Cinquantacinque anni per NON fare la chiusura dell’Anello ferroviario di Roma 

Un’opera che, come la tela di Penelope, non vede ancora la conclusione

Quante persone nella Capitale conoscono realmente che cosa è l’Anello ferroviario di Roma? E quali benefici comporterebbe se fosse in funzione, per la mobilità urbana dei cittadini romani, compresi i pendolari (lavoratori e studenti) che raggiungono la Città Eterna?

In questi due interrogativi, ci sono molte risposte che interessano centinaia di migliaia di uomini e donne, che quotidianamente hanno l’esigenza di spostarsi con i mezzi pubblici, ma tanti devono ricorrere al mezzo privato per la mancanza di una adeguata erogazione di servizio pubblico.

Il “grande raccordo anulare su ferro” che non c’è

Il progetto della chiusura dell’Anello ferroviario di Roma, rappresenta una sorta di “grande raccordo anulare su ferro”, pensato su linee ferroviarie esistenti e opportunamente integrate per le zone mancanti per definire il progetto.
E’ un idea che risale ormai al secolo scorso.

Il trasporto pubblico, in modo particolare quello su rotaia nella Capitale e nella sua area metropolitana, ha sempre rappresentato motivo di insoddisfazione e di criticità per i ritardi strutturali, così come i disagi che si creano per la scarsa offerta pubblica.

L’impietoso confronto con le città e capitali europee

Le città e le capitali europee hanno reti metropolitane sempre più grandi, sviluppate e moderne, fondamentali per promuovere spostamenti urbani senza l’utilizzo dell’auto e di altri mezzi inquinanti, in una fase di transizione ecologica ove problemi del clima e dell’ambiente sono ormai prioritari.

In questo confronto la nostra Capitale non riesce ad adeguare le sue infrastrutture per competere con il trasporto pubblico delle città europee più importanti.
Alcuni numeri ci danno il senso di queste differenze fra reti metropolitane: Londra, 405 km; Madrid, 294 km; Parigi, 220 km; Berlino, 146 km; Milano, 104 Km; Stoccolma, 100 km; Vienna, 78 km; Roma, 60 km (compresa la Metro C).

Breve cronistoria dell’Anello ferroviario

Nell’ormai lontano 1968, iniziò il cammino del “Progetto chiusura dell’Anello ferroviario di Roma”, con l’inaugurazione di un “treno – metro urbano” da Roma Tiburtina a Roma Monte Mario, con orari definiti in via sperimentale, che avrebbe anticipato le diverse fasi per il completamento, della parte nord della città della grande e indispensabile infrastruttura su ferro.
C’era la profonda convinzione, specialmente nella dirigenza politica del Ministero dei Trasporti e nei vertici aziendali delle Ferrovie dello Stato, che con un rapporto collaborativo e concreto dell’Amministrazione Capitolina, e due anni dopo anche con la Regione Lazio, la città di Roma avrebbe potuto avere benefici per la mobilità urbana e extraurbana per dare risposte efficaci al potenziamento del trasporto non inquinante.

Tutto ciò nella prospettiva anche dei Campionati del mondo di calcio 1990, e del 2000 Anno Santo, ma purtroppo le cose non sono andate come era stato programmato e immaginato nel momento dell’inaugurazione, le tante speranze andarono deluse, per motivi spesso di poca volontà politica.
Il Ministro dei Trasporti dell’epoca quando iniziò il primo viaggio Tiburtina – Monte Mario, era Oscar Luigi Scalfaro (Presidente della Repubblica dal 1992 al 1999); ricoprirono quella carica ben 38 Ministri, oggi è Matteo Salvini il responsabile dei Trasporti.

Nello stesso periodo il Comune di Roma ha avuto 14 Sindaci, da Rinaldo Santini all’attuale Roberto Gualtieri, e la Regione Lazio (istituita nel 1970) è stata governata da 20 Presidenti di Giunta Regionale (quelli che amano farsi chiamare Governatori), da Girolamo Mechelli a Francesco Rocca.

Questi richiami per far notare che non c’è ricerca delle responsabilità o delle colpe sui ritardi accumulati in oltre mezzo secolo, per realizzare questa opera fondamentale per la Capitale del nostro Paese, poiché tutte le forze politiche nessuna esclusa, ha governato, con maggioranze sufficienti, nei tre livelli istituzionali richiamati: Governo, Comune di Roma e Regione Lazio.
Quello che emerge con evidenza è quello che si afferma e promette nelle campagne elettorali e quanto invece si realizza quando si governa.
La risposta è che, o le sorti del trasporto pubblico di Roma non interessano, oppure è difficile realizzare quello che si promette. Ecco perché occorre determinazione, sincerità e volontà politica per realizzare i grandi progetti.

In questi lunghi anni, tanti fatti hanno caratterizzato e richiamato l’attenzione dell’opinione pubblica e della stampa su questa vicenda: sono stati studiati progetti, esaminato modalità di finanziamenti, approfondite fattibilità tecniche ed economiche, sono state trovate nuove chiavi di comunicazione come “la cura del ferro” per far comprendere lo scopo della chiusura dell’Anello ferroviario, ed è stata oggetto di campagne elettorali.
Ci sono state tante proteste, specialmente nel quadrante nord della città, da parte di cittadini che rivendicavano la chiusura dell’Anello ferroviario.

La stazione di Vigna Clara è stata aperta solo per sei gare dei Campionati di calcio del 1990, e sequestrata nel 1993 per presunte irregolarità, tornata in funzione dopo vicende giudiziarie e amministrative nel giugno 2022, è senza dubbio la struttura funzionale alla chiusura dell’Anello ferroviario.

