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Cave Ardeatine: riflessione sulla strage 

Memoria romana: “Abbiamo tutti un blues da piangere”

“Avevo cominciato a lavorare su questa storia nel 1997 ma mi sembrava impossibile riuscire a realizzare uno spettacolo perché io lavoro sulla memoria orale. Ma nella memoria orale c’è molta confusione. Inoltre, molti pensano che fu una responsabilità dei partigiani. Ovviamente questo non corrisponde alla verità storica.”  (Ascanio Celestini sull’attacco partigiano di Via Rasella e sull’eccidio delle Cave Ardeatine, 23-24 Marzo 1944, d lui raccontato in “Radio Clandestina”, 2005)

“È questo, probabilmente l’episodio più tragico ed emblematico dell’occupazione nazista in Italia durante la guerra. L’eccidio delle Fosse Ardeatine del 24 marzo 1944 è il risultato di un terrore omicida ingiustificato e ingiustificabile. Una rappresaglia, voluta e ragionata, messa in atto senza aspettare lo scadere dell’ultimatum posto dai tedeschi ai partigiani autori dell’azione di via Rasella, in cui morirono 33 soldati tedeschi e di cui i comandi tedeschi decisero di vendicarsi. Senza l’emanazione di un ultimatum, un manifesto del Comando di occupazione annuncia che l’ordine di uccidere le 335 vittime senza colpa (10 italiani per ogni tedesco ucciso), l’ordine “era già stato eseguito” e quindi nessuno era stato invitato a costituirsi.”  (Alessandro Portelli sulla strage delle Cave Ardeatine, nell’intervista al Sito Web “Modulazioni Temporali” rilasciata il 18 Gennaio 2020). 

                                                   “ […]”. “Il comando germanico ha, perciò, ordinato che, per ogni tedesco ucciso, dieci criminali comunisti badogliani siano fucilati. Quest’ordine è già stato eseguito.” (Il Messaggero, 25 Marzo 1944).

                                                                                                                                  

Tra poco più di un mese ricorrerà l’80° anniversario della strage nazifascista delle Cave Ardeatine, perpetrata il 24 Marzo del 1944, per reazione all’attacco partigiano di Via Rasella, portato dai GAP romani il giorno precedente, contro un Reparto altoatesino di Polizia nazista, il SS-Polizei Regiment “Bozen” (in precedenza e fino al 29 Ottobre 1943, denominato “Sudtirol”). (*)

La nostra Sezione ANPI ricorderà quella strage nazifascista accompagnando, il 14 Marzo 2024, gli studenti e gli Insegnanti di due Classi di Terza della Scuola Media “2 Ottobre 1870” nel luogo in cui quella strage si svolse, da molti anni divenuto un Mausoleo Militare. Quella delle Cave sulla Via Ardeatina è una strage che ci riguarda, non solo perché cittadini romani, ma anche perché cittadini di questa nostra Repubblica, democratica ed antifascista, che hanno deciso di lavorare per fare Memoria di questo evento criminale come di tutte le altre nefandezze criminali ed assassine che hanno punteggiato la storia dell’occupazione nazifascista di Roma e del nostro Paese. 

Certo, per noi romani quella strage è come una ferita aperta nel nostro stesso corpo ed in quello della città, una ferita profonda ancora sanguinante e che difficilmente potrà rimarginarsi. Per prepararmi al meglio, come guida dei ragazzi e degli Insegnanti della “2 Ottobre 1870”, ho rivisto i miei appunti su quella strage, riletto diverse pagine di testi importanti (come quello di Alessandro Portelli, “L’Ordine è già stato eseguito,” 3 Edizioni dal 1999, per i tipi della Donzelli Editore) e rivisto per l’ennesima volta, (ormai chi le conta più) il monologo di Ascanio Celestini, intitolato “Radio Clandestina”, nell’Edizione ripresa all’interno del Museo Storico della Liberazione di Via Tasso, che tanta parte ha avuto – quando era il Carcere tedesco di Roma – in quella strage. 

