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Deportati politici spesso dimenticati dalla Memoria ma non dalla Storia

I deportati politici e le loro storie dimenticate

“Il nazismo si insinuava nella carne e nel sangue della folla attraverso le singole parole, le locuzioni, la forma delle frasi ripetute milioni di volte, imposte a forza alla massa e da questa accettate meccanicamente inconsciamente.  […] Ma la lingua non si limita a creare e pensare per me, dirige anche il mio sentire, indirizza tutto il mio essere spirituale quanto più naturalmente, più inconsciamente mi abbandono a lei. […] Le parole possono essere come minime dosi di arsenico: ingerite senza saperlo sembrano non avere alcun effetto, ma dopo qualche tempo ecco rivelarsi l’effetto tossico.” (Victor Klemperer [1881-1960], Filologo e scrittore tedesco)

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I deportati politici e le loro storie dimenticate

Più volte ho segnalato come – quando celebriamo le varie “categorie “di deportati nell’universo concentrazionario nazista – dimentichiamo di menzionare i deportati politici e di raccontare le loro storie. E’ un quid che forse ha a che fare con il rapporto che la Memoria di questo Paese ha con il suo passato fascista e del ventennio iniziale e del periodo della RSI, ovvero del collaborazionismo assassino dei repubblichini alla Rauti e alla Almirante (il “Fuciktore di Partigiani”), tanto per citare un paio delle figure arrivate indenni ai giorni nostri, dalla galera, che avrebbero certamente meritato.

Quella della Memoria della deportazione politica è una “dimenticanza”, che cerco spesso di non fare, scrivendone qui o parlandone ai ragazzi, quando vado nelle Scuole del nostro Quartiere. Lo faccio ancora con queste righe di parole perché – come è noto – la deportazione politica ci riguarda, anche come cittadini della zona di Fornaci (e lo capirete continuando la lettura di queste righe). 

Dunque, quanti erano i politici antifascisti italiani che vennero deportati nei Campi di concentramento e sterminio nazisti? Scrive l’ANED, Associazione ex Deportati Politici nei Campi Nazisti, in una pagina del proprio Sito web;  

Quanti furono i deportati politici italiani? Quando partirono? Per quali destinazioni? Italo Tibaldi, ex deportato a Mauthausen, in quasi mezzo secolo di ricerche ha ricostruito la storia e il percorso di oltre 200 “trasporti” dall’Italia verso i Lager nazisti, componendo tassello dopo tassello un tragico “puzzle” nel quale uno dopo l’altro sono andati a incasellarsi i nomi di oltre 40.000 italiani arrestati per diversi motivi – prevalentemente politici, o “razziali” – da fascisti e nazisti nel nostro paese e condotti a forza verso i campi di annientamento e di sterminio. Solo uno su 10, in media, tornò da quel viaggio verso l’orrore. La ricostruzione del calendario di questi trasporti costituisce un traguardo di una ricerca che, a dispetto del tempo che passa, continua con l’obiettivo di ricostruire la lista di tutti i nomi e di tutti i trasporti.

In questo calendario si prendono in esame tutti i mesi, dal settembre 1943 – quando partì il primo convoglio italiano verso i Lager – al maggio 1945, quando anche l’ultimo campo ancora in funzione venne liberato. Mese dopo mese sono registrati la data di arrivo dei “trasporti” e il numero dei deportati. I colori e le immagini segnano idealmente lo scorrere del tempo e l’alternarsi delle stagioni, immaginando un paesaggio simile a quello che doveva vedere un deportato, gettando lo sguardo oltre i reticolati.

L’ideazione e la ricerca storica sono di Italo Tibaldi. L’ottimizzazione informatica di Valeriano Zanderigo. Gli acquerelli di Rita Totini Zanderigo. Il resto, come sempre, è responsabilità del webmaster.- https://deportati.it/biblioteca/librionline/cal_tib/ 

Ma chi erano quei deportati? Così scrive, al riguardo, il Sito Web “Pietre d’inciampo.eu” : 