In questi ultimi anni sono stati individuati e precisati cronoprogrammi con gli anni di attivazione delle nuove singole tratte da realizzare, con cinque scadenze biennali, che si dovrebbero concludere entro il 2031, e questo grazie anche alla nomina di un “Commissario straordinario di governo per l’Anello ferroviario”.

Ci sono scadenze di eventi importanti per Roma e il nostro Paese che sono alle porte, ad esempio il Giubileo del 2025 e certamente la mancata assegnazione alla Città Eterna dell’Expo 2030 non significa che i progetti previsti vadano cancellati. 

Dubbi per ripresa e avanzamento lavori dell’Anello

Esistono in questo secondo semestre del 2023 forti preoccupazioni per la ripresa e l’avanzamento dei lavori dell’Anello, che si possono riassumere in questi termini:
a) Nel mese di agosto 175 milioni di fondi del PNRR sono stati rimodulati, cioè tolti dall’Anello ferroviario quindi un definanziamento in piena regola. Tale procedura ha investito anche altri progetti del Lazio.
b) A novembre è andata deserta per la seconda volta la gara per la costruzione della stazione Pigneto, quella precedente si era svolta a settembre. Importante nodo di scambio con la Metro C che doveva essere realizzata per il Giubileo e complementare all’Anello.

Sono notizie che confermano la mancanza di volontà a terminare la chiusura dell’Anello ferroviario e per quanto riguarda la mancata assegnazione dei lavori della stazione Pigneto, si deve dire che sono tre anni che la viabilità è stata modificata, in vista dell’apertura del cantiere FS, su via Prenestina, via Casilina e strade limitrofe, con disagi e lamentele dei cittadini e degli automobilisti. Il Municipio V chiede con forza il ripristino della circolazione auto precedente al gennaio 2020. 

In questa situazione il Sindaco di Roma Gualtieri dovrebbe assumere una iniziativa politica nei confronti del Governo. Spiegare nuovamente il ruolo strategico della chiusura dell’Anello ferroviario per far rispettare quanto previsto dai cronoprogrammi, perché è il trasporto su ferro che può favorire l’incremento dei passeggeri del trasporto pubblico e ridurre l’uso delle auto private per combattere l’inquinamento. 

Purtroppo quello che è mancato in tutte le forze politiche che si sono succedute nel Governo nazionale e in quello capitolino è una reale volontà politica di portare a conclusione un’opera necessaria, ieri e ancor più oggi, alla nostra città, sempre più caotica per il traffico di un abnorme quantità di auto private in circolazione e sempre più inquinata.

Roma è la Capitale e deve rappresentare il futuro, ove i problemi dell’ambiente siano al centro dell’iniziativa dei poteri pubblici per garantire la vivibilità degli abitanti.


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6 commenti su “Cinquantacinque anni per NON fare la chiusura dell’Anello ferroviario di Roma 

  1. Analisi dettaglista, profonda e completa, considerata la conoscenza del problema da parte di Luciano Di Pietrantonio, uno dei primi fautori dell’Anello ferroviario. Occorre un deciso impegno di tutte le Istituzioni per portare a termine quest’opera davvero indispensabile non solo per il nostro Municipio V, ma per tutta la Città Metropolitana.

  2. Complimenti a Di Pietrantonio per l’analisi storica e puntuale. Il progetto dell’anello ferroviario è pre-fascista, sulle gallerie del tracciato convertito in via Olimpica/via del Foro italico, in occasione dei Giochi olimpici del 1960, è ancora ben visibile l’anno di costruzione: 1922. Per l’occasione furono sgombrate alcune attività artigianali, allora presenti e spostate “temporaneamente” su un’altra area delle FS, l’attuale tracciato dell’anello da Tor di Quinto alla Salaria, con la promessa che alla fine dei Giochi sarebbe stato realizzato un villaggio artigiano in fondo alla Flaminia. Il termine”temporaneo” in Italia, come si sa, è molto elastico, nel frattempo sono trascorsi 63 anni la “massicciata FS è diventata via Camposampiero, strada del Comune di Roma, con tanto di numeri civici e siamo già alla seconda/terza generazione di artigiani che “occupa” il tracciato ferroviario. Del villaggio poi sì sono perse subito le tracce. Questo è quanto mi è stato raccontato da alcuni dei diretti interessati.

  3. Il tema è molto importante ,sarebbe fondamentale per lo sviluppo della città , che purtroppo sconta un’arretratezza infrastrutturale veramente cronica , soprattutto nei trasporti , speriamo che si vada avanti e che la Meloni che è romana , bilanci le azioni del suo Ministro nordico

    1. Intanto il Ministro “nordico” ha già definanziato proprio l’Anello feroviario di Roma (175 milioni di Euro del PNRR tolti dai fondi per la realizzazione del progetto) per dirottarli guarda caso al nord…

  4. Mi permetto solo di precisare, ad integrazione all’ottimo articolo, che un progetto di cintura ferroviaria a Nord di Roma risale non al 1968 ma nientepopodimeno che al 1892: https://it.wikipedia.org/wiki/Cintura_Nord
    E pensare che negli anni 30 erano state già realizzate praticamente tutte le opere funzionali al tracciato, comprese gallerie, viadotti e persino fabbricati viaggiatori. Gallerie e viadotti che sono stati poi riutilizzati negli anni 50 per realizzare la strada “Olimpica” in nome di una volontà politica, manifesta nel PRG del 1959, volta a privilegiare il trasporto privato su quello pubblico, con conseguente spostamento degli investimenti pubblici dalla rete di trasporto pubblico a quella viaria, per una visione cieca e scellerata di quegli anni le cui conseguenze le paghiamo ancora oggi dopo quasi un secolo.

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