Non ripercorrerò qui la storia dell’attacco partigiano di Via Rasella e della strage successiva, ma proverò a fissare sul foglio elettronico che avete davanti, alcune riflessioni che questo lavoro di preparazione mi ha suscitato. Questo per provare – parafrasando il titolo del pezzo del Quintetto jazz Il Perigeo, che avete trovato nell’intestazione) di questa Nota – a “piangere un blues” non in solitudine. (**)  

                                                            ******

Per iniziare occorre tornare un poco indietro con la nostra Memoria e andare al 24 Marzo del 2023 per ricordare cosa – in quella data – ebbe a dichiarar esattamente l’attuale Presidente del Consiglio: “Oggi l’Italia onora le vittime dell’eccidio delle Fosse Ardeatine. Settantanove anni fa 335 italiani sono stati barbaramente trucidati dalle truppe di occupazione naziste come rappresaglia dell’attacco partigiano di via Rasella. Una strage che ha segnato una delle ferite più profonde e dolorose inferte alla nostra comunità nazionale: 335 italiani innocenti massacrati solo perché italiani. Spetta a tutti noi – Istituzioni, società civile, scuola e mondo dell’informazione – ricordare quei martiri e raccontare in particolare alle giovani generazioni cosa è successo in quel terribile 24 marzo 1944. La memoria non sia mai un puro esercizio di stile ma un dovere civico da esercitare ogni giorno.”

Parimenti, occorre ancora ricordare cosa ebbe a dichiarare, una settimana dopo le prole della Meloni, la seconda carica dello Stato, il Presidente del Senato Ignazio Benito La Russa (en passant, collezionista di busti del duce) relativamente ai militari tedeschi componenti il PolizeiRegiment “Bozen”: “Quelli che vennero uccisi [nell’attentato di via Rasella n.d.r.] non erano biechi nazisti delle SS ma una banda di semi-pensionati, una banda musicale.”

Qui arriva la prima riflessione. Intanto le vittime delle Ardeatine non erano tutte italiane, c’erano, infatti, tra gli assassinati nove cittadini stranieri (tra cui un cittadino ucraino Giorgio Leone Blumstein, ebreo nato nel 1895 a Leopoli). Secondariamente non furono uccisi “perché italiani”, ma perché antifascisti e resistenti.

Nota: come scrisse a suo tempo Vittorio Foa, i 335 martiri delle Ardeatine sono stati uccisi per quello che erano, per dove si trovavano, per quello che avevano fatto: «Si uccidevano gli ebrei perché erano ebrei, non per quello che pensavano e facevano; si uccidevano gli antifascisti per quello che pensavano e facevano; si uccidevano uomini che non c’entravano per niente solo perché erano dei numeri da completare per eseguire l’ordine». Va ricordato che con uno specifico Decreto-Legge, emanato nel 1946, i 335 assassinati alle Cave Ardeatine sono stati tutti dichiarati partigiani combattenti.

Relativamente poi alla “banda di semi-pensionati musicisti”, evidentemente presente solo nella mente del Presidente La Russa, occorre ricordare che i componenti del “Bozen” erano tutti cittadini italiani che, al momento dell’incorporazione dell’Alto Adige nel Reich tedesco, avevano optato per la cittadinanza tedesca. E ancora, va ricordato che uno dei militi di quel Reparto di Polizia – impegnato prima in azioni di repressione poliziesca della resistenza, all’interno della “Città Aperta” di Roma (che ”Aperta” non lo era affatto) e poi in azioni di repressione della guerriglia partigiane in altri luoghi del nostro Paese – era stato, il 3 Marzo del 1944, l’esecutore materiale dell’assassinio a freddo di Teresa Talotta Gullace, davanti alla Caserma dell’81° Reggimento di Fanteria, sita in Viale Giulio Cesare, mentre con altre donne manifestava per la libertà dei civili rastrellati poco tempo prima in Via di Porta Cavalleggeri. (***)  

Certo, l’ho già scritto, la strage delle Ardeatine e per noi romani una ferita ancora aperta e leggere o sentire le testimonianze dei parenti delle vittime è cosa dolorosa assai perché con essa non solo si ricorda la storia di una delle vittime di quella strage, ma si scava, in profondità, nel dolore personale e intimo del / della parente che racconta, perché si tenga viva la Memoria del congiunto assassinato. 

Quella strage romana non è stata certo la più sanguinosa compiuta dai nazifascisti in Italia. Si pensi al numero complessivo degli assassinati nelle stragi di Sant’Anna di Stazzema e di Marzabotto Monte Sole, in totale 822,  solo per fare un paio di esempi. Ma quei morti uccisi a Roma, perché lì si trovavano quel 24 Marzo del 1944, sono per noi indimenticabili. Sono carne della nostra carne e sangue del nostro sangue, perché hanno dato la vita a Roma per renderci liberi. Quei morti rappresentano uno spaccato della popolazione italiana, appartenendo a tutte le categorie sociali e a tutti i mestieri e le professioni del nostro Paese. 

