Albertazzi nei panni dell’Imperatore Adriano in scena al Ghione
Una prospettiva narrativa capace di analizzare la fine di un'epoca resa magistralmenteCon la morte di Adriano non finisce solo la vita di un uomo ma si concludono un’epoca ed una civiltà che hanno significato moltissimo per lo sviluppo dell’umanità. L’attualità di questo testo, al di là della rievocazione storica e della riflessione filosofica, sta proprio nel senso di una fine che è cominciata nel secondo secolo dopo Cristo, che si è riprodotta nei grandi drammi del Novecento e che forse riviviamo anche oggi.
Memorie di Adriano uscì infatti all’inizio della seconda metà del Novecento, a valle di una guerra che sconvolse il mondo, Marguerite Yourcenar seppe inserirsi tra gli scrittori esemplari del suo tempo. Il centro che per decenni è stato considerato il fulcro essenziale del romanzo è il giovane e bellissimo Antinoo e la felicità dei sensi, l’amore e il passaggio dall’appagamento alla stanchezza, il suicidio rituale di Antinoo e la conseguente disperazione dell’imperatore, la divinizzazione dell’amato, l’incolmabile vuoto. Eppure Memorie di Adriano non era certo una storia d’amore nelle intenzioni dell’autrice e neppure in quelle del regista Maurizio Scaparro.
L’idea che permea sia il testo che l’opera teatrale è far raccontare ad un Adriano stesso, ormai morente, la sua vita quando l’Imperatore è confidente con l’idea di abbandonare il mondo e liberamente esprime il suo giudizio sul proprio operato ma, ad ampio raggio, sull’intero lascito della civiltà romana al mondo.
Albertazzi in questa sua performance non è semplicemente un attore che interpreta Adriano ma è l’uomo che forse più di ogni altro ha le caratteristiche per rappresentarlo al meglio. Lo spettacolo è andato in scena centinaia di volte in cornici anche particolarmente suggestive, tra cui la stessa Villa Adriana a Tivoli, luogo in cui l’imperatore amava trascorrere diverso tempo, tuttavia ogni volta la vibrante interpretazione di Albertazzi ne restituisce un’aura particolare. Al termine dello spettacolo il maestro rimane sul palco, si rivolge al pubblico, dice che anche lui attende la morte e che preferirebbe arrivasse sulla scena, forse perchè chi vive per e con una grande passione non vuole davvero separarsene e forse non se ne separa mai, neppure con la morte.
Tutta la programmazione è accessibile anche a spettatori non vedenti e sordi che, grazie al Ghione, possono da alcuni anni, vivere l’esperienza del teatro. Teatro Ghione, via delle Fornaci 37, 00165 Roma – tel. 06 6372294 – 06 39670340, fax 06 39367910 – info@teatroghione.it
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