimane. Abituati al malfunzionamento dei servizi di segnalazione, i romani hanno optato per l’omertà o per la giustizia fai-da-te, che – come un cane che si morde la coda – hanno alimentato un’ulteriore crisi dei servizi al cittadino, con buona pace della fiducia nelle istituzioni e della sana cittadinanza.

Il risultato finale è la totale anarchia in cui la città vive ormai da qualche anno. E il caso di Di Francescantonio ne è una dimostrazione evidente. L’uomo ha infatti raccontato ai giornali che – oltre ad essere stato l’unico ad invitare i ragazzi a smettere di fumare all’interno di un vagone della metropolitana – una volta iniziato il pestaggio, solo la madre è intervenuta in suo soccorso.

La vicenda e le responsabilità saranno chiarite a tempo debito dalle autorità competenti, ma dal racconto dell’uomo emerge che tutte le persone lì presenti accettavano supinamente il fumo nel treno, e quando hanno visto il pestaggio se ne sono andate, sono scese o hanno semplicemente fatto finta di non vedere. O almeno lo hanno fatto per un lasso di tempo sufficiente a mandare l’uomo in coma.

È il risultato ovvio di una politica che negli anni ha più o meno consapevolmente tagliato dove non si doveva tagliare, e che ha finito col mettere le une contro le altre le persone comuni, facendo sprofondare la città in un clima di paura, allerta e costante sospetto verso il prossimo simile più ad un far west che non a una capitale europea.


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Un commento su “Aggressione sulla Metro B: la conseguenza di una capitale indifferente

  1. che bestie gli aggressori, ma anche tutte quelle persone che se ne sono andate senza muovere un dito! che vergogna, mezzi uomini

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