Nota: per Herbert Kappler – lo dichiarerà al suo Processo nel 1948 – quella delle Ardeatine fu una “strage umanitaria” perché compiuta secondo le regole e nel rispetto delle vittime (sic!); vittime a cui – ricorderà ancor Kappler – fu sparato alla nuca, senza avvicinare troppo la canna della pistola alla testa, per non deturpare il corpo dell’assassinato. E ancora durante il suo Processo Kappler dichiarerà altresì che, secondo lui, includere gli ebrei nella Lista degli assassinandi (preparata in tandem con il Questore fascista di Roma, Pietro Caruso che in quella Lista ci mise 50 nomi) era stata una buona idea perché «se non avessi messo gli ebrei avrei dovuto aggiungere altre persone la cui colpevolezza era meno chiara». 

Potrei continuare ancora a lungo, ma mi fermo qui. Non prima però di avere ricordato da dove nasce la panzana della “colpa dei partigiani” rispetto alla rappresaglia successiva all’azione di guerra di Via Rasella, condotta dai gappisti romani. 

La mattina del 25 Marzo del 1944, a massacro avvenuto, un articolo dell’Osservatore Romano, Quotidiano ufficiale del Vaticano, nel raccontare i fatti del 23 e 24 Marzo definisce i 33 tedeschi del Bozen, morti per la bomba, “vittime” e i partigiani “colpevoli, sfuggiti all’arresto”, considerando dunque gli attaccanti dei vigliacchi perché non si erano consegnati ai tedeschi, i quali – per espressa dichiarazione del Feldmaresciallo Albert Kesselring durante il suo Processo – non avevano assolutamente chiesto in nessun modo (né con Manifesti, né con comunicati via radio e a mezzo stampa) che essi lo facessero e, detto chiaramente, se quella richiesta di consegnarsi ci fosse stata, i partigiani dei GAP non si sarebbero certo consegnati al nemico … e avrebbero fatto bene, ché quella era una guerra combattuta da due eserciti nemici i cui militari non si consegnano ll parte avversaria e – se catturati – hanno l’obbligo di tentare la fuga.. 

Nota finale: le vittime della strage delle Ardeatine sono – come è noto – tutti maschi. Ma la Storia ci racconta dell’unica donna, uccisa da un soldato tedesco prima dell’inizio di quell’eccidio. Si chiamava Fedele Rasa, aveva 74 anni ed è stata uccisa perché era andata “a fare cicoria” nei campi antistanti le Cave. Si trovava, cioè, nel posto sbagliato nel giorno sbagliato e questo “errore” le è costato la vita come prima vittima di quella strage !!!

(*) Nell’imminenza della rappresaglia delle Ardeatine il Colonnello Herbert Kappler, comandante delle SS e della Polizia di Sicurezza (SD) tedesche di stanza a Roma, chiese al Maggiore Dobrik, comandante del Terzo Battaglione del Reparto altoatesino di Polizia che era stato oggetto dell’attacco partigiano di Via Rasella, se avesse voluto, con il suo Reparto, effettuare la fucilazione delle 335 vittime della rappresaglia. Ma il Maggiore, accampando motivazioni di carattere religioso, declinò l’”invito” e per questo suo non avere ottemperato ad un ordine diretto di un suo superiore (il Bozen faceva organicamente parte delle SS dunque era sotto il comando di Kappler) non subì alcuna punizione, sfatando così la frottola, sempre accampata dai nazisti sotto accusa di un qualche crimine, di non potersi rifiutare di obbedire agli ordini, pena pesanti sanzioni che potevano arrivare fino alla morte.
(**) “Abbiamo tutti un blues da piangere” è un pezzo del Quintetto jazz (ma anche jazz-fusion) degli anni ’70-’80 denominato “Il Perigeo” (Giovanni Tommaso, Bruno Biriaco, Claudio Fasoli, Tony Sidney e Franco D’Andrea) inserito nell’omonimo Album del 1973.
(***) Testo della Lapide collocata sul frontone della Caserma di Viale Giulio Cesare, nel 1979, in Memoria dell’assassinio per mano tedesca di Teresa Talotta Gullace, popolana calabrese sfollata a Roma e abitante in Vicolo del Vicario, 14, Municipio XIII-Aurelio di Roma Capitale. Teresa Talotta Gullace era stata, nel 1977, insignita di Medaglia d’Oro al Valor Civile alla Memoria.
Ugo Fanti, Presidente della Sezione Anpi di Roma Aurelio-Cavalleggeri “Galliano Tabarini”

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