  • “In Italia le deportazioni fatte dai nazisti con la collaborazione dei fascisti cominciano nell’autunno del 1943, quando viene costituita la Repubblica Sociale di Salò. Si calcolano circa 40.000 deportati, dei quali solo 4000 sono tornati per testimoniare la fame, la morte dei compagni, il lavoro massacrante, le malattie, le umiliazioni, tutte le sofferenze subite. 
  • Circa 12.000 erano operai accusati di aver organizzato il boicottaggio della produzione bellica, di aver collaborato con le Resistenza e d’aver organizzato e partecipato agli scioperi del marzo ’44 nelle grandi fabbriche del Nord; gli altri erano cittadini di professioni diverse, di diversa fede politica e religiosa: antifascisti, partigiani, membri delle forze dell’ordine che si erano opposti agli ordini, civili catturati durante i rastrellamenti, ebrei, colpevoli soltanto di essere nati, come ricorda sempre la Senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta alla deportazione ad Auschwitz all’età di 14 anni; IMI (internati militari italiani).
  • L’operazione di consegna dei vagoni piombati e dei prigionieri veniva effettuata da militi della Repubblica di Salò, che accompagnavano il trasporto fino alle porte dei campi nazisti. I principali campi dove vennero avviati gli italiani furono Auschwitz, Auschwitz-Birkenau, Mauthausen, Buchenwald, Flossemburg, Dachau, Sachsenhausen, Ravensbruck.
  • In Italia, soltanto un campo, la Risiera di San Sabba, alla periferia di Trieste, aveva le caratteristiche del Lager con un forno crematorio, ma era anche un campo di transito come Fossoli e Bolzano. Le varie categorie di deportati si riconoscevano dal colore del triangolo cucito sugli indumenti, su cui era inserita una “I” per gli italiani.” https://www.pietredinciampo.eu/services/il-fascismo-e-la-deportazione-italiana/

Nota: tra quei deportati c’erano anche circa mille donne, le deportate politiche italiane che vissero la tragedia della deportazione in quello che può essere definito a ragione “l’inferno delle donne”. Il lager nazista di Ravensbruck in cui l’offesa al mondo femminile, ad opera particolarmente delle ausiliare SS e delle feroci kapò, raggiunse quanto di più incredibile si possa immaginare. Lager in cui la madri furono costrette ad uccidere i loro neonati. Da Lidia Beccaria Rolfi a Teresa Noce, da Mirella Stanzione a Margarete Buber Neumann, le loro testimonianze danno voce ad un mondo ancora oggi, a volte volutamente, piuttosto sconosciuto.

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I deportati del territorio Aurelio -Cavalleggeri

La storia della deportazione politica italiana riguarda molto da vicino anche il nostro territorio, in particolare (ma non solo) la sua parte Aurelio -Cavalleggeri. E’ noto, infatti, come alcuni antifascisti militanti, abitanti in questa parte dell’attuale Municipio XIIII-Aurelio di Roma Capitale (al tempo noto come Borgo) siano finiti tra i 326 deportati del trasporto partito dalla Stazione di Roma-Tiburtina – con il Convoglio N.64155 – il 4 Gennaio del 1944, con destinazione i Campi di concentramento e sterminio di Dachau e Mauthausen, dove il trasporto giunse dopo nove giorni di viaggio. Tra i deportati figuravano anche 11 cittadini italiani di fede ebraica: Anticoli Angelo¸ Astrologo Vittorio¸ Di Segni Davide¸ Limentani Mario¸ Moresco Pacifico¸ Pace Renato¸ Salmoni Angelo¸ Sonnino Eugenio¸ Spizzichino Giacomo¸ Vivanti Giacomo¸ Zarfati Giacomino. Sei di quei 326 deportati erano cittadini delle Fornaci e tutti antifascisti militanti. Per tutti loro, negli anni, la nostra Sezione ANPI ha fatto istallare una pietra d’inciampo. Ecco i loro nomi: Fiorino Petrucci, Bernardino Troiani, Renato De Santis, Luigi Grassi, Giulio Sacripanti e Galliano Tabarini (al quale abbiamo  intitolato la nostra Sezione). 

Occorre ricordare – per completezza d’informazione – che l’operazione che originò il trasporto del 4 Gennaio del 1944 fu opera esclusiva – dall’arresto, alla detenzione a Regina Coeli, al caricamento sui vagoni bestiame del Convoglio ferroviario e fino alla consegna ai tedeschi nei due Kl di destinazione – della Polizia italiana. Va ancora ricordato che quello del 4 Gennaio 1944 fu il primo trasporto di deportati per motivi politici, partito dal nostro Paese.  

Di quei deportati oggi nessuno è più in vita per raccontare quella storia, la loro. E  dunque è a noi – che abbiamo raccolto il testimone della loro Memoria – che tocca raccontarla e tenere vivo il loro ricordo, così come quello di tutti coloro che hanno combattuto per un’idea democratica di eguaglianza, solidarietà e fraternità e per quell’idea hanno speso la loro vita, regalandoci la possibilità di vivere la nostra di vita in piena libertà, con la possibilità – a patto di volerlo – di costruire un futuro diverso e migliore di quello toccato loro in sorte.


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